La Zecca di Pontestura?
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La Zecca di Pontestura?
Il chiarissimo Dottore Solone Ambrosoli, oggi meritamente preposto al Medagliere Nazionale di Milano, nel pubblicare, l’anno 1881 (Como, coi tipi di Carlo Franchi), in splendida edizione, la serie delle zecche italiane rappresentate nella raccolta da lui allora posseduta, vi comprendeva al n. 23 anche Pontestura (Tav. I e II, n. 6), per una monetina attribuita a quella località dal valente numismatico Ernesto Maggiora-Vergano in una lettera Sopra due nuove zecche inedite al Comm. Filippo Marignoli, (Asti, 1873).
Prima che dal Maggiora-Vergano, la monetina suaccennata era stata posta in luce da Domenico Promis nella sua terza memoria di monete di zecche italiane inedite o corrette (Torino, 1871), così descrivendola alla pagina 10: «Da un lato chiuso in uno steccato formato di vimini un cervo coricato collo stemma aleramico pendente dal collo colle parole D • POTE — CIO • M • dall’altro lato, attorno ad una croce gigliata, evvi: TVAM • ADORAMVS • Pesa grani 10 o milligrammi 534, e pare quasi di puro rame».
L’illustre bibliotecario di S. M. il Re, in Torino, non aveva trovato dubbio ad assegnare quella monetina alla zecca di Casale, ed al marchese Guglielmo II (1494-1518), ritenendo le lettere D • POTE — CIO • M • una probabile abbreviazione del motto Dominus protectio mea che leggesi attorno ad un consimile cervo in testone di detto marchese pubblicato dal Morel Fatio (Revue belge de numismatique, 1860; Tav. XI, n. 6) e trovando nella anonima monetina la forma stessa delle lettere che si riscontra nelle monete battute sul finire del secolo XV dal marchese Guglielmo II, che introdusse in esse la figura del cervo fra i vimini, dippoi imitata da Giovanni Giorgio ultimo dei Paleologhi.
Favorito, al tempo della sua pubblicazione, di un esemplare della citata lettera dal compianto amico Maggiora-Vergano, io francamente gli manifestavo come avessi qualche difficoltà ad accettare l’aggiunta di Pontestura alla serie delle zecche italiane, per quanto la vedessi appoggiata alla interpretazione che da lui veniva fatta di un suo esemplare della monetina di cui trattasi, ove al diritto esso amava leggere GIOR — D • POT • per il che ne faceva attribuzione a Giovanni Giorgio Paleologo anzichè a Guglielmo II, ritenendo che fosse battuta per lo stesso personaggio avanti la sua elezione a marchese di Monferrato (1530-1533) nella sua residenza di Pontestura e per quel diritto personale di coniar moneta, che i Paleologhi amavano di vantare come successori della stirpe Aleramica di discendenza imperiale. La ben nota coscienziosa diligenza e l’esperimentato acume di Domenico Promis nel leggere e nello interpretare i caratteri delle monete medioevali, ed in ispecie di quelle del Piemonte, a me suggerivano di accogliere con prudente riserva l’avviso del Maggiora-Vergano, che la nostra monetina non avesse avuto da quel dottissimo numismatico, e maestro mio, la giusta sua interpretazione.
Nè mi sembrava troppo ben appoggiato l’asserto che il Giovanni Giorgio Paleologo, prima di essere marchese di Monferrato, avesse usato del diritto della moneta, per una nuova determinata località, quale sarebbe stata Pontestura.
D’altra parte al giusto criterio della forma dei caratteri, tutta propria del cadere del secolo XV rilevato da Promis, aggiungevasi la considerazione che la croce colla leggenda ADORAMVS TVAM era tipo affatto particolare a Guglielmo II, e da esso ripetutamente usato sulle monete, e che dopo di lui appare in un solo pezzo di Bonifacio II (1518-1530) e non più sulle monete di Giovanni Giorgio.
Alle mie osservazioni non replicava il Maggiora-Vergano, e quindi nella mia modesta collezione, i due esemplari, che vi stanno, della ripetuta monetina trovansi alla sede per loro stabilita da Promis, e quindi a Casale e pel marchese Guglielmo II.
Ora in questi ultimi giorni mi venne alle mani il primo Catalogo del Museo Civico di Como, che comprende la raccolta numismatica del Dott. Solone Ambrosoli da lui a quello donata con esemplare e generosa delicatezza, quando ebbe ad assumere l’attuale suo importante ufficio in Milano, e mi tornò ancora avanti al n. 31 la zecca di Pontestura rappresentata da tre esemplari della monetina pubblicata dal Promis, e da esso attribuita a Casale per Guglielmo II, e quindi da Maggiora-Vergano a Giovanni Giorgio con designazione appunto della località di Pontestura.
Mi trovai così condotto a riprendere le mie considerazioni sui due esemplari della contrastata monetina da me posseduti, e credo non inutile, trattandosi di attribuzione che fa ora la sua comparsa in una pubblica collezione, l’esporre le conclusioni, che, avuto anche riguardo alle premesse, dal canto mio sarei per fare nell’argomento, e che duolmi di non avere a tempo opportuno concretate e fatte conoscere all’egregio Ambrosoli, quando mi faceva gradito dono del già ricordato suo lavoro.
Premetterò che quanti esemplari ebbi a vedere di tale monetina, tutti li riscontrai più o meno guasti e corrosi, il che deve molto naturalmente verificarsi per essere pezzi sottilissimi e quasi di puro rame. Tale circostanza congiunta a qualche diversa disposizione delle lettere, offre buona ragione per spiegare la diversa lettura e la conseguente varia interpretazione della leggenda al diritto ove stà il cervo coricato, e le di cui corna la interrompono in diverso modo. Il primo dei miei esemplari abbastanza conservato ha chiara la leggenda: D • POT — CIO • M • Il secondo mancante di un pezzetto, ha però distintissime le lettere: D • POT • — ECIO • M. In ambedue quegli esemplari, come in quello di Promis, io ho fermata la mia attenzione su quella lettera M molto chiaramente scolpita, e divisa per un punto ben rilevato dall’O che la precede, la qual lettera non fu veduta da Maggiora-Vergano, o da esso scambiata, sostituendovi un’R. — Quella M infirmava la voluta attribuzione a Giovanni Giorgio non ancora marchese di Monferrato, epperò, secondo l’avviso di Maggiora, residente nel castello suo a Pontestura e non a Casale. — Assai notevole è poi nel secondo dei miei esemplari la lettera E evidentissima prima delle seguenti CIO, e da esse in nessun modo divisa, e che non può scambiarsi colla I veduta dal Maggiora-Vergano. — Che poi nelle lettere POT o POTE debba trovarsi abbreviata la denominazione del luogo di Pontestura, che negli antichi documenti indicasi con Pontisasturie (a. 1247), Pontesturee (a. 1197), o poco diversamente, può sembrare opinione alquanto azzardata, e che nelle sue deduzioni non debba forse trarre sufficiente appoggio dair antico possesso di quel luogo per parte dei Paleologhi di Monferrato. Come pure avrebbe avuto bisogno di qualche non agevole e però non dedotta dimostrazione il fatto, che Giovanni Giorgio, mentre in Casale stavano nel possesso del marchesato di Monferrato, prima Guglielmo II e poscia Bonifacio II suoi zii, si inducesse a battere moneta per proprio conto, ed in località affatto nuova e singolare.
Le esposte considerazioni nel loro complesso mi indurrebbero a ritenere che la monetina pubblicata da Promis e da Maggiora-Vergano, fosse dal primo di essi rettamente assegnata a Casale ed al marchese Guglielmo II. Escluderei pertanto dal novero delle zecche italiane Pontestura, che, se ammessa, sempre sulla fede del Maggiora-Vergano, nel pregievolissimo lavoro di Bibliografia numismatica dei fratelli Gnecchi (Milano, 1889), non trovai nominata nel Vade mecum del raccoglitore di monete italiane edito nel 1886 dai signori G. Bazzi e M. Santoni, ai quali però è sfuggita la leggenda DOMINVS PROTECTIO MEA portata distesamente dal testone di Guglielmo II, e che io, a seguito del Promis, troverei abbreviata nella monetina sulla quale mi sono trattenuto.