La caristia der 37

Giuseppe Gioachino Belli

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La priscissione a Ssan Pietro Le commediole
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1837

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LA CARISTIA DER 37.

1.

     Bbe’, cc’è la caristia; ma indóv’è un fatto
Da poté ddì cch’er Papa nun ce penza?
Dimani ar Culiseo1 fa la dispenza
De pane aùffa,2 e lo sa ppuro3 er gatto.

     Venardì ppubbricò ’n’antra Eminenza
De Santa Cchiesa, e ffu mmonziggnor Matto
De San Filippo.4 Cresscé5 ddunque un piatto;6
E cquesto uggnuno lo pò ddì in cusscenza.

     Conzidera de ppiù li don Miccheli
E li don Carli7 ch’er zant’omo ajjuta
Da bbon padre de tutti li fedeli:

     Pe cconossce8 la tela da ste mostre,
Nun c’è bbisoggno de gran mente astuta,
Perché ttutto se9 paga a spese nostre.

24 maggio 1837.


Note

  1. Al Colosseo.
  2. A ufo, gratis. Nel giorno del Corpus Domini, 25 maggio 1837. Fu creduto e detto dai maligni che quella dispensa di pane in tal giorno tendesse ad allontanare dalla processione del Vaticano il basso popolo, del quale attualmente il Papa diffida forse altrettanto che de’ liberali [prima invece se ne fidava: si veda il sonetto: Uno mejjo ecc., 28 genn. 32], perchè chiede pane e si ammutina con molta facilità.
  3. Pure.
  4. Monsignor Luigi Amat di San Filippo, sardo di Cagliari, creato cardinale nel concistoro di venerdì 19 maggio 1837.
  5. Accrebbe.
  6. Nome dell’assegnamento cardinalizio di scudi 4500 annui.
  7. Don Michele di Braganza e don Carlo di Borbone. [Don Michele aveva dal Papa, cioè dai poveri sudditi di questo, milleottocento scudi (quasi diecimila lire) al mese. Lo attesta un testimonio non sospetto, il Moroni, nel suo Dizionario. V. anche i sonetti: Li du’ Sbillonesi, 20 nov. 32, e Don Micchele ecc., 14 dic. 34. Il Bonazzi poi (Storia Di Perugia, vol. II, pag. 586) attesta che “una enorme quantità di danaro.... tutto dì partiva per la Spagna a soccorso de’ combattenti carlisti.„]
  8. Per conoscere, distinguere.
  9. Si.


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2.

     Sempre accidenti1 ar Papa! sempre inzurti!2
Eh zzitti, zzitti: che ddiavol’avete!
Aspettate er bon tempo e mmaggnerete.
Li mesi nun ze sa cquanto so’ ccurti?3

     Nu’ lo sentite cos’ha ddetto er prete?
“Arispettate li ggiudizzi occurti
De Ddio, fijjoli; e nun fate tumurti,
Si vve lassa morì de fame e ssete.„4

     Però, er prete ha rraggione verbo fame;5
Ma, cquer che ssia la sete, sta minestra
La poteva lassà ddrento ar tigame.6

     Me pare a mmé ’na gran parola ssciocca,
Quanno se pò vvedé7 da la finestra
Ch’oggni minuto ne vié ggiù una bbrocca.8

24 maggio 1837.

  1. Imprecazioni di accidenti.
  2. Insulti.
  3. Non si sa quanto son corti?
  4. Se vi lascia ecc. Si allude a certe minacce dell’editto di penitenza pubblicato in maggio 1837 dal Cardinal Vicario. [Carlo Odescalchi, “uomo d’una semplicità singolare, unita ad uno zelo poco illuminato„ (Dispacc. dell’Ambasc. sard., in Bianchi, Op. e vol. cit., pag. 165): famoso per la smania d’ingemmare i suoi editti con quanto di più iracondo e bestiale si legge ne’ libri santi. Cfr. i sonetti: Er Vicario ecc., 3 apr. 35, e L’editto ecc., 21 febbrFonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte. 36]. Appoggiansi esse a un bel passo del Deuteronomio (cap. XXVIII), cioè: “Eo quod non servieris Domino Deo tuo in gaudio cordisque laetitia propter rerum omnium abundantiam, servies inimico tuo quem immittet tibi Dominus, in fame, et siti, et nuditate, et omni penuria: et ponet iugum terreum super cervicem tuam, donec te conterat.„ Sono da vedersi in tutto il codice del Deuteronomio molte altre eleganti formule di maledizione.
  5. [In quanto alla fame.]
  6. Cioè: “questo proposito poteva tralasciarlo.„
  7. Si può vedere.
  8. Infatti la causa della carestia consisteva tutta nelle stemperate piogge della stagione.