La leggenda di Tristano/CLXXXVI

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CLXXXVI. — A tanto dice lo conto, che dappoi che Garies ebe dette queste parole, incontanente imbraccioe lo scudo e andò inverso lo cavaliere. E quando T. vide che lo cavaliere volea combattere, incontanente sí dirizzarono le teste deli cavagli l’uno inverso l’altro e andaronsi a fedire cole lancie abassate. E Garies ferío a T. sopra lo scudo e diedegli sí grande lo colpo che tutta la lancia gli brigioe adosso, ned altro male no gli fece. E T. ferío a lui delo stocco dela lancia e lo ferro volse dirieto, e diedegli sí grande colpo che mise in terra lui e lo cavallo. E quando T. ebe fatti questi tre colpi, incontanente toccoe lo suo cavallo degli sproni e incominciò a cavalcare molto tostamente e andò a sua via.

Ma dappoi che T. andò a sua via, sí come detto è, e Garies sí si rilevoe alo piú tosto ch’egli unqua potte, e andò a Gariet e dissegli: «Cugino, certo molto n’è menosvenuto malvagiamente, quando noi siemo abattutti da uno solo cavaliere tutti e tre noi. Ma certo io non credo che sia di Cornovaglia; ma per lo certo io credo ched e’ sia alcuno buono cavaliere, lo qual è messo in aventura per questo diserto per diliverare lo re Arturi. E imperciò noi sí l’avemo assalito e non avavamo ragione di combattere colui; ond’egli hae mostrata la sua prodezza, sí come buono cavaliere e franco ch’egli è. E imperciò levatevi suso e andremo a cercare per gli nostri cavagli, e torneremo ala magione delo forestiero e potremo vedere le nostre ferite. Ed a tanto vi dico ch’io no fineroe giamai, infin a tanto ch’io non troveroe lo cavaliere; imperciò che a me sembra ched egli sia lo migliore cavaliere ched io unqua vedesse». E quando Gariet intese queste parole, fue molto allegro e disse: «Certo, cuscino, questo farò io volontieri». E a tanto si rilevoe suso e sí come cavaliere di gran forza, e andarono per lo diserto cercando de’ loro cavagli; e quando gli ebero trovati, ed eglino sí montarono a cavallo. E menarono lo suo cavallo alo re siniscalco, lo quale giacea al campo e non si potea levare; e quando fuorono a lui, e Garies disse: «Per mia fé, re siniscalco, noi potemo ora conoscere lo cavaliere che non è di Cornovaglia; [p. 241 modifica] ma a me pare ch’egli sia uno de’ buoni cavalieri, ch’i’ unqua vedesse. Ond’io vi so bene dire ch’egli non mi volle ferire del ferro dela lancia, anzi mi ferío delo stocco, e diedemi sí grande colpo che abateo me e lo mio cavallo. E imperciò sappiate ch’egli non è di Cornovaglia, ma io credo ch’egli sia alcuno buono cavaliere, lo quale si è messo in aventura per diliverare lo re Arturi, e vuole fare sue cavallerie al piú celato, ch’egli unqua potrae. E imperciò montate a cavallo e torneremo ala magione delo forestiero e farete risguardare vostre ferite, sí come si converrae». E quando lo re siniscalco intese queste parole, fue molto allegro, imperciò che a lui abisognava assai d’andare a casa delo forestiero. E istando per uno poco, disse: «Certo giamai io non credea che lo cavaliere fosse di sí grande prodezza e di sí grande fortezza, imperciò ch’egli dicea ch’egli era di Cornovaglia. Ond’io posso bene dire ched io unquamai io no ricevetti uno cosí grande colpo da neuno cavaliere, sí com’i’ho fatto da lui; e in veritade vi dico che se la lancia non fosse venuta tanto bassa, io era morto certamente e sanza nessuno fallo. E imperciò andiamo ala magione delo forestiero, ché per mia fé ora potemo noi conoscere com’egli è di Cornovaglia».