La Fontana di Bakcisarai/Prefazione
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Traduzione dal russo di Louis Delâtre (1856)
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PREFAZIONE.
L’argomento del seguente poema riposa sopra una tradizione tuttora viva in Crimea. A poca distanza dal palazzo dei Khan in Bakcisarai, si vede un sepolcro costruito nel gusto saracinesco con una cupola emisferica. Si pretende che questo monumento fosse inalzato da Cherim Ghirei sulle ceneri d’una sua schiava ch’egli amava appassionatamente. La detta schiava era pollacca, e apparteneva alla famiglia dei Potozchi. Un viaggiatore russo, Muravieff Apostol, crede che questa tradizione non abbia nessun fondamento. Il celebre poeta pollacco Mizkiewic, che fu, come Puschin, esiliato in Crimea, e che ha dedicato quattro sonetti alla descrizione di Bakcisarai, propende ad ammettere come vera la tradizione popolare.
Citeremo questi sonetti perchè possono servire di preambolo al poema del Puschin, e perchè crediamo far cosa grata al lettore, offrendogli un’occasione di confrontare i due più insigni poeti slavi di questo secolo, ispirati dallo stesso soggetto.
Il quinto sonetto si riferisce a una montagna di Crimea (l’Aiu-dag) cui Puschin allude nell’ultimo verso del suo poema.
- Bakcisarai di giorno di Adam Mickiewicz (1826), traduzione dal polacco di Louis Delâtre (1856)
- Bakcisarai di notte di Adam Mickiewicz (1826), traduzione dal polacco di Louis Delâtre (1856)
- La tomba di Maria Potozca di Adam Mickiewicz (1826), traduzione dal polacco di Louis Delâtre (1856)
- Le tombe dell'harem di Adam Mickiewicz (1826), traduzione dal polacco di Louis Delâtre (1856)
- L'Aiu-dag di Adam Mickiewicz (1826), traduzione dal polacco di Louis Delâtre (1856)
Il principe Anatolio Demidoff descrive nel suo Viaggio di Crimea le vaste rovine del palazzo dei sultani tartari, e allude alla tradizione surriferita; ma non sembra rigettarla come spuria. Ecco uno squarcio della sua relazione:
«Nell’harem circuito d’altissimi muri, e adorno di bagni e di sale di marmo, vedemmo l’appartamento in cui dimoravano le donne del Khan. Ma sono tutte deserte; appena qua e là scorgemmo qualche avanzo dell’incrostatura di legno; alle finestre alcuni brani di vetro colorito, e alle pareti alcune spere veneziane nelle quali le odalische talvolta si miravano. Quivi perì, secondo si dice, Maria Potozca che ispirò al Puschin il suo poema della Fontana di Bakcisarai......... Tra le fontane del serraglio due meritano special menzione. Sono coperte di arabeschi in rilievo, indorati e spiccantisi sopra un fondo chiaro e variegato. In queste fontane si trova adunato quanto il gusto asiatico ha di più squisito, e l’architettura orientale di più elegante. Una di esse diede il titolo al poema del Puschin....»
(Viaggio ec. Pag. 333-34, dell’edizione russa.)