La capanna dello zio Tom/Capo XII
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CAPO XII.
Singolare incidente di un commercio legale.
Il signor Haley e Tom proseguiano il loro cammino sul carro, assorti entrambi, per qualche tempo, nelle proprie riflessioni. Ora le riflessioni di questi due uomini che siedevano l’un presso l’altro, son pur la cosa singolare — seduti sullo stesso banco, aventi occhi, orecchi, mani, organi informati allo stesso modo, si veggono passar dinanzi gli stessi oggetti; eppure è mirabile il pensare che varietà immensa si troverebbe nelle loro riflessioni!
Haley, per esempio, medita sulla altezza e sulla larghezza di Tom, sul prezzo che potrebbe ricavarne se potesse condurlo, sano e salvo, al mercato. Pensava di quanti capi potrebbe comporre la sua mandra; calcolava sul valore rispettivo di uomini, donne e fanciulli che doveano farne parte, e sopra altri oggetti principali del suo commercio; pensava quindi alla carità propria, perchè mentre gli altri mercanti legano mani e piedi ai loro negri, egli si contentava d’incatenare solamente i piedi, e lasciava a Tom, finchè si comportasse bene, l’uso libero delle sue mani; e sospirava pensando all’ingratitudine della natura umana, la quale non avrebbe permesso a Tom di apprezzare la sua bontà. Era stato così mal corrisposto da alcuni «negri», che egli solea trattar con riguardo, ed ora stupìa seco stesso d’esser rimasto ancora tanto buono.
Quanto a Tom, meditava sopra alcune parole d’un libro antico poco di moda, parole che gli frullavano continuamente in capo, come segue: «Noi non abbiamo quaggiù una città permanente, ma cerchiam quella che dee venire; quindi Dio non ha disdegnato di chiamarsi nostro Dio, perchè ha preparata una città per noi.» Queste parole d’un antico libro, scritto principalmente da «uomini ignoranti, indotti,» esercitarono sempre una strana influenza sullo spirito dei poveri, dei semplici, come Tom. Sollevan l’anima dall’abisso di sua tristezza; le ispirano, quasi squillo di tromba, coraggio, energia, entusiasmo, mentre prima era oppressa da disperazione e da tenebre.
Il signor Haley si trasse di saccoccia alcuni giornali, e cominciò a leggerne, con somma attenzione, la fila degli annunzi. Non sapea leggere molto correntemente, ed erasi avvezzato a leggere in modo di recitativo, a mezza voce, per chiamar le orecchie in aiuto de’ suoi occhi. In questo tono recitò, adagio, adagio, il paragrafo che segue:
Vendita obbligatoria. Negri!
«Conformemente alla sentenza del tribunale, si procederà alla vendita, martedì 20 febbraio, dinanzi alla porta della corte di Giustizia, nella città di Washington, Kentucky, dei seguenti negri: Agar, in età di anni 60; Giovanni, in età di anni 30; Ben di 21; Saul di 25; Alberto di 14: si vendono per conto dei creditori ed eredi della casa di Jesse Blutchford, esq.»
Samuele Morris Tommaso Flint |
esecutori testamentarii |
— «Bisognerà vedere — disse Haley a Tom, in mancanza di altro interlocutore. — Vorrei mettere insieme alcuni capi di prima qualità, per unirli a te, Tom, e ti farebbero gradevole e buona compagnia. Avantutto dobbiam correre difilati a Washington, e ivi ti deporrò nelle carceri finchè abbia assestati i miei affari.»
Tom ricevette molto modestamente questa grata notizia; pensò solamente se quegli infelici avevano anch’essi moglie e figliuoli, e se, nel lasciarli, avrebbero patito quanto egli. Bisogna pur confessare che il modo tutt’altro garbato con cui gli fu data la notizia che sarebbe messo in carcere, produsse per nulla una grata impressione in un dabben uomo che si era sempre recato a gloria condurre una vita onesta; sì, bisogna pur confessarlo, il povero Tom andava piuttosto che no altero della sua onestà, non avendo altra cosa di che gloriarsi; se avesse appartenuto ad una delle classi più eminenti della società, non sarebbe, probabilmente, stato ridotto a sì meschina ambizione.
Intanto il giorno tramontava, e la sera vide Haley e Tom accomodati in Washington; l’uno, a suo bell’agio, in una osteria, l’altro in una carcere.
Al dimani, sulle undici ore antimeridiane all’incirca, una calca di popolo stava presso la gradinata della corte di giustizia fumando, prendendo tabacco, bestemmiando, e conversando ciascuno secondo la propria indole e gusto particolare, aspettando che si aprisse l’Incanto. Li uomini e le donne, che doveano essere venduti, stavano in gruppo a parte, parlando sommessamente fra di loro. La donna, che era stata indicata col nome di Agar, era un’Africana, puro sangue, per tipo di fisonomia e per portamento. Potea camminare sui sessant’anni, ma dimostrava maggior età per le fatiche e patimenti che aveva sofferti; era quasi cieca, sciancata per dolori di reumatismo. Le stava a fianco l’unico figliuolo che le rimanesse, Alberto, grazioso e vivace giovanetto di quattordici anni; l’unico di numerosa prole che avesse sopravvissuto, l’unico de’ suoi fratelli che erano stati venduti, l’un dopo l’altro, lungi dalla madre, sui mercati del Sud. La povera donna lo tenea fra le sue braccia tremanti, e fissava con intensa trepidezza chiunque si avvicinasse per esaminarlo.
— «Non temete, zia Agar — disse il più attempato di quelli uomini — ne ho parlato a padron Tommaso, e mi ha promesso che vedrebbe modo di vendervi ad un sol lotto.»
— «Non bisogna dire che io son buona a nulla — disse ella levando in alto le sue mani tremanti. — So far cucina, lavare, scopare. Vi è ben la spesa comperarmi; oh, fatelo loro sapere» soggiunse con voce supplichevole.
Haley, in quel mentre, si fece largo tra la folla, si avvicinò al vecchio, gli fece aprir la bocca, vi guardò dentro, ne toccò i denti, lo fece star ritto, incurvarsi, comparsi a diversi atteggiamenti per esaminarne i muscoli; passò quindi al più vicino, e gli diede lo stesso esame. Giunto per ultimo al giovanotto, ne palpò le braccia, ne osservò le mani, le dita, e lo fece saltare per conoscerne la sveltezza.
— «È troppo giovine per essere venduto senza di me — proruppe la vecchia con affannosa veemenza, — io ed egli formiamo un sol lotto; io sono ancora robusta, padrone, capace di lavorar molto; siatene certo, padrone.»
— «Nella piantagione! — disse Haley, gettandole uno sguardo di disprezzo. — Oh la bella notizia!» e contento del suo esame, cominciò a passeggiare su e giù per il cortile col sigaro in bocca, colle mani in iscarsella, col cappello sopra un orecchio, pronto all’azione.
— «Che ne pensate?» domandò un uomo che aveva seguito attentamente le esplorazioni di Haley, per formarsene egli stesso un giudizio.
— «Sono disposto — rispose Haley — a far qualche offerta per i due giovani e per il fanciullo.»
— «Pare che voglian vendere unitamente la madre e il figlio,» disse l’uomo.
— «Non fa per me; è un sacco d’ossa, che non vale il sale che mangerebhe.»
— «Non la comprereste voi dunque?» soggiunse l’uomo.
— «Bisognerebbe esser pazzo. È mezza cieca, sciancata per reumatismi, e quasi ebete per soprammercato.»
— «Taluni comprano queste vecchie, e vi trovano il loro tornaconto, più che altri non crede» riprese l’uomo con aria di riflessione.
— «Non sarò io certamente — disse Haley — non l’accetterei quando anche me la regalassero; mi basta averla veduta ora.»
— «È cosa veramente compassionevole il non venderla insieme a suo figlio; pare che ella viva di lui; suppongo che la mettano a prezzo minimo.»
— «La comprino coloro che hanno danaro da gettar via; intendo comperar quel giovane per una piantagione; ma quanto alla vecchia, non voglio saperne — quando anche me la regalassero» disse Haley.
— «Ne sarà disperata» disse l’uomo.
— «È ben naturale» disse freddamente il mercante di schiavi.
Qui il discorso fu interrotto da un movimento nella folla; il banditore, uomo piccolo, tarchiato, si fece innanzi, tutto affaccendato e con aria d’importanza. La vecchia gettò un sospiro e istintivamente chiamò suo figlio.
— «Alberto, accòstati ben a tua madre — ben vicino — ci venderanno insieme» diss’ella.
— «O mamma, temo che no» disse il giovane.
— «Oh devono venderci insieme, figliuol mio — riprese affannosamente la povera vecchia — altrimenti ne morrei di dolore.»
La voce stentorea del banditore, che invitava a far largo, annunziò che la vendita all’asta pubblica stava per aprirsi. Si sgombrò il luogo e cominciò il mercato. I giovani negri furono messi a prezzi che ben dinotavano come le domande fossero vive; di lì a poco questi vennero aggiudicati ad Haley.
— «Vien qua, giovanotto — disse il banditore, toccando col suo martello Alberto; — tienti su, e fa vedere la tua agilità.»
— «Metteteci insieme, insieme per carità, padrone» gridò la vecchia, tenendosi ben accosto a suo figliuolo.
— «Ritirati — disse ruvidamente il banditore, facendole levar le mani; — tu verrai l’ultima; avanti, giovanotto;» e lo spinse verso il palco, mentre gli venìa dietro un singhiozzo profondo, doloroso.
Il fanciullo ristette, e volse uno sguardo alla madre; ma non vi era tempo di fermarsi; talchè, asciugate in fretta le lacrime da’ suoi grandi occhi, salì protamente sul palco.
La leggiadra sua figura, le belle sue proporzioni, il vago aspetto del giovane, movevano più che mai viva la concorrenza, talchè una mezza dozzina di offerte giunsero contemporaneamente alle orecchie del banditore. Ansioso, quasi impaurito, Alberto guardava ora da un lato ora dall’altro i diversi mercanti che se lo contendevano, finchè, caduto il martello, fu aggiudicato ad Haley. Spinto giù dal palco, verso il suo padrone, il giovanetto si fermò un momento e guardò addietro, mentre la sua povera vecchia madre, tremando per ogni fibra, gli stendeva ansiosa le braccia.
— «Comprate anche me, padrone! per amore di Dio! comprate anche me; altrimenti morirò.»
— «Morrai, quando anche ti comprassi — disse Haley — no;» e le diede una voltata di spalle.
La vendita della povera vecchia fu fatta subito. L’uomo che aveva parlato ad Haley, e che non parea privo di compassione, la comperò per una bagattella, e li spettatori cominciarono a disperdersi.
Le povere vittime della vendita, che erano vissute insieme parecchi anni, si strinsero intorno a quella desolata madre, la cui agonia straziava il cuore a vederla.
— «E non me ne lascieranno neppur uno? il padrone mi promise che uno me lo avrebbe lasciato» ripeteva ella coll’accento più desolante.
— «Confidate nel Signore, zia Agar» disse melanconicamente il più attempato degli uomini.
— «Che bene potrà venirmene?» disse ella miseramente singhiozzando.
— «Madre! madre! fatevi cuore — disse il fanciullo — assicurano che avete un buon padrone.»
— «Non me ne importa! non me ne importa! O Alberto! o figliuol mio! mio ultimo figliuolo. O Dio, come vivere senza di te!»
— «E non vi è nessun per trar via quella donna? gridò Haley duramente. — Non le fa alcun bene rimaner qui.»
Diversi uomini, parte persuasi, parte costretti, strapparono la povera vecchia dall’amplesso disperato con cui tenea suo figliuolo, e vedean modo di consolarla nel condurla alla vettura del suo nuovo padrone.
— «Andiamo» disse Haley, radunando le sue tre compre; e trasse fuori un paio di manette, ne strinse loro i polsi, e legatili tutti a una lunga fune, se li cacciò innanzi verso la prigione.
Di lì a pochi giorni, Haley si trovava co’ suoi acquisti depositati sani e salvi sopra un battello dell’Ohio. Era in principio del suo viaggio; cammin facendo, dovea raccogliere altri capi di merce, che egli o i suoi agenti avevano acquistati sui varii punti della sponda.
La Belle Riviere, uno de’ più bei piroscafi che abbiano solcato mai le acque dell’Ohio, donde si denomina1, scendeva leggiadramente la corsia del fiume, spiegando, sotto un cielo luminoso, i pennoncelli e le stelle ondeggianti della libera America; la tolda era piena di eleganti signore e di gentlemen; che passeggiavano e godevano di quel ridente spettacolo. Tutto era pieno di vita, di movimento, di allegrezza; tutto era festa, tranne la vivente merce di Haley, che giacca nella cala, ammucchiata con altre merci, que’ poveri negri, che conversando sommessamente tra di loro, parea non apprezzassero abbastanza i privilegi di cui godevano.
— «Giovanetti — disse Haley, avviandosi lietamente ad essi — spero tenervi in buona salute e di buon animo. Non mi fate il broncio; tenetevi su, ragazzi; siate bravi, e io vi tratterò bene.»
I negri, cui si volgevano queste parole, risposero coll’invariabile «sì, padrone,» parola che da secoli è il ritornello della povera Africa; ma dobbiamo aggiungere che l’espressione dei loro sguardi era ben altro che allegra. Aveano i meschini pregiudizii di amare, chi la moglie, chi la madre, chi la sorella, chi i figliuoli che per l’ultima volta avean salutati; e quantunque fossero sollecitati a stare allegri, l’allegria non era troppo pronta a secondar l’invito.
— «Avea una moglie — disse l’articolo numerato col nome di John — d’anni 30 — ponendo la sua mano incatenata sul ginocchio di Tom, — e non ebbi tempo di dirle una sola parola, povera donna!»
— «Dove abita?» chiese Tom.
— «In una osteria poco distante di qui — rispose John; — se potessi rivederla almeno una volta ancora!»
Povero John! era ben naturale questo suo desiderio; e non men naturali erano le lacrime che gli scorreano per le guancie quasi fosse stato un bianco. Tom trasse un lungo sospiro dal cuore oppresso, e, come meglio poteva, cercò modo di consolarlo.
Nella camera, sopra il loro capo, stavan riuniti padri, madri, mariti e mogli; e scherzavano, danzavano intorno ad essi fanciulli vispi, graziosi come farfalle; ogni cosa era lieta e sorridente per essi.
— «Mamma — disse uno dei fanciulli che era corso a guardar nella cala; — là sotto è un mercante di schiavi con quattro o cinque negri che mena con sè.»
— «Povere creature! esclamò la madre con accento di dolore e d’indignazione.»
— «Che c’è» chiese un’altra signora.
— «Alcuni poveri schiavi, qua sotto» rispose la madre.
— «E li hanno incatenati» riprese il fanciullo.
— «Che vergogna per il nostro paese che si veggano cose tali!» disse un’altra signora.
— «È argomento su cui ci ha molto a dire pro e contro — disse una graziosa signora che stava cucendo presso la porta della sala, mentre una ragazzina ed un fanciullino si trastullavano intorno a lei. — Io sono stata nel Sud, e posso assicurare che i negri non vi potrebbero star meglio se fossero liberi.»
— «Concedo che alcuni di essi, e per riguardi speciali sieno ben trattati — disse la signora cui erano state indirizzate queste parole. — Ciò che v’ha di più orrendo nella schiavitù si è, a parer mio, l’oltraggio che si reca ai sentimenti, agli affetti di natura, per esempio, separar la famiglia.»
— «Certo è trista cosa — disse un’altra signora, sollevando una vesticciuola da bambino, che appunto allora avea finita, e osservandone attentamente i ricami; ma mi immagino che ciò non accada troppo sovente.»
— «Oh accade pur troppo spesso! — disse prontamente la signora che per la prima avea parlato. — Vissi molti anni nel Kentucky e nella Virginia, e vidi quanto basta per far piangere il cuore. Supponete, signora, che vi tolgano i vostri due figliuoli per venderli.»
— «Non dobbiamo dai nostri sentimenti misurar quelli di cotal razza di gente» disse la quarta signora, spiegando sulle ginocchia un involto di lana.
— «Davvero, signora mia, non li conoscete se parlate così — riprese, con calore, la prima signora. — Io nacqui e crebbi fra loro. So che sentono quanto noi e forse più di noi.»
— «Davvero! — riprese l’altra, sbadigliando e gettando uno sguardo dalla finestruola della sala; e finì col ripetere la stessa osservazione con cui avea cominciato. — Credo in somma che siano più felici che se fossero liberi.»
— «È certo intenzione della Providenza che la razza africana sia schiava, che sia tenuta in vil condizione — disse un signore, appartenente al clero, vestito di nero, grave nel sembiante, che stava seduto presso la soglia della camera. — «Maledetto sia Canaan! sarà servo dei servi!» dice la Scrittura.»
— «Sapete, signor mio, ciò che significano queste parole?» disse un uomo d’alta statura che gli stava vicino.
— «Certamente la Providenza, per qualche ragione imperscrutabile, volle, da secoli, condannar quella razza alla schiavitù; e non tocca a noi il discutervi sopra.»
— «Benissimo, e noi continuiamo a comprar negri — disse l’uomo — se tale e il volere della Providenza; non è vero, signore?» diss’egli volgendosi ad Haley, che ritto presso la stufa, colle mani nelle tasche, stava attentissimo a questa conversazione.
— «Benissimo — proseguì l’uomo dall’alta statura; — dobbiamo rassegnarci tutti ai decreti della Providenza. I negri debbono esser venduti, barattati, conculcati; sono nati per ciò. È un bel modo di vedere! è consolante; non è vero, straniero?» disse ad Haley.
— «Non vi ho mai pensato — rispose Haley, — non ho mai potuto fare tra me e me tale ragionamento; non sono dotto abbastanza. Mi misi in commercio per vivere; se ho torto, mi propongo di pentirmene a tempo debito.»
— «Ed ora non ve ne date pensiero, non è vero?» soggiunse l’uomo dall’alta statura.
— «Vedete ciò che importa conoscer la Bibbia. Se l’aveste studiata, come quest’uomo dabbene, avreste saputo tutto ciò da gran tempo, ed evitato un dispiacere. Non avreste avuto che a dire: «sia maledetto» — quale è il suo nome? ed avreste continuato la vostra strada.»
E questo straniero, il quale non era se non l’onesto allevatore di negri che abbiam fatto conoscere ai nostri lettori nell’osteria del Kentucky, siedette e cominciò a fumare, mentre la sua lunga e scarna faccia si atteggiava ad un sorriso sardonico.
Un giovane alto e svelto della persona, pieno di brio, di sentimento nell’espressione del volto, si fece innanzi e pronunciò ripetutamente queste parole: non fare ad altri ciò che non vorresti fosse fatto a te.» Parmi — soggiunse egli — che queste siano parole della Scrittura, quanto: «sia maledetto Canaan!»
— «Per noi, poveri semplicioni — disse John, l’allevatore — questo testo non è men chiaro, men concludente di quello;» e fumava come un vulcano.
Il giovane si fermò, guardò attorno come se avesse qualche cosa ad aggiungere, quando il piroscafo ristette improvvisamente, e tutta la comitiva accorse, come suole, all’una sponda del battello, per vedere dove approdava.
— «Que’ due individui sono ecclesiastici?» chiese John a un suo vicino, mentre quelli scendevan dal bordo.
E l’uomo accennò che sì.
Fermato appena il piroscafo, una donna negra si lanciò impetuosamente sulla coperta, gittò uno sguardo tra i passeggieri, corse dove eran deposti gli schiavi, e strinse con ambe le braccia quell’infelice capo di merce registrato, come poc’anzi accennammo «John, d’anni 30» e piangendo, singhiozzando lo schiamò suo marito.
Chè narrar questa storia, narrata troppo spesso — narrata ogni giorno — di cuori spezzati, di deboli conculcati per guadagno e convenienza dei forti? Che importa il ripeterla? ogni giorno è raccontata all’orecchio di Colui che non è sordo, sebbene taccia lungamente.
Il giovane, che poc’anzi avea perorata la causa dell’umanità e di Dio, stette colle braccia conserte al petto a contemplare questa scena. Si guardò intorno, e si scontrò in Haley che gli era accanto: «Amico mio — disse egli con profonda commozione — come potete, come osate far simile traffico? Guardate quelle povere creature! In questo punto mi rallegro pensando che vado a casa, ove mia moglie e mio figlio m’aspettano; e la stessa campanella che darà il segnale di proseguire il cammino verso loro, dividerà per sempre quel povero uomo da sua moglie. Oh, pensateci bene! Dio ve ne chiederà conto.»
Il mercante si volse altrove senza rispondere.
— «Parmi — disse l’allevatore di schiavi, toccando col gomito Haley — che vi sia qualche differenza d’opinione. Il «maledetto sia Canaan» non garba molto a quel forestiero.»
Haley brontolò sordamente.
— «E v’ha peggio — proseguì John — non garberà nemmeno a Dio, cui dovrete, in uno di questi giorni, presentarvi, come dobbiam tutti, tardi o tosto, cred’io.»
Haley si avviò con aria pensierosa all’altro capo del piroscafo.
Se riesco a spacciar bene una o due mandre di negri — pensava fra se stesso — mi ritiro da questo commercio; è troppo pericoloso.» E trattossi di saccoccia il portafoglio, cominciò a ripassare i suoi conti: operazione che molti gentlemen, oltre Haley, trovano ben acconcia per far tacer la coscienza.
Il piroscafo si allontanò maestosamente dalla riva, e tutti ritornarono al loro posto di prima; gli uomini ricominciarono a passeggiare, a conversare, a leggere, a fumare; le donne a cucire, i fanciulli a giuocare, e il legno proseguia la sua strada.
Un giorno, mentre il piroscafo si era fermato presso una piccola città del Kentucky, Haley scese a terra per qualche sua faccenduola.
Tom, le cui catene non gli impedivano di passeggiare per uno spazio discreto, si era accostato al parapetto del legno, e stava sbadatamente guardando la spiaggia; in quella vide il mercante che tornava a passi frettolosi, in compagnia d’una donna di colore, la quale portava tra le braccia un bambino. Ella era assai bene in arnese, ed un uomo di colore le tenea dietro portando una valigietta. La donna parea allegra, parlava, cammin facendo, col negro che portava la sua valigietta, e salì a bordo. La campanella suonò, il vapore fischiò, la macchina gemette, e il piroscafo si mosse all’ingiù del fiume.
La donna andò a collocarsi tra le balle e le casse della stiva; siedette e cominciò a trastullarsi col suo bambino.
Haley, dopo aver fatti uno o due giri sulla coperta, andò a sedersi presso la giovine e cominciò a conversar seco lei con aria di indifferenza.
Tom notò ben presto una fosca nube che attraversava la fronte della donna, mentre ella rispondeva con gran veemenza e con voce concitate.
— «Nol credo! nol posso credere! — dicea la giovane — vi fate giuoco di me.»
— «Se voi non potete crederlo, guardate qui; — e Haley spiegava un foglio — questo è il contratto di vendita, e questa è la firma del vostro padrone; vi ho pagata buona moneta sonante; ve ne assicuro io.»
— «Non posso credere che il padrone mi abbia trattata così; non può esser vero!» disse la donna con crescente agitazione.
— «Potete chiederne a chiunque sappia leggere. Di grazia — soggiunse egli, accennando ad un uomo che passava vicino — volete legger qui? Questa giovane non mi vuol credere quando le dico la verità.»
— «È un contratto di vendita firmato John Fosdick — disse l’uomo — che cede la giovane Lucia e il figliuolo di lei. L’atto è in tutta formalità, mi pare.»
Le dolorose esclamazioni della donna le trassero intorno la folla dei passeggieri, e il mercante spiegò loro brevemente il motivo di quella agitazione.
— «Mi diede ad intendere che andava a Louisville, per servire come cuciniera nella osteria stessa dove mio marito lavora. Me lo disse egli stesso, il padrone; e non posso credere che abbia mentito» disse la donna.
— «Eppure non vi è dubbio che vi ha venduta, mia buona giovane — disse uno dei passeggieri dalla fisonomia benevola, dopo aver esaminate le carte; — non vi è luogo ad equivoco.»
— «È inutile dunque il parlarne» disse la donna acquietandosi improvvisamente, e stringendosi in seno il bambino andò a sedersi sopra una balla, volse le spalle agli astanti e si pose cupamente a guardare il fiume.
«Sa rassegnarsi di buon garbo — disse il mercante; — mi pare una giovane ben discreta.»
Il piroscafo camminava — la donna parea tranquilla. Un venticello tepido, grave, quasi spirito compassionevole, le passava sopra la fronte; — quell’auretta gentile che non chiede mai di qual colore è la fronte cui vien ad accarezzare. La giovane guardava li ultimi raggi del sole scintillar sull’acqua in mille striscie dorate; udìa d’ogni intorno voci di gioia, le voce dei felici; ma il suo cuore era come aggravato da enorme peso. Il fanciullo si levò in piedi, e per accarezzarle il volto colle sue manine; saltellava, pispigliava, quasi volesse consolarla. La madre lo sollevò di subito tra le braccia, e le sue lacrime, una dopo l’altra, caddero lentamente su quel volto infantile, meravigliato; a poco a poco si ricompose e parve dimenticarsi per un momento nelle sue cure di madre.
Il bambino, tuttochè non avesse che dieci mesi, era d’una forza, d’una corporatura non ordinaria per l’età sua; la madre dovea badar sempre a frenarlo, a contenerne la vivacità.
— «Oh bel pezzo d’uomo! disse un uomo fermandosi improvvisamente a considerarlo di fronte colle mani in iscarsella; — quale e l’età sua?»
— «Dieci mesi e mezzo;» rispose la madre.
L’uomo fischiò al bambino, e gli offerse un pezzetto di zucchero, che questi afferrò prontamente e lo depose nella dispensa ordinaria dei fanciulli, cioè nella bocca.
— «Che bel diavolotto! — disse l’uomo. — Conosce bene il suo conto;» e sibilando passò oltre. Giunto all’altro capo del piroscafo ristette di- Oh signor Symmes. Salvatemi, deh salvatemi! hanno venduto il mio figliolo e colà è il suo padrone. Capo VII.
nanzi ad Haley, che seduto sopra un mucchio di balle, fumava tranquillamente.
Il passeggiero trasse fuori un zolfanello, accese un sigaro, e prese a dirgli:
— «Bel capo di merce è quello che avete là, straniero.»
— «Pare anche a me che sia discretamente bella» disse Haley gettando una fumata.
— «La conducete forse nel Sud?» chiese l’altro.
Haley accennò di sì, e continuò a fumare.
— «In qual piantagione?»
— «Sono incaricato — rispose Haley — di fornire, per uso di una piantagione, una mandra di negri, e penso di mettervi quella giovane. Mi dissero che era buona cuciniera; e potranno valersene a questo servizio, oppure adoperarla in filar cotone. Ho badato che ha dita molto acconcie a quest’uopo. Venderla bene, ecco il tutto,» ed Haley riprese il sigaro.
— «Probabilmente in una piantagione non sapranno che farsi del bimbo.» Disse il passeggiero.
— «Lo venderò alla prima occasione,» rispose Haley, accendendo un altro sigaro.
— «Suppongo che lo darete a buon prezzo,» rispose il forestiero, montando sopra un mucchio di balle e adagiandovisi comodamente.
— «Non saprei dirvelo — rispose Haley; — è un diavolotto, bello, vispo, vigoroso; ha carni dure come il marmo.»
— «È vero; ma quanta fatica, quanta spesa per allevarlo!»
— «Ba! — soggiunse Haley — non vi è animale che si educhi più facilmente; non darà maggior fastidio che non dia un cagnuolino. Tra un mese, camminerà da per tutto.»
— «Avrei un buon podere, dove allevarlo, e ho intenzione di acquistarne qualcuno — disse l’altro, — Nella scorsa settimana, la mia cuciniera perdè un figlio, il quale si annegò in un secchio mentre ella spiegava la sua biancheria; credo che farei bene a darle questo da allevare.»
Haley e lo straniero fumarono un momento in silenzio, poichè nè l’un ne l’altro parea disposto ad entrare risolutamente in discorso. Alla fine lo straniero cominciò a dire:
«Poichè dovete disfarvi di quel bimbo, credo che non chiederete più di dieci dollari?»
Haley crollò il capo e sputò con aria disdegnosa.
— «È impossibile» diss’egli; e continuò a fumare.
— «Ebbene, straniero, quanto ne domandate?»
— «Potrei — rispose Haley — allevarlo io stesso o farlo allevar per mio conto; è sano, robusto più che altri mai; di qui a sei mesi può valere cento dollari; tra un anno o due può valerne duecento, se lo espongo sopra un mercato; laonde, al presente, io non ne accetterò meno di cinquanta.»
— «O straniero! — esclamò l’altro interlocutore — è domanda affatto ridicola.»
— «Ho deciso;» disse Haley, crollando risolutamente il capo.
— «Ve ne darò trenta — riprese lo straniero — ma non un centesimo di più.»
— «Dividiamo la differenza — disse Haiey; — datemene quarantacinque; è quanto possa fare.»
— «Va benissimo,» soggiunse l’uomo, dopo un momento di silenzio.
— «Conchiuso — disse Haley — dove andate?»
— «A Louisville» rispose l’uomo.
— «Louisville! — ripetè Haley — ottimamente; vi giungeremo sull’annottare; il bimbo sarà addormentato; a meraviglia; prendetevelo con bel garbo e senza strepito. Soglio condur le cose con dolcezza, e detesto qualunque agitazione.»
E dopo che alcuni biglietti di banca passarono dal portafoglio del compratore in quello del mercante, questi riprese il sigaro.
Facea una sera bellissima quando il piroscafo giunse nel porto di Louisville.
La donna tenea fra le braccia il bambino profondamente addormentato. Non sì tosto udì il nome della città, depose il figlio tra due casse che formavano una specie di culla, non senza aver prima disteso sotto esso accuratamente il proprio mantello. Corse quindi allo scalo, nella speranza di veder suo marito tra i molti camerieri di locanda che ingombravan l’argine. Sporse il capo, ricercò attentamente collo sguardo tra le teste che si muovevano sopra la riva, e intanto la folla dei passeggeri si addensò tra lei e il suo figliuoletto.
— «Ecco il buon momento — disse Haley; dando di piglio al bambino addormentato e porgendolo allo straniero. — Badate a non risvegliarlo, acciò non istrilli; sarebbe un affare di casa del diavolo colla madre.» L’uomo prese garbatamente il bambino, scomparve ben presto tra la moltitudine che si avviava verso il piroscafo.
Quando il vapore, dopo aver fischiato, cigolato, si allontanò dalla sponda e riprese maestosamente la sua corsa, la donna tornò al suo posto. Vi trovò seduto il mercante di schiavi, ma più non vide il bambino.
— «Dove è? dove è?» esclamò la giovane, sorpresa e forsennata.
— «Lucia — disse il mercante — vostro figlio se ne è andato; è meglio che il sappiate subito. Sapeva che non potevate condurlo nel Sud: quindi colsi il destro di venderlo ad una ricca famiglia, che sarà in grado di allevarlo meglio che non avreste potuto educarlo voi.»
Il mercante era giunto a quel segno di cristiana e politica perfezione, che fu testè raccomandata da alcuni predicatori e politici del Nord; perfezione per cui ti senti superiore ad ogni avversa debolezza, ad ogni pregiudizio. E il cuore di Haley, o signore, era quale potrebbe essere il vostro ed il mio, se fosse stato acconciamente educato. Lo sguardo di ambascia, di cupa disperazione, che la donna gettò su di lui, avrebbe potuto gettare lo scompiglio in qualunque altro che fosse men pratico; ma egli era avvezzo a queste scene. Avea veduto le cento volte quello stesso sguardo.
E tu pure, lettor benevolo, ti avvezzeresti; il grande scopo dei nostri odierni politici e di avvezzarvi tutte quante le popolazioni del Nord, per la gloria dell’Unione. Laonde il nostro mercante non vide nell’angoscia mortale che contraeva i lineamenti di quel volto, nel tremito convulsivo di quelle mani, in quell’anelito soffocato, che li inevitabili incidenti del commercio; temea solamente che facesse, co’ suoi strepiti, un tumulto a bordo; perchè Haley, come altri sostenitori delle nostre particolari istituzioni, detestava ogni rumore.
Ma la donna taceva; il colpo le avea traversato troppo profondamente il cuore, perchè ella avesse forza di gridare e di piangere.
Siedette quasi trasognata; le deboli mani le caddero senza vita, lungo il fianco; i suoi occhi guardavan fissi, ma non vedean nulla. Le voci dei viaggiatori, il muggir della macchina producevano un sordo, confuso frastuono nel suo orecchio; e quel povero cuore spezzato non trovava un grido, non una lacrima per esprimere la profonda sua miseria. Ella era tranquìllissima!
Il mercante, il quale, pesando ben i proprii vantaggi, era umano, per lo meno quanto alcuni nostri politici, si credè in obbligo di porgerle tutti quei conforti che lo stato delle cose comportava.
— «So che questa perdita, sulle prime, è ben crudele, Lucia — cominciò a dirle; — ma siete una giovane discreta, e sapete che bisogna farsi cuore. Quanto avvenne, era pur troppo necessario, ed è senza rimedio!»
— «Ah, tacete, padrone!» disse la donna con voce di persona che affoga.
— «Voi siete una giovane ragionevole, Lucia; — persisteva a dirle. — Ho buone intenzioni a vostro riguardo, e voglio collocarvi bene là giù; troverete un altro marito; un bel giovane, come siete voi...»
— «Oh padrone, se aveste solamente la bontà di tacere!» disse la donna con voce di angoscia così profonda, così straziante, che il mercante si accorse non esservi a far nulla per il momento; si levò in piedi per allontanarsi; e la donna, voltogli il tergo, nascose la faccia nel suo mantello.
Il mercante passeggiò alquanto in su e in giù, e si fermava talvolta per contemplarla.
«Prende la cosa un po’ sul serio — dicea tra sè stesso — ma bisogna lasciarla tranquilla, lasciarla sfogare; si acqueterà poco a poco.»
Tom, che avea notato ogni cosa dal principio al fine, ne comprendeva perfettamente le conseguenze. A suo giudizio, era questa un’azione immensamente orribile, perchè, povero negro ignorante! non avea imparato a osservare le cose in generale, a prendere la cosa in grande. Se almeno fosse stato istruito da certi ministri del Cristianesimo, avrebbe imparato a giudicarne più rettamente, non avrebbe veduto in tutto ciò che un incidente quotidiano di un commercio legale, commercio che è il sostegno vitale di una istituzione, la quale, al dire d’un gran genio americano2, non trae seco altri mali se non quelli che sono inseparabili da ogni vita sociale e domestica. Ma Tom che, come notammo altra volta, non era che un povero negro, ignorante, che non avea mai saputo leggere che il Testamento Nuovo non avrebbe saputo consolarsi con argomenti di cotal fatta. Il suo cuore sanguinava per un atto che gli pareva un torto verso quella povera cosa soffrente, la quale giaceva, come canna spezzata, su quel mucchio di merci; quella cosa che sente, che vive, che sanguina, che è immortale, cosa che le leggi americane classificarono freddamente tra il sartiame, tra le balle, tra le casse su cui è prostesa.
Tom le si fece vicino, e tentò volgerle qualche parola; ma quella non faceva che singhiozzare. Colle lacrime che gli scorrean per le guancie, parlò d’una Providenza divina, d’un Gesù che compiange, di una casa eterna; ma quell’orecchio era sordo per angoscia, e quel cuore esulcerato non sentiva che il proprio spasimo.
Sopraggiunse la notte, una notte serena, tranquilla, tempestata di stelle che guardano, solenni, innumerevoli, luminose come occhi di serafini, quaggiù sulla terra; splendide, belle, ma taciturne. Da quel cielo lontano non scendea parola compassionevole, non atto consolatore. Tacquero poco a poco tutte le voci di allegrezza e di affari; tutto si addormentò a bordo del piroscafo, talchè si udiva distintamente il mormorio delle acque, rotte e divise dalla prora. Tom gittò le sue membra sopra una balla di merce, e tratto tratto gli ferìa l’orecchio il singhiozzar soffocato, il gemito di quella creatura prostrata a terra.
«Oh che farò io? Oh Dio! mio buon Dio, sostenetemi!» e così, di quando in quando, finchè quella voce morì anche essa nel silenzio universale.
A mezza notte Tom fu scosso dal sonno improvvisamente. Un non so che di nero gli passò velocemente accanto, avviandosi al parapetto del piroscafo, e sentì un tonfo nell’acqua. Nè più vide, nè più intese. Sollevò il capo; il posto della donna era vuoto! Si levò in piedi, la cercò intorno, ma inutilmente. Quel povero cuore aveva cessato di soffrire, e le acque del fiume che avevano inghiottito il cadavere, continuavano a scorrer limpide e tranquille.
Pazienza! pazienza! anime ulcerate che lo spettacolo dell’ingiustizia move ad indegnazione. Non un gemito, non una lacrima dell’oppresso, è dimenticata dall’uomo dei dolori, dal re della gloria. Nel suo cuore generoso e paziente egli sostenne i dolori di un mondo. Sostenete voi pure con rassegnazione le prove della vita, ed amate, come egli ci ha insegnato; perchè — certo quanto egli è Dio — l’ora del riscatto verrà.
Il mercante si svegliò allegro, brioso, e corse a vedere la sua merce vivente. Ora toccava a lui guardarsi intorno con ansietà.
— «Dov’è quella giovane?» chiese a Tom.
Tom, che aveva imparata la virtù d’un silenzio prudente, non si tenne in obbligo di manifestargli i proprii sospetti, e rispose che non sapea nulla.
— «È impossibile che sia fuggita questa notte nell’approdare a qualche stazione, perchè era svegliato e facea la guardia presso lo scalo. Io non incarico mai altri di questa faccenda.»
Queste parole erano dirette a Tom in modo affatto confidenziale, quasi il mercante volesse interessarlo alla sua causa; ma Tom non rispose.
Haley esplorò, da capo a fondo, ogni angolo del piroscafo, tra le casse, tra le balle di merci, tra i barili, intorno alla macchina, presso il camino; ma inutilmente.
Riuscita vana ogni ricerca, si accostò a Tom, dicendogli:
— «Tu devi saperne qualche cosa. Confessami il tutto. Jer sera alle dieci ore, vidi la giovine coricata presso te; ve la rividi alle dodici, e nuovamente tra l’una e le due; alle ore quattro era scomparsa; e tu fosti qui sempre. Dunque tu devi saperne qualche cosa, e non puoi negarlo.»
— «Padrone — disse Tom — verso l’alba, qualche cosa si mosse presso di me; era tra il sonno e la veglia; udii un tonfo nelle acque, mi guardai attorno, e non vidi più la giovane. Ecco quanto io so.»
Il mercante non ne fu commosso nè meravigliato; era avvezzo, come dicemmo, a catastrofi ben maggiori, di cui non abbiamo nemmen l’idea. La terribile presenza della morte non era capace di produrgli nell’animo una commozione solenne; la morte, l’avea veduta più volte; l’avea incontrata nelle vicende del suo commercio; non la riguardava che come importuna visitatrice che veniva talvolta a scompigliarglii suoi disegni. Quella giovane era stata per lui cattiva merce, che il diavolo aveva gittata alla malora; e considerava che se le cose continuavano a procedere così malamente, non avrebbe guadagnato un centesimo da quel viaggio. Insomma, si guardava come un uomo veramente disgraziato; ma non vi era rimedio, perchè la donna era fuggita in uno stato, che non restituisce mai i fuggitivi; per quante istanze possa farne tutta quanta la gloriosa Unione. In conseguenza il mercante siedette con aria alquanta corrucciata, trasse fuori un libretto di conti, e iscrisse quel corpo, quell’anima nella categoria delle perdite.
Oh questo mercante di negri è pur la creatura abbominevole! privo d’ogni umano sentimento! È cosa tremenda davvero!
Ma nessuno ha stima alcuna di tali mercanti! sono disprezzati dall’universale — non sono ammessi in alcuna società onorata.
Ma chi forma, signore, questo mercante? Chi è più biasimevole? L’uomo culto, educato, intelligente, che sostiene un sistema, di cui un tal mercante è l’effetto inevitabile, o il povero mercante stesso?
Voi create l’opinione pubblica che favorisce il suo commercio, che lo corrompe e lo avvilisce per modo che egli non ne sente nemmen più vergogna; e in ciò siete voi forse miglior di lui?
Voi siete educato, egli è ignorante; voi collocato in alto grado, ed egli in basso; voi culto, egli rozzo; voi potete vantare ingegno, egli ne è privo.
Nel giorno del giudizio finale, questi riguardi potranno mitigar la sentenza piuttosto per lui che per voi.
Nel chiudere la descrizione di questi piccoli inconvenienti di un commercio legale, preghiamo il nostro lettore a non volerne dedurre che i legislatori americani siano affatto spogli d’ogni umano sentimento, come per avventura potrebbe arguire, vedendo i grandi sforzi che essi fanno con modi governativi per proteggere e perpetuare questa specie di traffico.
Chi non sa come i nostri grandi uomini di Stato si spolmonino a declamare contro il commercio di schiavi esteri? Sorse tra noi un vero esercito di Clarkson e Wilbelforce, veramente, edificanti a sentirli perorare la causa dell’umanità. Far la tratta dei negri dall’Africa, caro mio lettore, è cosa orribile a pensarvi! ma farne poi tratta dal Kentucky — oh è perfettamente un altro paio di maniche!