Leffe

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Fiorano al Serio Peia


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LEFFE.


A quattro km. da Fiorano, due da Gandino, sulla destra della strada «là, ove men ripido il giogo estolle» trovasi Leffe. Ha una superficie di Ettari 634 ed una popolazione [p. 42 modifica] di abitanti 2100. Ufficio postale proprio in luogo con ufficio telegrafi.

Il suo territorio in parte è coltivato e produce abbondantemente; nel rimanente è coperto di buoni pascoli, di castagneti e di boschi. Vi si trova della buona argilla che utilmente s’impiega nelle stoviglie e nei lavori figulini; è da notarsi singolarmente quella che si cava nel luogo detto Chiarita. Questa può reggere al confronto di quella di Vicenza. Il solo difetto che ha, si è di trovarsi talora ingombra d’ocria di ferro della quale non facilmente si può depurare1. Qui, e nei dintorni, il vasto deposito di lignite, di ottima qualità e della quale se ne faceva un grande uso prima che si popolarizzasse il litantrace, l’antracite ed altri carboni fossili2.

[p. 45 modifica]Bello, ammirando, qualche cosa di paradisiaco è un sereno mattino di primavera osservato da un punto qualunque di questo paese. I colli di S. Rocco, di Chiarita, di Prato del Colle ecco stenderglisi innanzi col pesco da’ suoi fiori [p. 46 modifica] bianco-rosati e il melo, e il pero, il susino, il mandorlo e l’albicocco, quasi tutti sposati all’arrampicante vite — qui il biancospino, qui il profumato giglio delle convalli, il modesto, ma pur vago ciclamino, il narciso, le primole e le viole sboccianti da [p. 47 modifica] tersissimo ammanto verde — vista alla quale il poeta non può trattenersi dall’esclamare:

«Stretta in un santo — amplesso d’amore
  Ride la terra — d’ogni colore.»

Ha acque abbondanti e saluberrime. Una fonte, denominata di Vitacut, a cui tutte le sere d’estate, ed il mattino anche, accorrono i conterrazzani «ha, come assevera l’egregio dottor Silvio Belotti, un’acqua diuretica, blanda, d’azione magnesiaca, consigliata da molti medici, perchè alla virtù di una vera acqua potabile, aggiunge i pregi di essere leggermente purgativa».

In una località detta Val-de’ côp, vi si trova un buon marmo bianco venato da non dispregiarsi (vedasi la piccola balaustrata all’altar maggiore della Chiesa di S. Rocco in Colle).

Arte. — Leffe da gran tempo, ha due chiese parrocchiali, la più antica, dedicata a S. Martino, l’altra a S. Michele, le quali sono officiate a vicenda, ambidue capaci di tutto il popolo. Il Parroco, tanto nelle carte di Roma, come in quelle del Governo Veneto, è sempre stato intitolato: Parochus Ecclesiarum parochialium invicem unitarium S.S. Martini et Michaeli.

La chiesa di S. Michele, fabbricata in principio dello scorso secolo, è veramente grandiosa. Le sue pitture più rimarchevoli sono: la Pala all’altar maggiore, opera del Brenta ed altro quadro della Scuola Bolognese; la Pala all’altare della Madonna del Rosario del Balestra; all’altare di S. Pietro il quadro del Segnaroli; la Pala all’altar di S. Stefano di buon pennello moderno; all’altar poi del Crocefisso, si ammira Cristo effigiato da eccellente Scultor Romano; siccome negli altri altari varii altri pezzi meritevoli di osservazione, fra i quali uno che ha per autore il nostro Fantoni. Ma forse ciò che più ammirazione merita e meno dà all’occhio di chi non ha molta cognizione dell’opera de’ nostri primarii pittori, sono certi piccoli quadri innicchiati ne’ ripartimenti delle orchestre presso il coro, i quali sono lavori preziosi del nostro Palma, il vecchio. La Statua veneratissima dell’Addolorata, vuolsi [p. 48 modifica] del Fantoni. Possiede questa Chiesa anco un prezioso tesoro di reliquie fra le quali quelle di S. Agnese, Vergine e Martire, pregevoli sì per ricchezza che per gusto artistico.

Quanto all’altra chiesa col titolo di S. Martino essa è posta in sito eminente (dalla piazza vi si ascende per una comoda scalinata riattata or sono due anni con non indifferente spesa e con buon gusto), grande essa pure e fornita di sette altari, adorni alcuni di essi d’opere di mano, o almeno, della scuola de’ celebri nostri Talpino, Cavagna e Zucchi.

Industria e commercio. — Rinomatissimo un giorno questo paese per le sue fabbriche di pannina e pel grande commercio che vi si tenne altra volta di tali prodotti, conserva tutt’ora degli ampii edifizii (ad esempio la Chiodera). Quand’era attiva l’escavazione della lignite vi dava molti ed abili operai. Da anni parecchi s’era intrapresa, con buon successo, ed ora ha preso molto sviluppo, la tessitura di coperte in genere; v’è una filanda di cotone idraulica, un torcitoio seta, fabbriche di laterizii importanti, eccellente forno per calce, molini per grano, ecc. ecc.

Vi si tengono due fiere annue: al 29 settembre (S. Michele) e all’11 novembre (S. Martino), ciascuna dura due giorni.

Scuole e beneficenza. — Tutte le classi elementari, un asilo infantile tenuto dalle monache nel loro antico e vasto fabbricato, già proprietà della famiglia de’ conti Mosconi — Ospitale con grosso reddito. Congregazione di Carità.

Uomini illustri o benemeriti. — Famiglia de’ Conti Mosconi, i quali, non meno che in patria signoreggiarono splendidamente in Verona ed in Germania ove ottennero onorificenze speciosissime.

I nobili fratelli Pezzoli d’Albertoni di Milano (di qui famiglia originaria) alla generosità dei quali si deve l’Ospitale degli infermi che lo fecero fabbricare verso il 1810 e lo fornirono pei primi d’un’annua entrata.

Il sac. Don Stefano Viani che lasciò locali e redditi per le scuole.

Ebbero pure quivi i natali molti altri uomini rinomati nella ecclesiastica carriera, nella pietà, nelle lettere e nella musica.

[p. 49 modifica]Memorie storiche. — Esiste negli Archivii Comunali di questo comune uno Statuto, composto di varii articoli, manoscritto su carta pecora che porta la data del 1479.

Leffe

Leffe.


Note

  1. Quest’argilla proviene dal disfacimento della roccia, breccia superficiale. Essa viene scavata da alcuni particolari del paese come oggetto di commercio. La scoperta di questa argilla, che è adoperata in Milano con ottimo esito nella manifattura della terraglia, e che si spaccia sotto il nome di Terra di Leffe, rimonta a un dipresso a cinquant’anni fa.
  2. Nella Cronaca di Roberto Parro (anno 1195) denominavansi tali ammassi coll’epiteto di: terra nigra ad focum faciendum optima (Vol. vii. Vet. Script. Coll. Martini).
    L’esistenza di questo combustibile, dicono i dotti in materia, conoscevasi da lungo tempo in Gandino, ma siccome nello Stato Veneto, come generalmente in tutta Italia, si facea poco conto di simili prodotti, è sempre stato negletto. Il sig. Maironi da Ponte ne avea già spediti alcuni saggi alla Società Patriottica di Milano e prima ne avea parlato nella sua Dissertazione sulla Storia Naturale del Bergamasco.
    Il primo che siasi avvisato di trarne profitto fu un particolare di Vertova G. B. Rossi, il quale avendone adocchiato uno straterello nel Comune di Cazzano, in un luogo detto il Campone, ottenne nel 1804 dalla Prefettura di Bergamo la permissione di scavarlo. Nell’anno stesso un Lorenzo Salvetti discoperse la medesima sostanza presso Leffe, nella così detta Contrada delle Corna, lo che determinò i sig. Monti di Milano ed il francese sig. Treil a chiederne, con intelligenza dello scopritore, l’investitura che fu loro accordata in via provvisoria per tre anni e nell’estensione di sei miglia quadrate....
    La Compagnia ottenne nel 1806 un’investitura più ampia e le operazioni si sono con fervore continuate...

    (Da una Memoria di G. Brocchi.)

    In illo tempore fuvvi un lago in Valgandino?!..

    Il succitato G. Brocchi, troppo immaturamente rapito alle scienze naturali che sì appassionatamente coltivava, in una dotta memoria, parlando della lignite di Valgandino — come siansi formati questi depositi e bitumizzanti, ecc. ecc. — passa in rassegna la struttura del suolo delle valli inserite nelle catene di monti che conformano la pianura di Lombardia dal Ticino al Mincio. Dimostrato come questa struttura del suolo sia favorevole alla formazione dei laghi, fa centro nella Valle Gandino e numerizza tutti i laghi che esistono, da quello di Endine in Val Cavallinan 1 giù giù dai maggiori sino ai minori di Pusiano, di Olginate, di Alserio, di Montorfano, ecc. e conchiude domandandosi:
    «Saranno esse state le acque del mare, o quelle piuttosto di uno stagno, di un lago? La questione è sul fatto decisa dalle conchiglie che vi esistono ancora e che appartengono tutte a specie lacustre
    E, dopo aver descritte la natura delle conchiglie ivi rinvenute, continua: «Ciò null’ostante l’esistenza di un lago in Valle Gandino sarebbe ancora assai problematica e congetturale se non si potesse dimostrare con prove più dirette, e queste si ricavano dalla forma della vallata. Risguardando dall’alto il piano di Gandino si scorge difatti essere stato il bacino di un gran serbatoio d’acqua, circondato tutto all’intorno e senza interruzione da monti eccetto che dal lato di ponente dove comunica colla Valle Seriana per via di una stretta gola. Questo bacino è circoscritto verso tramontana e levante dalle montagne di Farno, Pergale, Guasa, Campo di E. e Pizzo di Rasa, oppure prendendo punti meno elevati «dall’agro di Casnigo, dalle eminenze di Cazzano, Barzizza, Cerano e Peia: lungo la plaga di mezzogiorno e ponente dai colli di S. Rocco, Chiarita e Prato di Colle.» Le acque che alimentavano questo lago provenivano dal Re, dal Concossola, dal fiumicello di Cazzano e l’argine che le conteneva è stato rotto fra la punta dell’agro di Casnigo e quello di Prato di Colle dove s’apre attualmente la strada per cui vanno a confluire nel Serio (Molino di Mergarolo). L’attuale Leffe ne dovea dunque essere il fondo massimo.
    Altrove il succitato scrittore dice: «Il naturalista che visita le miniere di Valgandino e che discendendo in quegli spaziosi sotterranei trovasi racchiuso in un grande ammasso di combustibile fossile, che non sa indovinare tampoco a quanta profondità si estenda sotto i suoi piedi, si sente stimolato dalla curiosità di conoscerne l’origine e la natura, e qualora ravvisa non essere altro che un vasto deposito di avanzi di esseri organici, di piante che vegetavano un tempo all’aprico, di alberi che costituivano estese foreste nei monti circonvicini, l’immaginazione tosto ricorre alle strepitose catastrofin 2 che avranno accompagnato questo avvenimento ed alla serie d’anni che sarà trascorsa perchè la mano lenta del tempo e l’influenza degli agenti chimici abbia potuto così diversamente modificare queste sostanze ed appropriare con una graduata metamorfosi ad un regno della natura le produzioni di un altron 3.

  1. Trovasi al di là di Leffe a piè del versante sud del monte Quaranta e monte Croce; quasi al medesimo livello.
  2. Ciò che ragionevolmente (a primo aspetto) appoggerebbe la formazione di un tale ammasso alla forza immane di qualche catastrofe meteorica, si è la cronaca manoscritta di Frate Jacopo da Agni, vissuto alla metà del secolo XIII, posseduta dalla Biblioteca Ambrosiana, dimostrando essa che ai tempi di S. Gregorio Magno fuvvi una tale innondazione per cui le acque asportarono intiere selve in tutto il piano Lombardo.
  3. Ecco come si presentano questi banchi di lignite:
    1.° Argilla bianchiccia saponacea mista a conchiglie indigene.
    2.° Strati legnosi formati di larice, indi dei banchi di noce ne’ quali tratto tratto osservansi i frutti.
    3.° Il letto che serve di base alla lignite è parimenti argilloso piuttosto consistente perchè frammisto a sabbia miacea.

    NB. Non è poi raro il rinvenimento di ossa fossili, tibie, mandibole, denti che si vogliono avanzi elefantini. Lo scheletro di un mastodonte che si conserva al Museo di Storia Naturale a Milano, fu rinvenuto appunto negli scavi di Leffe, se la memoria non ci fa difetto, nel luglio del 1868.