La Gemma del Fiume Rosso/10. Un combattimento feroce

10. Un combattimento feroce

../9. Il rifugio degli isolani ../11. Le Sette Isole dei pirati IncludiIntestazione 10 gennaio 2017 75% Da definire

9. Il rifugio degli isolani 11. Le Sette Isole dei pirati

Un combattimento feroce


Kin-Lung, furioso di aver perduto tre uomini ancora prima di aver cominciato l’assalto, aveva dato l’ordine alle sue Bandiere Nere di gettarsi a terra, onde non si esponessero alle frecce avvelenate degli isolani che non erano meno pericolose dei colpi di fucile di Ong e del suo rivale.

Quando li vide tutti coricati dietro ai cespugli ed ai macigni ond’era sparso il declivio della collina, diede ordine di avanzarsi strisciando, proteggendosi con un fuoco incessante.

Sun-Pao, accortosi di quella manovra, aveva subito compreso che sarebbe stato più prudente ripararsi nella caverna, dove almeno egli ed i suoi alleati sarebbero stati interamente al coperto dai colpi di fucile dei loro avversari.

Le Bandiere Nere, già irritate non meno del loro capo per le perdite subite, avevano cominciato a sparare furiosamente, mirando il margine dello scavo, onde impedire alle due Bandiere Gialle ed ai loro alleati di mostrarsi.

Le palle fioccavano così fitte che Sun-Pao, spaventato, aveva dato ordine ai suoi compagni di non mostrarsi.

– Ci conviene rifugiarci nella caverna – disse al capo degli isolani. – Noi non potremo resistere a lungo qui.

– Pare anche a me – rispose il selvaggio che aveva già lanciato invano tre frecce. – Dietro alle massicce pareti della spelonca noi potremo tener testa ai tuoi nemici per lungo tempo.

– E se riuscissero a forzare il passaggio ed entrare? – chiese Sun-Pao, le cui inquietudini aumentavano.

– Vi è la pietra all’estremità della galleria. Con una vigorosa spinta la faremo scivolare e nessuno potrà più entrare nella caverna.

– Ma rimarremo prigionieri e morremo di fame e di sete non avendo né viveri né acqua.

– Ti ho detto che la caverna ha due uscite.

– Allora ritiriamoci prima che i miei nemici giungano qui.

Approfittando del momento in cui il fuoco delle Bandiere Nere rallentava, Sun-Pao, Ong ed i quattro isolani abbandonarono rapidamente quella specie di trincea e si ripararono nella caverna.

I pirati di Kin-Lung, vedendoli slanciarsi attraverso la fessura, li avevano salutati con una scarica, ma era troppo tardi.

Gli assaliti attraversarono di corsa il corridoio e giunsero nella prima caverna. Sai-Sing, sempre seduta sulla roccia, vedendoli entrare si era alzata.

– Giungono? – chiese.

– Sì – rispose Sun-Pao – e fra poco saranno qui, se noi non chiudiamo il passaggio.

– Fa’ ciò che meglio ti piace, quantunque cominci a dubitare che tu possa sfuggire al tuo rivale.

– Lo ucciderò – gridò Sun-Pao con voce fremente. – Non sono un fanciullo, io. Amici, aiutatemi e chiudiamo il passaggio.

Ong ed i quattro isolani si erano precipitati verso l’enorme macigno, spingendolo furiosamente.

Essendo quasi rotondo, dopo tre o quattro scosse, cominciò a rotolare nella galleria e andò a urtare contro la spaccatura con fragore infernale, chiudendola ermeticamente.

La galleria era in salita ed il peso del macigno era tale, che nessuna forza umana sarebbe stata capace di farlo risalire.

– Ora – disse Sun-Pao, volgendosi verso il capo-guida, – all’altra uscita. Mentre i miei nemici perderanno il loro tempo a respingere quel masso, noi ci salveremo nella foresta.

– Seguitemi – disse l’isolano.

Si diresse prima verso un vano e levò da un nascondiglio alcuni rami resinosi.

– Viene qualche volta abitata questa caverna? – chiese Sun-Pao. – Quelle torce vegetali non si saranno nascoste lì da loro.

– La mia tribù vi si rifugiava quando sbarcavano i pirati cinesi per provvedersi d’acqua e di frutta – rispose il capo.

Accese uno di quei rami che bruciava quasi come una candela, tanto era saturo di resina, e attraversata la prima caverna entrò in una seconda che era così spaziosa da non poterne scorgere l’estremità opposta.

Delle enormi colonne sostenevano di tratto in tratto la volta e presso la parete di destra si udiva gorgogliare un torrentello.

Il capo, che doveva conoscere quella caverna a menadito, continuò ad inoltrarsi per una ventina di minuti, spezzando di quando in quando delle meravigliose stalagmiti che ingombravano il passaggio e giunse in una terza caverna un po’ più piccola e che si restringeva rapidamente.

Anche quella, come la prima, era illuminata da un raggio di luce che penetrava attraverso uno squarcio della vôlta.

Giunti all’estremità il capo si cacciò in un corridoio, ma fatti pochi passi s’arrestò mandando un grido di collera.

– Hai calpestato qualche serpente? – chiese Sun-Pao estraendo la scimitarra.

– L’avrei preferito – rispose l’isolano.

– Insomma che cos’hai?

– Ho che l’uscita è stata turata e che noi siamo prigionieri.

Un’orribile imprecazione sfuggì dalle labbra del capo delle Bandiere Gialle.

– È impossibile! – esclamò.

– Guarda.

L’isolano si spinse fino all’estremità della galleria e gli mostrò un masso enorme che chiudeva un’apertura.

– Chi può averci rinchiusi? – chiese Sun-Pao con voce furente.

– Non lo so.

– Saranno stati i miei nemici?

– Non è ammissibile che possano esser giunti fin qui. O questo masso si è staccato accidentalmente e rotolando dalla collina è venuto qui a cadere, o altri isolani ve l’hanno collocato.

– Che crepino quegli stupidi! – gridò Sun-Pao. – Proviamo a scuoterlo.

I sei uomini si appoggiarono tutti contro il masso, spingendolo con tutte le loro forze, ma non riuscirono che a farlo brevemente oscillare.

Delle pietre, dei rottami, ostacolavano certo la discesa di quel blocco di roccia.

– Rinchiusi!... Sepolti vivi!... – esclamò Sun-Pao che si sentiva bagnare la fronte da un freddo sudore.

Uno spaventevole scoppio d’ira lo prese. Per cinque minuti il pirata vomitò una sequela di maledizioni finché, senza fiato, tacque.

I quattro isolani, stupiti da quello scoppio intenso di rabbia, non avevano osato parlare. Anche Sai-Sing non aveva aperto bocca.

Il pirata, appena un po’ calmato, si accinse a studiare il mezzo di uscire da quella tenebrosa prigione, dove potevano correre il pericolo di morire di fame, non avendo avuto la precauzione di fornirsi di viveri.

Dopo aver girato come un orso in gabbia, esplorando tutti gli angoli della galleria e dell’ultima caverna, ed aver nuovamente tentato di scuotere la roccia, si lasciò cadere su di un macigno, in preda ad una prostrazione che non si sarebbe creduta possibile in un uomo di quella tempra.

– Ebbene, capo, che cosa decidi? – chiese quasi timidamente Ong. – Lascerai tu morire qui, in questa caverna, la Gemma del Fiume Rosso?

– Che vuoi che ti dica? – rispose Sun-Pao gettando sulla fanciulla, che conservava la sua consueta impassibilità, uno sguardo disperato. – Sono come imbecillito e, se mi fosse possibile dare una parte del mio sangue per salvare la fanciulla del Fiume Rosso, non esiterei.

– Cerchiamo: forse potremo trovare qualche altra apertura.

– Capo – disse Sun-Pao alzandosi bruscamente e volgendosi verso l’isolano che rimaneva silenzioso, appoggiato verso la parete. – Sei ben certo che non esista alcun altro foro?

– Non ve ne sono – rispose l’isolano.

– Allora non ci rimane che intaccare questa roccia colle nostre scimitarre e cercare di sgretolarla.

– Non sarebbe più facile smuovere l’altra, quella che abbiamo fatto rotolare? – chiese Ong.

– Là vi è Kin-Lung e cadremmo subito nelle sue mani – disse Sun-Pao. – Al lavoro! Se fra quarant’otto ore non saremo riusciti, sarà la morte per tutti.

I sei uomini, stimolati dalla speranza di poter rivedere la luce del sole, tornarono ad attaccare con vigore il monolito che ostruiva l’uscita.

Il risultato parve sul principio abbastanza soddisfacente. Per alcuni minuti le pesanti scimitarre delle due Bandiere Gialle percossero gli angoli del masso, ma ben presto cominciarono a smussarsi e rimbalzare sprizzando scintille.

La roccia, che dapprima pareva fragile, possedeva invece una durezza da sfidare lo stesso acciaio.

Sarebbe stata necessaria una mina per farla saltare.

Sun-Pao, vedendo l’inutilità di quegli sforzi, cominciava a sentirsi gelare il sangue.

Provarono, invece di spingerla, a ritirare la roccia nella galleria ed anche quel tentativo riuscì vano.

Sun-Pao, completamente scoraggiato, lasciò cadere la scimitarra e guardò con smarrimento Sai-Sing.

La fanciulla aveva assistito a quegli sforzi senza dir nulla. Appoggiata alla parete, colle braccia strette sul petto, conservava un’impassibilità strana che contrastava vivamente coll’angoscia dipinta sul viso dei suoi compagni.

– A che pensi, Sai-Sing? – chiese Sun-Pao. – Non ti spaventa dunque l’idea di morire qui?

La fanciulla alzò i suoi begli occhi e fissò il pirata senza rispondere.

Ma una fiamma sinistra le brillava nelle pupille. Che l’idea di poter morire assieme all’uomo che le aveva fatto impazzire l’amante le sorridesse?

– Parla, Sai-Sing – disse Sun-Pao. – Che cosa ci consigli di fare? Arrenderci a Kin-Lung?

– Fa’ quello che vuoi – rispose la fanciulla. – Morire qui o altrove che cosa m’importa?

– Allora tu mi ami! – gridò Sun-Pao.

– Non ho ancora detto di amare più te che Kin-Lung, è il destino che deve decidere.

Il quel momento il capo degli isolani, che si era allontanato dirigendosi verso l’ultima caverna, ricomparve nella galleria dicendo a Sun-Pao:

– Sai che l’acqua non scorre più nel fossato della caverna centrale?

– Chi può aver deviato quel torrentello? – chiese Sun-Pao.

– Saranno stati i tuoi nemici colla speranza di farti morire di sete.

– Dove sboccava quel ruscello?

– Non lo so.

– Nemmeno da dove veniva?

– No.

– Che i miei nemici abbiano scoperto l’entrata e che cerchino di giungere qui?

– Sarebbe meglio accertarsene – rispose l’isolano.

– Guidami.

Sun-Pao prese il suo fucile, chiamò Ong, che cercava invano d’intaccare il masso di pietra, e tutti e due seguirono il capo, che aveva acceso un’altra torcia.

Dopo un quarto d’ora giungevano nella caverna centrale, fermandosi sul margine del torrente, il quale poco prima scorreva in una profonda escavazione.

– Forse possiamo trovare qui la nostra salvezza – disse Sun-Pao – giacché in conclusione quest’acqua doveva penetrare per un’apertura e uscire dall’altra.

– Seguiamolo – disse l’isolano.

I due naufraghi ed il selvaggio si misero a seguire pazientemente il letto del torrentello, il cui corso, intralciato da massi enormi, presentava le capricciose apparenze d’un laberinto inestricabile. Ben presto si accorsero che salivano rapidamente entro una galleria laterale dell’immensa caverna.

Dovevano ormai aver raggiunto un’altezza eguale se non superiore alla volta della grotta.

– Va benissimo – disse ad un tratto Sun-Pao. – Le Bandiere Nere non credevano che, privandoci dell’acqua, avrebbero assicurato la nostra liberazione. Guardate là in alto.

– La luce! – esclamò Ong, scorgendo a due metri dal fondo del ruscello una stretta apertura, dalla quale si intravedeva un lembo di cielo azzurro.

– L’acqua entrava nella caverna da quel buco; gli uomini di Kin-Lung devono aver innalzato in qualche luogo una piccola diga per far deviare il torrente. Il buco è stretto, ma tu, Ong, che sei così piccolo e così smilzo, potresti passare.

– E se le Bandiere Nere si trovano imboscate al di fuori?

– Hai dei buoni occhi – rispose Sun. – Se le vedi, lasciati cadere subito. Dubito però che vi siano. Chi potrebbe fuggire per di là? Solamente tu.

– E voi come uscirete?

– Andrai a smuovere il masso che chiude l’apertura e sbarazzarlo dei rottami che gl’impediscono di scivolare. Noi saremo pronti ad aiutarti. Salisci sulle mie spalle e non perdere tempo.

Ong obbedì e si sollevò fino agli orli del buco. Sua prima cura fu di passare attraverso quel pertugio la scimitarra per potersi difendere nel caso che venisse assalito, poi si rimpicciolì più che poté, e assottigliandosi e allungandosi si infilò per la stretta apertura.

Per alcuni istanti rimase stretto a metà del corpo, senza poter né avanzare, né indietreggiare, finché riuscì a liberare le braccia e agitò disperatamente le gambe.

Finalmente mandò un grido di gioia: era passato. Appena fuori raccolse la scimitarra e si guardò intorno.

Si trovava sulla cima della collina, fra folte macchie di arecchi e di pandani che gl’impedivano di guardare un po’ lontano.

– Che vedi? – chiese Sun-Pao.

– Per ora non c’è nessuno – rispose Ong.

– Va’ a cercare l’uscita della caverna. Noi saremo pronti a spinger la pietra.

Ong sgattaiolò fuori dalle macchie e scese la collina, tenendosi sempre nascosto dietro i cespugli per timore di venire scoperto dalle Bandiere Nere, le quali dovevano certo aggirarsi nei dintorni per cercare qualche passaggio che permettesse loro di entrare nell’immensa caverna.

Dopo una breve esplorazione riuscì finalmente a scoprire il monolito che chiudeva l’uscita.

Era un masso quasi sferico, del peso di qualche tonnellata, che pareva fosse rotolato fin là per combinazione e che si era arrestato, invece di continuare la discesa, a causa di un cumulo di rottami di pietre.

Ong, tutto felice, si era già accostato per sbarazzarlo di quell’ostacolo, quando un sibilo acuto lo fermò di colpo.

– Un serpente – mormorò impugnando la scimitarra.

Aveva appena pronunciato quelle parole che si sentì avvolgere le gambe ed il corpo e sollevare in aria.

Un gigantesco serpente boa, della specie dei pitoni, lungo sette od otto metri e grosso quanto il tronco d’una giovane palma, era improvvisamente uscito da un cespuglio, e con una mossa fulminea l’aveva avvolto fra le sue poderose spire.

Il terribile rettile lo aveva subito sollevato come se fosse una piuma e si preparava a stritolarlo.

Ong non aveva perduto il suo sangue freddo. Avendo la destra libera e vedendo agitarsi e contorcersi a qualche passo di distanza la testa del mostro, lo percosse furiosamente colla scimitarra.

Dapprima la lama rimbalzò sulle scaglie durissime, ma il secondo colpo produsse una ferita profondissima, dalla quale il sangue zampillò in grande quantità.

Sentendosi stringere poderosamente e quasi mancare il respiro, il giovane si mise a raddoppiare i colpi.

Il rettile sibilava rabbiosamente e tentava di sottrarsi a quei colpi, ma una sciabolata più vigorosa delle altre gli spaccò il cranio.

Sciolse allora lentamente gli anelli, e dapprima si distese al suolo, poi si raggomitolò su se stesso, contorcendosi sotto gli ultimi spasimi dell’agonia.

– Credevo di venire stritolato – mormorò Ong, asciugandosi il freddo sudore che gli bagnava la fronte. – Quale felice ispirazione ho avuto di portare con me la scimitarra. E pensare che la mia morte avrebbe causato anche quella della Gemma del Fiume Rosso!... Liberiamola.

Si mise al lavoro gettando via i rottami e si adoperò tanto bene che un quarto d’ora dopo non restava più alcuna traccia dell’ostacolo che aveva impedito al masso di continuare la sua corsa.

I prigionieri, avvertiti, riunirono le loro forze, coordinarono i loro movimenti e la spinta fu tale che il blocco oscillò, poi precipitò col fragor del tuono fino alla base della collina.

Un grido di gioia e di trionfo uscì dai petti di Sun-Pao e degli isolani alla vista del sole di cui disperavano rivedere gli ardenti raggi.

La sola Sai-Sing non aveva dato segno alcuno di gioia, né di commozione.

– E le Bandiere Nere? – chiese Sun-Pao appena fu fuori.

– Non le ho vedute – rispose Ong.

– Che siano tornate alla giunca per prendere degli arnesi onde forzare l’entrata della caverna?

– È possibile, capo.

– Approfittiamone per rifugiarci nella foresta.

– Non desidero di meglio.

– Conosci qualche altro rifugio? – chiese Sun-Pao volgendosi verso il capo degli isolani, il quale pareva che ascoltasse attentamente.

– Sì – rispose l’interrogato. – Ti condurrò nella capanna aerea del mio amico Katen. È situata in mezzo ad una foltissima boscaglia e sarai al sicuro dagli attacchi dei tuoi nemici.

– Conducici senza indugio. Vieni, Sai-Sing: noi sfuggiremo all’inseguimento di Kin-Lung.

Si misero a scendere frettolosamente la collina. Già stavano per giungere al piano che era interrotto da profonde escavazioni che rassomigliavano a trincee di cercatori d’oro o di minatori, quando un grido li fermò di botto.

– All’armi!... Fuggono!... – aveva gridato una voce.

Sun-Pao aveva mandato un urlo di rabbia.

– Siamo scoperti!... Presto, gettiamoci dentro uno di quegli scavi.

In pochi salti raggiunsero la trincea più vicina che era profonda un metro e mezzo e larga non meno e prepararono precipitosamente le armi.

– Coricati presso di me, Sai-Sing – gridò il capo delle Bandiere Gialle.

La fanciulla obbedì passivamente, ma se Sun-Pao l’avesse in quel momento guardata, avrebbe veduto un sorriso quasi crudele sfiorarle le labbra.

Degli uomini, delle Bandiere Nere, sbucati dalla vicina foresta, s’avanzavano carponi, tenendo in mano i moschetti, mentre dietro di loro si udiva la voce tuonante e minacciosa di Kin-Lung gridare:

– Avanti!... Sono nostri!...

Per un po’ le Bandiere Nere s’avanzarono con precauzione, poi s’alzarono. Vi erano tutte, poiché altre, che dovevano vegliare nei pressi della caverna, le avevano raggiunte. Forti della superiorità del loro numero, i banditi di Kin-Lung lasciarono da parte ogni precauzione e si accostarono alla trincea gridando ed imprecando.

Sun-Pao, dobbiamo dirlo a suo onore, non aveva perduto un atomo del suo coraggio e del suo sangue freddo quantunque si stimasse ormai perduto.

– Ong – disse – risparmia le tue cariche e non sparare che a colpo sicuro, e voi economizzate le vostre frecce. Cercate di non esporvi; gli uomini di Kin-Lung sono buoni tiratori.

Gl’isolani si alzarono con precauzione e udendo le prime fucilate risposero con una volata di frecce.

Due Bandiere Nere caddero contorcendosi disperatamente.

Sun-Pao stava per far fuoco a sua volta, quando il suo cappello di paglia, in forma di fungo, gli fu portato via da una palla.

– Un po’ più basso mi avrebbe spaccato il cranio – mormorò.

Vedendo a quaranta passi l’uomo che gli aveva sparato contro, e che per poco non lo mandava nel paradiso o nell’inferno di Gautama, lo mirò e fece fuoco.

Il pirata, colpito in pieno petto, girò su se stesso e cadde pesantemente.

I compagni del morto però risposero con una furiosa scarica.

Il capo degli isolani, che stava per soffiare nella sua cerbottana, mandò un leggero grido e rotolò presso Sai-Sing.

Aveva ricevuto due palle nel cranio ed era stato fulminato.

Sun-Pao, vedendolo cadere, erasi fatto pallido e si era sentito gelare il sangue.

– Ecco il primo – mormorò. – Un po’ prima un po’ dopo toccherà a tutti egual sorte, ma se Kin-Lung spera che gli lasci Sai-Sing, s’inganna.

Una fiamma sinistra gli era balenata negli sguardi, scorgendo Kin-Lung a cinquanta passi.

Strappò a Ong il moschetto che era carico e fece fuoco sul suo rivale. Disgraziatamente in quel momento un pirata era sorto dinanzi al capo delle Bandiere Nere e quel povero diavolo cadde invece di lui.

– Imbecille! – ruggì Sun-Pao.

Uno degli isolani sporse il capo dalla trincea e mandò due frecce, una dietro l’altra, sulla turba che si avanzava schiamazzando.

Altri due pirati caddero.

– Ecco il nostro capo vendicato! – gridò il selvaggio, volgendosi verso i compagni.

Una fucilata terribile coperse le sue ultime parole.

Nell’istesso momento Sun-Pao e Ong udirono un colpo secco.

L’abile arciere che era rimasto qualche secondo colla testa fuori della trincea, era stato colpito in piena fronte.

Diede un lungo sospiro, si lasciò sfuggire la cerbottana e cadde sul cadavere ancora caldo del capo della tribù.

Sun-Pao era diventato livido. Guardò Sai-Sing. La fanciulla, seduta in fondo al fossato, si era accostata ai due poveri isolani e stava chiudendo loro gli occhi.

– Gemma del Fiume Rosso – disse il pirata. – Stanno per sopprimerci.

– Arrenditi – rispose la fanciulla.

– Mai!

– Allora difenditi.

La fucilata diventava intensa ed un altro isolano era caduto.

Sun-Pao e Ong sparavano furiosamente, abbattendo quasi sempre un nemico, ma non riuscivano più a trattenere le Bandiere Nere, che si avanzavano intrepidamente decise a finirla.

Pochi istanti dopo anche il quarto isolano cadeva. L’ultimo strappò allora bruscamente a Ong il moschetto che aveva appena finito di caricare e con un coraggio che rasentava la pazzia balzò fuori dal fossato mirando i nemici.

– Scendi! – gridò Sun-Pao.

L’isolano non ascoltava più consiglio. Voleva vendicare i compagni.

Scaricò il fucile poi afferratolo per la canna fece atto di scagliarsi contro i nemici.

Una scarica in quel momento partì e Sun-Pao e Ong videro quel valoroso portarsi prima la mano al capo, poi al petto, quindi stramazzare.

– Capo – disse Ong. – È finita.

– Spara sempre – gridò Sun-Pao in preda ad una terribile esaltazione.

Sporse il moschetto e fece fuoco.

Un uomo cadde, poi un secondo e poco dopo un terzo. Vani sforzi: i nemici non erano che a dieci passi e si preparavano a saltare nella trincea mentre Kin-Lung urlava:

– Prendeteli vivi!

– Vivi! – gridò Sun che pareva impazzito. – Ecco la mia risposta.

Gettò il moschetto, snudò la scimitarra, afferrò Sai-Sing e prima che questa avesse potuto opporre la minima resistenza, con un balzo da tigre, si gettò fuori della trincea, gridando:

– Fate fuoco se l’osate!

Le Bandiere Nere, vedendolo apparire, si erano arrestate abbassando i fucili.

Sun-Pao colla sinistra teneva sollevata la Gemma del Fiume Rosso, mentre colla destra le aveva appoggiata sul petto, dal lato del cuore, la punta della scimitarra.

Sai-Sing aveva mandato un grido di terrore a cui aveva fatto eco un urlo di rabbia.

Kin-Lung, che stava per scagliarsi sul suo rivale col fucile armato, si era a sua volta fermato.

– Sun-Pao! – gridò. – Che cosa fai?

– La ucciderò se tu farai un passo di più – rispose il capo delle Bandiere Gialle con voce minacciosa. – Non l’avrò io, ma nemmeno tu!

– Se la tocchi ti farò soffrire mille tormenti!

– Avvicinati se l’osi – rispose Sun-Pao, che teneva sempre la punta della scimitarra appoggiata sul petto della fanciulla.

Dall’accento risoluto e dal lampo terribile e feroce che balenava negli occhi del capo delle Bandiere Gialle, si capiva com’egli fosse risoluto a eseguire la minaccia.

Sai-Sing invano si agitava tentando sfuggire alla stretta del pirata, il quale se la teneva contro il petto con suprema energia.

Ad un tratto, mentre le Bandiere Nere, spaventate, allargavano il cerchio pel timore che la Gemma del Fiume Rosso, la loro futura regina, venisse uccisa e Kin-Lung rimaneva immobile, senza osare di fare un passo verso il rivale, la vecchia Man-Sciù comparve, gridando con voce stridula:

– I due capi odano la indovina del Fiume Rosso: giù le armi! Il fratello d’armi non può uccidere il fratello: il sangue non deve scorrere fra due uomini che hanno creata la tribù delle invincibili e temute Bandiere Gialle e Nere.

Sai-Sing e Ong avevano mandato un grido di sorpresa e di gioia; anche Sun-Pao, al colmo dello stupore, aveva abbassata la scimitarra, chiedendosi se quella vecchia era veramente Man-Sciù in carne ed ossa o la sua ombra.

– Che cosa vuoi vecchia? – gridò Kin-Lung.

– Che i capi delle Bandiere Gialle e Nere m’ascoltino.

– Parla – dissero ad una voce i due pirati.

– La sorte della Gemma del Fiume Rosso può essere decisa solo dal gran tha-ybu dopo che avrà interrogato gli astri: quindi fino a quel giorno la fanciulla non può appartenere né all’uno, né all’altro.
I due capi delle Bandiere depongano quindi le armi e si riconcilino fino al nostro ritorno alle isole. Quando gli astri avranno deciso se Sai-Sing diverrà la regina delle Bandiere Nere o Gialle, allora si combattano pure e si uccidano. Sun-Pao che cosa vuoi dir tu?

– Che Kin-Lung giuri di non toccare un capello né a me, né a Ong, e di lasciarci tornare alle isole. Solo a questa condizione risparmierò la Gemma del Fiume Rosso.

– Giuralo, Kin-Lung – gridò la vecchia.

Poi, accostandosi gli mormorò sottovoce:

– Giura; tu sarai il favorito dagli astri. Te lo dice l’indovina del Fiume Rosso ed io leggo nel futuro come il grande tha-ybu.

Kin-Lung esitava, ma finalmente, comprendendo che quello era l’unico mezzo per salvare la fanciulla, a denti stretti disse:

– Giuro su Gautama che ti condurrò alle isole e che attenderò la decisione del grande tha-ybu.

– Fate lo scambio del sangue e tornate fratelli – disse allora la vecchia. – Sia maledetto colui che infrangerà il giuramento.

Sun-Pao depose la fanciulla che corse ad abbracciare Man-Sciù; poi colla scimitarra si fece sul braccio sinistro una leggera scalfittura in modo da far uscire qualche goccia di sangue.

Kin-Lung aveva fatto altrettanto.

Allora si accostarono l’uno all’altro, e si succhiarono a vicenda quelle poche gocce.

– Sei mio ospite sulla mia giunca – disse Kin-Lung.

– Ti seguo – rispose semplicemente Sun-Pao.