La leggenda di Tristano/CLXXIV

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CLXXIII CLXXV

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CLXXIV. — Ma in quesla parte dice lo conto, che dappoi che T. fue partito dal’Amorat, sí come detto è, ed egli sí cavalcoe per tutto lo giorno, dinfino ala notte, ch’egli non trovoe neuna aventura. E quando la notte fue venuta, e T. sí trovò uno monte molto grande, lá dove la foresta iera molto ispessa. E quando T. vide ch’egli era pur bisogno ch’egli rimanesse per quella notte nela foresta, incontanente ismontoe da cavallo e trasse lo freno alo cavallo e lasciollo pascere. Ed egli si tolse l’elmo di testa e levossi lo scudo e l’asbergo e lascioe la lancia e puosesi a dormire e istette per tutta la notte, ch’egli non mangioe neente. E quando venne alo mattino ed egli si levoe ed acconcioe lo suo cavallo, e quando l’ebe acconcio, ed egli montò a cavallo e incominciò a cavalcare molto astivamente, e tanto cavalcoe in cotale maniera ched egli sí pervenne alo grande camino, lo quale andava nelo grande diserto. E tanto cavalcò in cotale maniera, che al’entrata delo diserto ed egli sí trovoe uno cavaliere armato di tutte arme. E quando lo cavaliere vide T., sí lo salutoe cortesemente, ed egli sí gli rendeo suo saluto. Ed appresso lo cavaliere si disse: «Ditemi, se Dio vi salvi, di quale parte siete voi, che cosí andate per [p. 228 modifica] questo diserto?». E quando T. intese queste parole, disse: «Per mia fé, cavaliere, io sono di Cornovaglia». E quando lo cavaliere intese queste parole, fue molto dolente e disse: «Cavaliere, ditemi, se Dio vi salvi, che andate voi cercando per questo diserto? Imperciò ch’io non vidi unqua neuno cavaliere di Cornovaglia andare per questo paese, sí come fate voi». E quando T. intese queste parole delo cavaliere, sí rispuose e disse: «Certo, cavaliere, io sono venuto in questo diserto per sapere sed io potesse avere alcuna aventura, laond’io potesse essere rinominato d’alcuna prodezza; imperciò ch’io sono molto giovane cavaliere, né unqua ala mia vita non fui rinominato di neuna prodezza. E imperciò sí mi sono inesso in aventura, per sapere sed io debo valere neuna cosa d’arme». E quando lo cavaliere intese queste parole, fue molto doloroso e disse: «Per mia fé, questo è bene da maravigliare, quando li cavalieri di Cornovaglia ora vanno e cercano aventure per lo diserto di Nerlantes. Ma io non voglio credere che voi siate di Cornovaglia in neuna maniera, imperciò che in tutta Cornovaglia non ha ora neuno cavaliere, lo quale avesse ardimento di venire in sin a quie, lá dove voi siete venuto. E imperciò vi priego che voi mi dobiate dire, laonde voi siete». Ma quando T. intese le parole delo cavaliere, fue molto allegro e disse: «Certo, cavaliere, io sono di Cornovaglia, percertamente lo sappiate». Ma quando lo cavaliere intese queste parole, fue molto dolente e disse: «E siete voi di Cornovaglia? Diabole, per mia fé voi siete li piggiori cavalieri che siano al mondo, né unqua io non udio parlare di cosí malvagi cavalieri, come sono quegli di Cornovaglia. Ma ora mi dite: in quale parte foste voi istanotte ad albergo? e foste voi in questa foresta?». E quando T. intese queste parole, disse: «Certo, cavaliere, io non fui per questa notte a neuno forestiere ad albergo ma io sí rimasi in uno grande monte nela foresta né non trovai neuna cosa da mangiare per questa notte». E quando lo cavaliere intese queste parole, fue molto allegro e disse: «Per mia fé, cavaliere, io credo che voi avete voglia di mangiare, imperciò che l’ora è venuta ogimai. [p. 229 modifica] E imperciò voglio che voi si vegnate con meco, e io sí vi menerò a casa d’uno forestiero, lá dove voi sarete bene servito a tutta vostra volontade. E alo mattino sí vi consiglio che voi sí dobiate partire di questo diserto, imperciò ch’ora sí vi sono venuti tutti li buoni cavalieri delo reame di Longres; ché se voi verrete alla battaglia co loro, io so che voi sarete morto sanza neuno fallo». Ma quando T. intese queste parole, fue molto allegro, perch’egli vede e cognosce bene che questo cavaliere avea molte parole. E istando per uno poco, e T. disse: «Ditemi, se Dio vi salvi, e come avete voi nome? Che a me sembra ch’io v’ho giá udito ricordare per altre fiate». E quando lo cavaliere intese queste parole, disse: «Certo lo mio nome non celerò io giá, [e forse voi giá l’avete] udito ricordare per neuno cavaliere. E imperciò sappiate che uomo sí m’appella Chieri lo siniscalco, e voglio che sappiate ch’io sono deli cavalieri dela Tavola ritonda. Onde ora sí m’apella l’uomo lo re siniscalco, imperciò che lo re Arturi si è perduto in questo diserto, e voglio che voi sappiate che quando lo re Artú andò in una aventura in questo diserto, io sí rimasi a corte per suo comandamento, e imperciò son io appellato lo re siniscalco. Ma dappoi che lo re Arturi sarae ritrovato, ed io sarò appellato per lo mio nome. E ora sí v’ho detto tutto lo convenentre,sísi com’è istato, e imperciò vi piaccia di dicermi il vostro nome, dappoi che voi siete di Cornovaglia».