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CCXXX. — Quando elli è al castello venuto e la porta li fu aperta, ed elli entra dentro troppo dolentemente e troppo curruccioso. Elli discese e monta nella torre, ove T. giaceva tutto peggiorato di tutte cose, che apena lo potea uomo riconoscere, e comincia forte a piangere, quando elli lo vide. Quando T. vide lo re Marco venire, elli si leva a sedere, ma elli non ha mica tanto di podere, ché troppo è frale duramente; e allora si corica a giacere e disse: «Bello zio, ben siate voi venuto ala mia deritana festa, la morte, ch’è venuta, che tanto avete desiderata. Ora è vostra gioia compita, quando T. è venuto a fine. T. morto per tempo vederete, ciò che voi [p. 283 modifica] disiderate, ché T. vederete finire oggi o dimane. Io non posso piú, se non che io aspetto la morte. E voi re Marco, che tanto disiderate mia morte, voi avete creduto fare vostro pro d’uccidermi, ma ciò fie piú vostro damaggio che vostro pro. Se m’aiuti Idio, anco sera ora che voi vorreste che vi costasse mezzo lo vostro reame e non aveste T. morto. Ma cosí è avenuto; elli non puote ora mai altro essere». E quando ha dette queste parole, lo re Marco incomincia a piangere fortemente.