La Gemma del Fiume Rosso/11. Le Sette Isole dei pirati
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Le Sette Isole dei pirati
Alla sera la giunca di Kin-Lung, che in quel frattempo era stata rimessa a galla dai marinai che non avevano preso parte alla spedizione, lasciava le isole, portando con sé Sun-Pao, Sai-Sing e tutti gli altri.
Kin-Lung aveva mantenuto la sua parola; anzi, per dare a Sun-Pao una prova della sua perfetta riconciliazione col suo fratello d’armi, gli aveva perfino affidato il comando e la direzione della nave.
Non era la prima volta d’altronde che i due capi, per rivalità o per diversità di vedute, erano venuti alle mani sulle loro stesse isole, spingendo i loro uomini gli uni contro gli altri, ma poi erano sempre tornati, se non veramente amici, nuovamente alleati.
Non vi era ormai da sperare che i loro rancori si fossero spenti.
Non era che una tregua, la quale doveva finire ben presto, quella che si erano accordata reciprocamente a causa degli avvenimenti; tregua che doveva spezzarsi appena che il grande tha-ybu si fosse pronunciato sulla sorte della Gemma del Fiume Rosso, giacché entrambi l’amavano troppo per rassegnarsi a perderla.
Sai-Sing, affranta da tante emozioni, appena salita a bordo, si era ritirata assieme a Man-Sciù nella cabina assegnatale da Kin-Lung.
I due capi invece erano rimasti in coperta con gli uomini di guardia, seduti presso il timone.
Tacevano entrambi, ma parevano assai preoccupati, quantunque nessun pericolo minacciasse la giunca, giacché il mare era tranquillo, la notte splendida ed il vento favorevole.
L’isola di Pulo Condor era già scomparsa sotto l’orizzonte e la luna cominciava a sorgere, facendo scintillare la spuma delle onde, quando Sun-Pao, che pareva impaziente di esprimere il pensiero che lo turbava, chiese a bruciapelo a Kin-Lung:
– Ed ora che cosa faremo di Lin-Kai?
Un sorriso crudele aveva sfiorato le labbra del capo delle Bandiere Nere.
– È necessario farlo scomparire – proseguì Sun-Pao. – Se Sai-Sing sapesse che vive tutt’ora ci rifiuterebbe entrambi.
– Credi tu che io sia stato così sciocco da non occuparmi di lui prima della nostra partenza dalle isole? – disse Kin-Lung. – Io ho pensato che la morte era ben più sicura del liquore che fa impazzire.
– L’hai ucciso? – chiese Sun-Pao.
– Io non ho avuto il coraggio di macchiarmi le mani del sangue di quel valoroso – rispose Kin-Lung. – Se Sai-Sing un giorno avesse potuto saperlo, mi avrebbe odiato troppo.
– Allora è ancora vivo!...
– Ah! Di questo non sono certo, ma che a quest’ora sia presso l’orlo della tomba non ne dubito.
– Spiegati, Kin-Lung.
– A tua insaputa io l’ho fatto condurre in un luogo deserto, incassato fra roccie altissime, conosciuto solo da me e dai suoi guardiani, ai quali ho lasciato l’ordine di privarlo completamente di ogni cibo.
Sono trascorsi ormai cinque giorni, quindi, se non è morto di fame e di sete, deve essere ridotto in tale stato da non aver più speranza di tornare indietro. Come vedi, io sono stato più prudente di te.
– Avranno eseguito i tuoi ordini quegli uomini? – chiese Sun-Pao.
– Mi sono devoti e poi sanno che non ischerzo con coloro che non mi obbediscono.
– Non si saranno accorti nel villaggio della scomparsa di Lin-Kai?
– Ho avuto la precauzione di far spargere la voce che il pazzo, in un momento di esaltazione, si era gettato in acqua e che un pescecane lo aveva divorato.
– E se, malgrado il lungo digiuno, fosse ancora vivo? – chiese Sun-Pao.
– Darò ordine ai miei uomini di affrettarne la morte. Una corda al collo con una pesante pietra basta per non uscire mai più dagli abissi del mare.
– Ho un timore però.
– E quale?
– Che un giorno quei due uomini possano tradire il segreto.
Un ghigno atroce contorse le labbra di Kin-Lung.
– Ti inquieti, tu?
– Sì, un po’.
– Ed io no, perché dopo Lin-Kai sopprimerò anche loro, così il segreto non sarà conosciuto che da noi due soli.
– E se uno di noi parlasse?
– Quando il tha-ybu avrà pronunciato la sorte di Sai-Sing, non ci sarà sulle nostre isole che un solo capo e una sola tribù: o Bandiere Gialle o Bandiere Nere. La Gemma del Fiume Rosso non può essere la regina d’entrambe.
– Ciò vuol dire che se io sarò il fortunato, tu farai il possibile per uccidermi.
– E tu? – chiese Kin-Lung con un sorriso beffardo. – Che cosa faresti se la scelta cadesse su di me?
– Farei altrettanto – rispose Sun-Pao con accento risoluto.
– Sta bene – disse Kin-Lung, alzandosi. – Io sarò pronto, come lo saranno pure le mie Bandiere Nere.
Lasciò Sun-Pao e si diresse verso prora, guardando attentamente verso il sud.
La giunca, spinta da una fresca brezza, si avanzava rapidamente, lasciando dietro di sé una scia spumeggiante che pareva un lungo getto d’argento.
Le sue immense vele, enormemente gonfie, crepitavano mentre il vento gemeva su diversi toni.
Nessuna vela appariva sull’immensità del mare. Solo talvolta si vedevano dei mostruosi squali che mostravano le loro enormi bocche fosforescenti.
Al mattino, verso il sud, fu segnalato un gruppo d’isole. Erano sette, situate l’una a breve distanza dall’altra, e disposte in forma di semicerchio.
Al grido di «terra in vista», Sai-Sing, che erasi già alzata, comparve in coperta accompagnata da Man-Sciù.
Era più bella che mai, fresca come un botton di rosa appena sbocciato, ma sempre fredda ed impassibile come una statua di marmo.
– Le isole delle Bandiere Gialle e Nere – le disse Ong che era anche lui salito sul ponte. – Ecco il tuo futuro regno, Gemma del Fiume Rosso.
Sai-Sing mandò un profondo sospiro.
– Lo rivedrò? – mormorò con voce tremante.
– Lo rivedrai – rispose Ong.
– E se l’avessero ucciso? – chiese la fanciulla con profonda angoscia.
– Il giorno innanzi che lasciassi le isole, l’ho veduto coi miei occhi, seduto sulla spiaggia.
– Che cosa faceva?
– Giuocava con delle conchiglie come se fosse un fanciullo.
– I miserabili – mormorò Sai-Sing, mentre un’ondata di sangue le saliva al capo imporporandole le gote. – Ed essi sperano che io divenga la moglie dell’uno o dell’altro!... E non sospettano...
Si era interrotta bruscamente, vedendo Sun-Pao lasciare il timone ad un marinaio e accostarsi a lei.
– Le nostre terre – disse mostrando le isole. – Le vedi, Sai-Sing? Quello sarà il tuo regno.
La fanciulla, che aveva riacquistato prontamente la sua solita impassibilità, fece col capo un cenno affermativo.
Poi si avviò lentamente verso prora, fissando il suo sguardo sulle Sette Isole che parevano emergere dalle acque, che il sole, sorto appena allora, faceva già scintillare.
– Quali sono le tue? – chiese a Sun-Pao che l’aveva seguìta.
– Quelle che si estendono verso levante.
– Quante ne possiedi?
– Tre. E Kin-Lung altrettante.
– E la settima?
– È di entrambi e sarà su quella che noi ti condurremo, anche perché è là che si trova il grande tha-ybu che dovrà decidere la tua sorte. A chi sarà favorevole? A me od a Kin-Lung? Ah! Vorrei ben saperlo presto.
La fanciulla non aveva risposto. Guardava l’isola di mezzo, che pareva la più vasta e si profilava meglio delle altre, sormontata da una montagna altissima rivestita di boscaglie verdeggianti.
Sulla spiaggia si scorgevano numerose capanne, alcune casette di stile tonchinese con verande, terrazze e colonnati di legno variopinti, poi dei bastioni e, entro una piccola rada, numerose giunche sulle cui antenne e sui cui alberi sventolavano bandiere nere e gialle.
– Il giorno in cui il tha-ybu si sarà pronunciato tutte le Sette Isole saranno tue – disse Sun-Pao, dopo un lungo silenzio – poiché allora non vi sarà che un solo capo, come non vi sarà che una sola regina.
– Perché? – chiese Sai-Sing, quasi distrattamente.
– Perché o Sun-Pao o Kin-Lung non saranno più nel numero dei viventi. Solo a questa condizione, entrambi abbiamo accettato di agire insieme e di unire le nostre forze per recarci da te. A chi darai la preferenza, Gemma del Fiume Rosso? Kin-Lung è più vecchio di me, più brutto e la sua ferocia è proverbiale. Rifiutalo e m’incarico io di dargli il suo conto.
– E se nella lotta tu rimanessi ucciso? – chiese la fanciulla.
Un lampo sanguigno passò sugli occhi di Sun-Pao.
– Sarà Kin-Lung che soccomberà – disse poi.
– Si dice che sia più valente e più forte di te nelle pugne.
– Si dice anche che io sono più astuto – disse Sun-Pao.
– Allora, trami qualche cosa contro il tuo rivale.
Sun-Pao alzò le spalle eludendo la risposta, poi, indicando l’isola di mezzo, disse:
– Andremo là a gettare le ancore.
I marinai avevano abbassato le vele, per evitare i numerosi scogli che si vedevano sorgere in gran numero dinanzi alle isole, ed avevano preso i remi per meglio dirigersi.
La giunca s’accostava ad una profonda rada, sulle cui rive si scorgevano alcune abitazioni. L’allarme erasi sparso fra gli isolani e nella rada si erano radunate numerose barche piene di guerrieri, accorse anche dalle isole vicine.
Avevano già scorto sulla giunca di Sun-Pao la Gemma del Fiume Rosso che si teneva ritta sulla prora e la salutavano da lungi, gridando a squarciagola:
– Salute alla regina delle isole!
Sbarcati sulla spiaggia, i due capi, tornati per un momento nuovamente amici, condussero la fanciulla nella più bella abitazione del villaggio, una casa in forma di piramide, con colonnati di legno dipinti in rosso e bellissime verande adorne di fiori.
– Sei sulla tua terra – disse Sun-Pao. – Non avrai che da comandare e tutti qui ti obbediremo.
– A quando la tua decisione? – aveva invece chiesto Kin-Lung, che era meno paziente. – Il tha-ybu è qua.
– Desidero che gli concediate qualche giorno onde interroghi gli astri – rispose la Gemma del Fiume Rosso. – Il mio destino è nelle mani di Gautama e tocca a lui decidere se io spetterò al capo delle Bandiere Nere o a quello delle Bandiere Gialle.
Kin-Lung fece una smorfia mentre Sun-Pao faceva un gesto di stizza.
– Il tha-ybu potrebbe accontentarsi d’una sola notte – disse il primo, lanciando a Sun-Pao uno sguardo significativo.
– Lo Spirito Marino mi ha parlato – rispose Sai-Sing con voce risoluta – ed io gli obbedirò.
I due capi, comprendendo che non avrebbero potuto ottenere di più, s’inchinarono dinanzi alla fanciulla e uscirono molto di cattivo umore.
– Occupiamoci subito di Lin-Kai – disse Sun-Pao, quando si trovarono lungi dalla casa. – Non sono più tranquillo, e non lo sarò mai, finché quell’uomo vive.
– Sì – rispose Kin-Lung. – Se non è ancora morto, affrettiamoci a farlo scomparire. Se la vecchia strega sapesse che egli si trova qui e che è vivo, Sai-Sing non accetterebbe mai di diventare la regina delle isole.
– Il mare è profondo e le pietre non mancano sulle nostre spiagge – disse Sun-Pao, con un sorriso feroce. – Chi c’impedirà di lanciarlo negli abissi. Il tha-ybu non indovinerà mai chi l’avrà assassinato.
– Io sono deciso a tutto. Mentre vado ad armare una scialuppa, tu va’ a collocare degli uomini alla casa di Sai-Sing, onde non possa comunicare con nessuno.
Si separarono. Kin-Lung discese verso la spiaggia, dove numerose scialuppe si trovavano arenate sulla sabbia. Gettò un paio di remi su di una e attese che Sun-Pao lo raggiungesse.
Il suo volto si era fatto cupo e un sorriso satanico gli errava sulle labbra, mentre guardava il mare come per scandagliarne la profondità.
Quando vide giungere Sun-Pao, atteggiò le sue labbra ad un sorriso, dicendo:
– Partiamo: ho veduto i pescicani a fior d’acqua. Faranno un solo boccone di Lin-Kai.
Entrarono sulla scialuppa, presero i remi e si allontanarono verso oriente, remando con forza. Si tenevano entrambi ad una certa distanza l’uno dall’altro e remavano di fronte, come se avessero paura e non si fidassero di volgersi le spalle; entrambi stavano in guardia e non si staccavano di dosso gli sguardi.
Avevano ragione di diffidare giacché lo stesso pensiero turbava entrambi. L’idea di sbarazzarsi dell’avversario si era radicata nei loro cuori e si spiavano, pronti ad approfittare del minimo incidente.
Ed il momento non era mal scelto: se l’uno o l’altro fosse stato precipitato improvvisamente in acqua, non si sarebbe di certo salvato.
Enormi pescicani apparivano di quando in quando attorno alla scialuppa, seguendola ostinatamente e mostrando le loro enormi gole, armate di denti piatti e mobili, pronti a tagliare in due la preda.
Anzi più d’uno era venuto a fregare il muso contro la barca, provandosi a spingerla, ed i due capi erano stati costretti ad allontanarlo a colpi di remo, quantunque l’imbarcazione, scavata nel pesante tronco d’un piccolo tek, non corresse il pericolo di poter venire rovesciata.
Dopo due ore Sun-Pao e Kin-Lung giungevano dinanzi ad una piccola insenatura che era fiancheggiata da scogliere altissime. Anche la riva era molto alta e dirupata e vi si poteva accedere solamente per mezzo d’una gradinata scavata nel vivo masso.
Era in quel luogo solitario che Kin-Lung aveva relegato il povero fidanzato della Gemma del Fiume Rosso.
Assicurata la barca alla punta di uno scoglio e armatisi delle loro scimitarre, i due capi salirono la scala, raggiungendo una minuscola pianura ombreggiata da banani e da piante di betel e di cocchi.
Appena giunti lassù, i due capi si erano fermati, guardando con un certo terrore una banda di uccelli rapaci, che svolazzavano schiamazzando al di sopra di una capannuccia di tronchi d’albero col tetto coperto di foglie.
– Che cosa fanno qui questi volatili? – si domandò Sun-Pao, guardando Kin-Lung, che si era fatto pallido.
– Non senti questo odore? – chiese Kin-Lung.
– È di carne corrotta.
– Che Lin-Kai sia già morto?
– Ed i due guardiani che avevi incaricato di sorvegliarlo dove sono?
– Io non li vedo – rispose Kin-Lung.
– Che durante la nostra assenza siano fuggiti col pazzo?
– Non lo crederei mai; erano uomini fidati.
– Andiamo alla capanna.
S’avanzarono lentamente e guardinghi, tenendo le scimitarre in pugno, spaventati dal silenzio che regnava sotto le piante. L’odore nauseabondo, che Kin-Lung aveva avvertito pel primo, aumentava di passo in passo che si accostavano alla capanna.
Ad un tratto si fermarono, mandando un grido di stupore e anche di rabbia.
Due uomini giacevano sotto un banano, colle vesti a brandelli ed il viso ormai scarnificato dal becco degli uccelli rapaci. Entrambi avevano conficcato nel petto un pugnale, simile a quello usato dai malesi, a lama serpeggiante.
– I miei uomini! – esclamò Kin-Lung, con terrore. – Sono stati assassinati!
– E Lin-Kai? – chiese Sun-Pao.
Si slanciarono nella capanna: era deserta. Si vedevano però le tracce di una violenta lotta.
Le scranne giacevano al suolo, la tavola era rovesciata, i cuscini che servivano da letto al pazzo erano dispersi e macchiati di sangue.
I due banditi si erano guardati l’un l’altro, con spavento.
– Che Lin-Kai sia fuggito dopo d’aver assassinato i suoi guardiani? – chiese Sun-Pao.
– Un uomo che ha bevuto il filtro rosso perde le sue forze e rimane inebetito – rispose Kin-Lung. – Da solo non avrebbe potuto uccidere questi due guerrieri, che erano valorosi e robusti. Qualcuno deve averlo aiutato.
– E chi? Nelle nostre isole non vi sono che Bandiere Nere e Gialle e sono devote. Come spiegare la sua scomparsa? E poi da qual parte vorresti che fosse fuggito? Questa piccola pianura è tutta circondata da rocce, che nessuno, nemmeno una scimmia, potrebbe scalare.
– I suoi salvatori saranno venuti dal mare.
– Nessuno sapeva che Lin-Kai era qua? – chiese Sun-Pao.
– Ti ho detto nessuno.
– Se un giorno comparisse dinanzi alla Gemma del Fiume Rosso?
– Facciamo il giro della pianura. Può darsi che troviamo qualche traccia degli uomini che lo hanno portato via.
Si spinsero sotto le piante, allargando sempre più le loro ricerche, finché giunsero all’estremità della piccola pianura, la quale, come abbiamo detto, era limitata da ammassi di rupi altissime che non potevano offrire alcuna scalata.
Non avendo trovato nulla, tornarono verso la spiaggia che perlustrarono da una estremità all’altra delle scogliere. Stavano per perdere ogni speranza di poter scoprire qualche indizio che spiegasse loro quella inesplicabile scomparsa del pazzo, quando in fondo ad una insenatura videro un cappello di fibre di cocco intrecciate con foglie, in forma di fungo e che ben conoscevano.
– È quello che portava Lin-Kai – disse Kin-Lung.
– Sì, è un cappello tonchinese – esclamò Sun-Pao.
Si calarono sulla spiaggia e, oltre il cappello, scoprirono poco lungi un paio di calzoncini di seta gialla ed una fascia di seta rossa, che penzolava da una scogliera.
Anche quelli avevano appartenuto a Lin-Kai ed i due capi ben se lo ricordavano.
– Il pazzo si è annegato ed i pescicani lo hanno divorato – disse Kin-Lung. – Già la sua morte era decretata.
– Allora sarà stato lui l’uccisore dei due guardiani.
– Non ne ho alcun dubbio – rispose Kin-Lung. – In un accesso di furore deve averli colpiti, forse a tradimento, mentre si riposavano nella caverna, poi deve essersi precipitato in mare. Ciò ci risparmia un delitto di più.
E soddisfatti di quello scioglimento inatteso, i due banditi si imbarcarono senza più preoccuparsi dei due cadaveri, sui quali erano già tornati a piombare gli uccelli rapaci.