La fisica dei corpuscoli/Capitolo 10/2

Capitolo 10 - L'atomo di Thomson

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2. — L’atomo di ThomsonLord Kelvin pensò per il primo ad un tipo di atomo formato da una sfera di elettricità positiva in cui fossero distribuiti un certo numero di elettroni.

Questo modello fu studiato specialmente da J. J. Thomson che ne esaminò tutte le proprietà, e il modello appunto per questo è conosciuto oggi sotto il suo nome1.

Immaginiamo una sfera in cui sia distribuita elettricità positiva con densità uniforme. Questo tipo è così scelto perchè si presta facilmente allo studio matematico. In questa sfera sono distribuiti un certo numero di elettroni. Questi si respingono tra loro come corpuscoli carichi di elettricità dello stesso segno, e sono invece attirati dall’elettricità positiva secondo forze dirette verso il centro della sfera: devono trovarsi in equilibrio sotto l’effetto di queste due forze e degli urti scambievoli. Il primo problema è quello dunque di determinare le condizioni di equilibrio.

Queste condizioni saranno diverse secondo il numero di elettroni presenti.

Sia il caso di un solo elettrone. È il caso più semplice. L’elettrone sarà attirato dal centro della sfera e qui avrà la sua posizione di equilibrio stabile. La stabilità di questo stato è misurata dal lavoro che si dovrebbe compiere per separare l’elettrone dalla sfera. Questo lavoro secondo il Thomson è dato da

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dove e è al solito la carica elettrica dell’elettrone, a il raggio della sfera. [p. 234 modifica]

Siano invece due elettroni. Se essi sono stati situati in due punti di un diametro, ad egual distanza dal centro e in modo che la distanza fra essi sia eguale al raggio della sfera, allora la ripulsione scambievole viene equilibrata dall’attrazione del centro e il sistema è ancora in equilibrio stabile. In questo caso il lavoro Q è dato dall’espressione

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Se per vari atomi resta costante il raggio a si vede che la stabilità di un atomo solo con due elettroni è più grande di quella di due atomi con un elettrone ciascuno. Infatti nel primo caso il lavoro necessario per separarli è più grande che nel secondo. Ma se l’atomo con due elettroni avesse un volume eguale alla somma di quegli altri due si otterrebbe il risultato contrario.

Per tre elettroni la posizione di un equilibrio stabile si raggiunge quando vengono posti ai vertici di un triangolo equilatero il cui centro coincida con quello della sfera, e i cui lati siano eguali al raggio della sfera. Anche in questo caso si possono dedurre conseguenze analoghe a quelle precedenti per la stabilità dei vari sistemi.

Per quattro elettroni non si può ottenere equilibrio stabile con una distribuzione in un piano se essi sono in quiete. Bisogna disporli ai vertici di un tetraedro regolare il cui centro è quello della sfera e i cui spigoli sono ancora eguali al raggio di quella. Se invece i quattro elettroni sono in rapido movimento di rotazione allora possono ancora esser disposti in un piano.

Anche cinque elettroni possono essere disposti in un piano in condizione di equilibrio, purchè essi ruotino rapidamente intorno al centro.

Per un numero di elettroni maggiori di cinque non è [p. 235 modifica]più possibile una distribuzione di equilibrio in un piano, a quanto sembra.

Il problema generale di determinare la condizione di equilibrio di n corpuscoli nell’interno di una sfera non è ancora stato risolto.

Il Thomson però ha risolto una serie di altri problemi nell’ipotesi che gli elettroni siano distribuiti in piani passanti per il centro della sfera. In questo caso se il numero di elettroni è maggiore di cinque non si ha distribuzione di equilibrio stabile se non ponendo che un certo numero di essi siano interni rispetto agli altri, ossia distribuiti in cerchi concentrici fra loro con la sfera.

Per 6, 7, 8 elettroni distribuiti in un cerchio si richiede almeno un elettrone nel centro della sfera; per 9 se ne richiedono due, per 10 tre, e poi il numero degli elettroni interni va rapidamente crescendo. Per 100 elettroni si richiede che siano distribuiti in 7 ordini: un cerchio con 24 elettroni, un secondo interno al primo con 21, un terzo interno ai primi due con 19, un quarto con 16, un quinto con 12, un sesto con 7 e finalmente un elettrone al centro.

Questo tipo di distribuzione è anche stato confermato con le esperienze del Mayer e del Wood.

L’ordine di distribuzione in cerchi successivi ha un carattere costante nei rapporti tra i numeri di elettroni distribuiti in ciascun cerchio. Questa regolarità periodica serve a spiegare le corrispondenze che esistono gli atomi, tanto per ciò che riguarda la periodicità degli elementi, quanto la distribuzione in serie delle linee spettrali.

Per ciò che riguarda il numero di elettroni contenuti nell’atomo si può pensare a tre vie secondo il Thomson, e cioè si può dedurre dal rapporto fra l’energia di un fascio di raggi X che attraversa un corpo e quella dei raggi secondari provocati, dall’assorbimento dei raggi X, e finalmente dalla dispersione della luce. [p. 236 modifica]

Il Thomson giunge così a questo risultato generale che il numero di elettroni contenuto in un atomo è proporzionale al peso atomico; anzi le prime due vie conducono a porre un numero di elettroni al peso atomico relativo.

La massa dell’atomo è di due specie: una parte è dovuta agli elettroni, ma questa è ancora molto piccola rispetto alla massa totale, l’altra deve esser connessa con un’elettricità positiva.

Secondo il Thomson la massa degli elettroni è tutta di origine elettromagnetica, non si può però ammettere che tutta la massa dell’atomo abbia la stessa origine, una parte di essa deve avere un’origine meccanica. Questa sarebbe la massa dell’etere trasportata dal corpuscolo. Il moto di questo si può paragonare a quello di un vortice che si trasporti in seno ad un liquido: l’anello vorticoso può essere molto sottile eppure trasportare una massa molto grande di liquido. Il vortice non si chiuderebbe su se stesso ma terminerebbe a due unità elettriche di segno opposto. La massa di etere trasportata dall’elettricità positiva è molto più grande di quella connessa con la negativa.

Note

  1. Gli studi di Thomson sull’atomo sono riportati estesamente in J. J. Thomson, The Corpuscolar Theory of the Matter, cap. 6 e 7.