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276 la leggenda di tristano


giamai non n’esciva. E sappiate, messer Estor, che al tempo ch’elli fu ucciso, elli teneva in pregione bene xv cavalieri de’ compagnoni dela Tavola ritonda, e quali erano tutti d’alto afare e pro cavalieri del’arme, e tutti gli avea conquisi di loro corpo, e giá mai di quella pregione non serebeno usciti, mentre che fusse vissuto. Ma elli fuorono diliberati, sí come a Dio piacque».


CCXXI. — Quando Estor intende queste parole, elli disse a messer T.: «Sire, per Dio, mi dite come avia nome quello cavaliere, ch’era di sí grande afare». «Certo» disse messer T. «l’uomo l’apellava Lucanos lo grande, ed era bene senza fallo dela maggiore forza che io vedesse mai a cavaliere». «E quando elli era cosí forte come voi dite, come fu elli cosi morto e chi l’uccise?». Disse messer T.: «Certo ciò non vi dirò io ora, e sí vi prego che non ve ne pesi». Allora pensa bene messer Estor che messer T. l’avea ucciso, e perciò era elli ora indiritto piú disideroso di saperlo, che non era dinanzi. E però disse altra volta a messer T.: «Per Dio, ditemi, messer T., in che maniera fu ucciso lo cavaliere, ché molto disideroso sono di saperlo». E elli disse: «Poi che voi ne sete cosí disideroso come voi dite, io ve lo dirò. Ora sappiate che io medesimo l’uccisi». «E quando l’uccideste voi?» disse messer Estor. «Ora è mistieri, s’elli vi piace, che voi mi diciate in che maniera voi l’uccideste; sí mi fará grande bene l’ascoltare, perciò che lo cavalcare mi fa grande noia, perciò che io sono innaverato». «Quando elli vi piace che ciò io vi dica» disse messer T. «e io vel dirò volentieri. Ora ascoltate».


CCXXII. — Incomincia messer T. a contare questa aventura. «Bene fu vero che Lucanos [lo] grande fue di sí meravigliosa forza, com’io v’ho contato. Elli guardava a quello tempo tutto lo camino, onde noi siamo al presente, e sí lo guardava in cotale maniera, che nullo sí forte cavaliere ci valicava ch’elli no lo uccidesse o ch’elli no lo prendesse. Lun-