La corona d'Augusto su alcuni aurei consolari

Francesco Gnecchi

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La corona d’Augusto su alcuni aurei consolari Intestazione 28 giugno 2024 100% Numismatica

Questo testo fa parte della rivista Rivista italiana di numismatica 1889
Questo testo fa parte della serie Appunti di numismatica romana
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VI.

LA CORONA D’AUGUSTO

su alcuni aurei consolari


Non è raro il caso che una nozione qualunque erroneamente esposta in origine, venga poi ripetuta la seconda, la terza, la centesima volta, senza che alcuno di quelli che la ripetono si dia la briga di appurarla e di correggerla. Avvenne così di tanti fatti storici, che attraversarono i secoli nella falsa luce sotto cui vennero la prima volta giudicati; avvenne così di molte parole che erroneamente enunciate da principio, tali entrarono nell’uso comune da cui più nessuno osa cacciarle; esempio l'omai famoso Excelsior che, nato col peccato originale di una sgrammaticatura, girò trionfalmente il mondo, e Dio sa per quanto tempo durerà ancora tale e quale senza che alcuno si curi di rimetterlo al suo giusto avverbiale e neutro valore... non foss’altro, per non buscarsi del pedante.

E finalmente avvenne così per alcune monete che diedero occasione a queste mie parole.

Incominciamo da due aurei d’Augusto, battuti dai triumviri monetarii M. Durmio e Petronio Turpiliano.

Quantunque non comuni, questi due aurei sono però conosciuti da molto tempo; ma, inesattamente de[p. 182 modifica]scritti da principio, continuarono ad esserlo finora. La testa d’Augusto venne sempre descritta come laureata mentre sia sugli esemplari della mia collezione (Vedi la Tavola ai N. 19 e 20) come sui parecchi altri che potei esaminare io la trovai sempre coronata di quercia e come tale difatti la danno quasi sempre i disegni, più fedeli delle descrizioni1.

Non occupiamoci del Riccio, sempre inesatto e trascurato nelle sue tavole, in cui ci offre l’aureo della Petronia colla testa d’Augusto nuda e quello della Durmia colla testa laureata; quantunque convenga aggiungere che almeno il Riccio è correlativo nella descrizione. E per venire solo agli autori più recenti e più autorevoli, il Cohen dà il disegno in un modo e la descrizione in un altro; così ripete il Babelon, e la medesima anomalia si ripete nei diversi Cataloghi illustrati da tavole dal vero, come per esempio in quelli d’Amécourt e di Quelen. La testa d’Augusto in questi aurei vi appare costantemente coronata di quercia mentre le descrizioni, ricalcate su quelle dei citati autori, si ostinano a replicarvi la corona d’alloro. Tale costante contraddizione e il non aver mai veduto un solo esemplare di questi aurei quali vengono descritti, induce la persuasione che non esistano che quelli portanti la corona di quercia. Tale è la mia opinione fino a prova contraria e credo quindi che si debbano definitivamente correggere detti aurei [p. 183 modifica](Bab. Durmia N. 11 e Petronia N. 21), per quanto riguarda il dritto, come segue:

D/ ― CAESAR AVGVSTVS.

Testa d’Augusto a destra coronata di quercia.


E difatti la corona di quercia in questi aurei sta in relazione coi tipi degli aurei dei medesimi triumviri M. Durmio e Petronio Tarpiliano, esibenti la corona civica colla leggenda: AVGVSTO OB C • S (cives servatos) 2.

Ai due aurei della Durmia e della Petronia io ne avevo dapprima aggiunto un terzo, quello dell’Aquillia (Bab. N. 14), comprendendolo esso pure nel numero di quelli da correggere; ma in seguito a parecchie indagini, le quali riuscirono abbastanza difficili per essere l’aureo dell’Aquillia molto più raro dei due precedenti, mi risulterebbe che esso esiste in doppio tipo ossia colla testa d’Augusto coronata di quercia e colla testa coronata d’alloro. Non è dunque più il caso per quest’ultimo di una semplice correzione, bensì di un nuovo tipo da aggiungere alla serie. Il mio esemplare dell’Aquillia col rovescio del fiore (Bab. N. 14), proveniente dalla collezione Riccio e di appena discreta conservazione, io l’ho sempre ritenuto e lo ritengo tuttora coronato di quercia; ma non lo potrei asseverare con assoluta certezza. Quello che mi ha levato ogni dubbio sull’esistenza del tipo è l’esemplare del Gabinetto di Francia. Non è bellissimo, ma pure sufficiente a indurre la certezza che la corona è di quercia. — Così lo giudica il signor [p. 184 modifica]
Feuardent, così lo giudico io pure dall’impronta che lo stesso ebbe la gentilezza di farmi tenere e così credo lo giudicherà il lettore dalla riproduzione che qui gli offro, non essendo stato in tempo ad inserirla nella Tavola.

Una corona pure di quercia finalmente vide su quest’aureo — e certo senza prevenzione di sorta — l’incisore che riprodusse la moneta per l’opera di Cohen e per quella dì Babelon. Il disegno non è preso dall’esemplare che è attualmente al Gabinetto di Francia bensì da un altro, e quantunque sia fatto in modo da lasciar capire che il modello non era di perfetta conservazione lascia però anche capire chiaramente che la corona che si è voluto rappresentare è di quercia, e non d’alloro. D’altra parte poi il signor Vidal Quadras y Ramon di Barcellona da me interpellato, mi scrive che il suo esemplare ha la testa d’Augusto laureata3 e similmente il signor Reginaldo Poole mi informa tale essere pure l’esemplare del Museo Britannico4. Dalle quali informazioni parmi doversi concludere che dell’aureo dell’Aquillia (Bab. 3) esistono due tipi, uno colla corona d’alloro, l’altro colla corona di quercia.

Ora, se si considera che l’aureo del medesimo triumviro Aquillio Floro, esibente la corona civica ad Augusto e corrispondente agli altri due più sopra citati dei triumviri M. Durmio e P. Turpiliano, porta la corona di quercia circondata da due rami d’alloro (Vedi Babelon, Aquillia N. 14), parrebbe di intravvedere una specie di concordanza fra questa duplicità di

[p. 185 modifica]corone e i due aurei portanti le due diverse corone, o per lo meno parrebbe lecito il supporre un nesso tra l’una cosa e l’altra.

Del resto l’osservazione delle corone sui due aurei d’Augusto mi aveva condotto molto lontano e aperto un nuovo campo d’esplorazione sulle corone in genere, le quali finora furono poco studiate e descritte solo a un dipresso, ma non esattamente. L’esempio dei tre aurei, della Durmia della Petronia e dell’Aquillia, non è isolato, ma molti altri consimili errori saranno da correggere perchè le corone sulle teste imperiali romane, incominciando da Giulio Cesare e in tutto il periodo che corre tra la fine della Repubblica e il principio dell’Impero, non sono sempre d’alloro come descritte con frase comune dagli autori, ma talora di mirto, talora di spighe o d’altro; e un motivo ci deve essere stato per determinare la scelta dell’una piuttosto che dell’altra in date epoche e in date circostanze.

Tale studio, che potrebbe riuscire molto interessante, lo vedo da fare, ma non l’ho ancora fatto; e per venirne a capo c’è molto da esaminare e da consultare sia sui monumenti stessi che nelle storie, e si richiederebbero cognizioni che al momento sento mancarmi. Perciò, seguendo il saggio consiglio: sumite materiam vestris qui scribitis aequam viribus, mi limito per ora ad accennarlo, riserbandolo per l’avvenire. Che se poi altri più erudito e più competente mi preverrà colla soluzione della questione, tanto meglio; io sarò lieto almeno di averla posta.

Francesco Gnecchi.



Note

  1. Questo medesimo equivoco delle descrizioni non concordanti coi disegni s’è verificato anche per altre monete, ed ebbi occasione di avvertirlo nel 1886, pubblicando fra altre monete inedite i denari d’Angusto col rovescio del Sidus Iulium. Questi denari nelle parecchie loro varianti, offrono sempre la testa d’Augusto coronata di quercia e tali sono i disegni di Cohen e di Babelon, ma le descrizioni non vi concordano, e la danno per laureata.
  2. Vedi Babelon, Durmia N. 6 e 7. Petronia N. 1, 2 e 3.
  3. «La téte d’Auguste est laurée
  4. «The British Museum specimen of the Aureos, Aquillia (Bab. N. 3) shows a laurel wreath on the head of Augustus.»