La leggenda di Tristano/CCXX
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CCXX. — Allora T. si torna da sinistra parte fuore del gran cammino, e cosí se ne vanno diritto al piè d’una grande montagna. Estor comincia a guardare inanzi, e vide in su la montagna una grande torre forte e meravigliosa, e non pertanto che anticamente era durata. «Ai Dio», disse messer Estor «chi puote dimorare in quella torre, che tanto è ritta per sembianti?». «Certo» disse messer T. «non vi dimora persona, se ciò non è di novello, ch’elli non è mica grande tempo che ’l cavaliere che manteneva quella torre fu ucciso. Ed al tempo ch’elli era vivo, dico io bene ch’elli non era in nulla terra uno passaggio sí folle come era questo. Ché lo cavaliere dela torre era di tanta forza, ch’elli non poteva trovare cavaliere di sí alta prodezza, ch’elli no lo uccidesse o no lo prendesse. E quando no lo prendeva sí l’uccideva, e quando lo prendeva sí lo conduceva a pregione, sí che giamai non n’esciva. E sappiate, messer Estor, che al tempo ch’elli fu ucciso, elli teneva in pregione bene xv cavalieri de’ compagnoni dela Tavola ritonda, e quali erano tutti d’alto afare e pro cavalieri del’arme, e tutti gli avea conquisi di loro corpo, e giá mai di quella pregione non serebeno usciti, mentre che fusse vissuto. Ma elli fuorono diliberati, sí come a Dio piacque».