La Faoniade/Parte prima/Inno secondo. A Venere

Parte prima - Inno secondo. A Venere

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Inno secondo.

A VENERE.


Saffo invoca il favore di Venere, e coll’artifizio della più persuasiva eloquenza la supplica ad interessarsi per lei col figlio.


     Vezzosa Dea, degli uomini
Delizia e degli Dei;
Ascolta, o bella Venere,
Ascolta i voti miei.
     Tra gli astri; tu più lucida
Cadi, e risorgi in cielo,
Seguace indivisibile
Dell’aureo Dio di Delo.
     In terra, e in cielo ammirasi
Quel lusinghiero incanto,
Per cui ti cede ogn’emula
Della beltade il vanto.

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     In van di Giuno e Pallade,
L’orgoglio a te si opponeFonte/commento: Pagina:Verri - Le avventure di Saffo e la Faoniade, Parigi, Molini, 1790.djvu/15:
Di quanto tu le superi
Decise il paragone.
     Al tuo gran Nume inchinasi
Dell’alme amanti il core;
Io d’esse la più tenera,
Saffo son io: Ti adoro.
     Tu sai l’infausta origine
Del mio languir funesto,
Onde a me stessa in odio
La vita ormai detesto.
     Sai, che un fanciul di Lesbia
Fu del mio cor l’oggetto,
Per cui d’eterne lagrime
Bagno le gote e ’l petto.
     Di lui più bel non videsi
E dove il Sole appare,
E dove i destrier fervidi
Torna a tuffar nel mare.
     Con esso un dì rammentati,
Figlia, ed onor dell’acque,
Dell’alto Egéo la instabile
Onda solcar ti piacque. 1

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     Quella celeste ambrosia,
Che a lui donasti allora,
Più bello sì, più florido,
Ma il fe’ più altero ancora.
     Perdona, (ah! sì, ben merita
Un cieco amor perdono),
Se di gelosa invidia 2
Mi accese il tuo bel dono.
     Sì, tel confesso, ed umile
Del vano error mi avvedo;
Che in pietà cangi il vindice
Giusto tuo sdegno, or chiedo.
     Un alma amante e misera,
Se te a pietà non move,
Come, o benigna Venere,
Potrà sperarla altrove?
     Il figlio tuo, che domina
Onnipossente i cuori,
Che a voglia sua fa nascere,
E smorza in noi gli ardori.
     Con dardi opposti pungere
Volle d’entrambo i petti:
Faon mi sprezza: Io teneri
Sento per lui gli affetti.

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     Alle materne suppliche
Il suo rigor, deh ceda!
Che mai da me pretendere
Vuol più, se son sua preda?
     Fin da fanciulla ei trassemi
Avvinta al carro altero,
Ed a sua voglia esercita
In me l’antico impero.
     Bacio i suoi lacci, e libera,
Star senza lui mi spiace;
Ma fa, che più propizia
Splenda per me sua face.
     Fa tu, che eguale incendio
Per me a Faone inspiri,
Che a miei desir non cedano
Gli accesi suoi desiri.
     Miei cari baci ed avidi,
Co’ baci suoi confonda:
Co’ suoi sospiri a į fervidi
Sospiri miei risponda.
     Qual te, con Marte accolgaci
Indissolubil laccio:
Me terra, e ciel rimirino
Del mio Faone in braccio.

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Del mio Faon, benefica
Diva, a me dona il core;
E la mia cetra, e i cantici
Risoneran d’Amore.

Note

  1. [p. 348 modifica]Venere trasformata in vecchia s’imbarcò nella barca di Faone, il quale per averla trasferita velocemente dov’ella desiderava, ne ottenne in premio un liquore odorosossimo, di cui ogni volta, che se ne ungeva il corpo diveniva più bello e florido. Palefat. de Fab. et incredibilib.
  2. [p. 348 modifica]Callimaco e Cratino, presso di Stobeo raccontano, che veramente Venere un tempo fu innamorata di Faone, anzi, che l’occultò in un orto di lattughe, per distrarlo di pensare ad altre; giacchè in que’ tempi detta erba era tenuta per misteriosa, e capace di estinguere e mitigare gli ardori della libidine. E perciò non vi è da maravigliarsi, che un amante, come Saffo, ne concepisse gelosía.