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CCVII. — A tanto dice lo conto, che quando lo re Artú intese tutte le parole che Gariet detto avea, fue molto allegro, perch’egli vedea bene che questi iera monsignor T.; ond’egli avea molto grande allegrezza. E disse: «Certo, io sono molto allegro di questa aventura, quando io sono diliverato per uno sí buono cavaliere, com’è T.». Ma quand’egli erano in cotanta allegrezza, e uno cavaliere si fue giunto ala magione. E quand’egli fue venuto ala magione, ed egli sí incomincioe [p. 264 modifica] ad appellare lo forestiero, ed egli andoe a lui, con molto grandi torchi di cera appresi, imperciò ch’era gran parte dela notte giá passata. E quando lo forestiero l’ebe veduto, e cognobelo incontanente e andoe a lui e fecegli molto grande festa. Ma tanto dimorarono in cotale maniera, [ch]e lo cavaliere ismontoe da cavallo e disse: «Forestiero, ora mi dite, se Dio vi salvi, se neuno de’ nostri compagnoni hae in questa vostra magione». E lo forestiero sí rispuose e disse: «Per mi’ fé, cavaliere, qui si è monsignore lo re Artú e messer Estore e Gariet e Garies e lo re siniscalco. Tutti questi cavalieri sono in questa magione; ma lo re e vostro cuscino si vennero ora indritto d’aventura». Ma quando lo cavaliere intese queste parole, fue molto allegro e disse: «E dunqua è diliverato lo re Arturi?». Ed egli disse: «Per mia fé, cavaliere, sie». E lo cavaliere disse: «E sapete voi quale cavaliere l’hae diliverato?». Ed egli disse: «Per mia fé, egli l’hae diliverato monsignor T., lo migliore cavaliere del mondo. Onde noi possiamo dire ch’egli hae tanto fatto per sua prodezza, che bene è da ricontare da tutti i baroni, quand’egli ha tanto fatto, che per la sua prodezza egli hae diliverato lo re Artú, sí come voi udite dire; ché tutti gli altri cavalieri si misero in aventura, non potterono avere lo re Artú, se non solamente monsignor T.».