La Costituzione di Napoli
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Che scintillan quai vivi zaffiri,
È pur dolce quel fiato che spiri,
4Porporina foriera del dì.
Col sorriso del pago desio
Tu ci annunzi dal balzo vicino
Che d’Italia nell’almo giardino
8Il servaggio per sempre finì.
II rampollo d’Enrico e di Carlo,
Ei ch’ad ambo cotanto somiglia,
Oggi estese la propria famiglia,
12E non servi ma figli bramò.
Volontario distese la mano
Sul volume de’ patti segnati;
Ed il volume de’ patti giurati
16Della patria sull’ara posò.
Una selva di lance si scosse
All’invito del bellico squillo;
Ed all’ombra del sacro vessillo
20Un sol voto discorde non fu:
E fratelli si strinser le mani
Dauno, Irpino, Lucano, Sannita;
Non estinta ma solo sopita
24Era in essi l’antica virtù.
Ma qual suono di trombe festive?
Chi s’avanza fra cento coorti?
Ecco il forte che riede tra i forti,
28Che la patria congiunse col re!
Oh qual pompa! Le armate falangi
Sembran fiumi che inondin le strade;
Ma su tante migliaia di spade
32Una macchia di sangue non v’è.
Lieta scena! Chi plaude, chi piange,
Chi diffonde vïole e giacinti;
Vincitori confusi coi vinti
36Avvicendano il bacio d’amor.
Dalla reggia passando al tugurio
Non più finta la gioia festeggia;
Dal tugurio tornando alla reggia
40Quella gioia si rende maggior.
Genitrici de’ forti campioni
Convocati dal sacro stendardo,
Che cercate col pavido sguardo?
44Non temete; chè tutti son qui.
Non ritornan da terra nemica,
Istrumenti di regio misfatto;
Ma dal campo del vostro riscatto,
48Dove il ramo di pace fiorì.
O beata fra tante donzelle,
O beata la ninfa che vede
Fra que’ prodi l’amante, che riede
52Tutto sparso di nobil sudor!
Il segreto dell’alma pudica
Le si affaccia sul volto rosato,
Ed il premio finora negato
56La bellezza prepara al valor.
Cittadini, passiamo sicuri
Sotto l’ombra de’ lauri mietuti:
Ma coi pugni sui brandi temuti
60Stiamo in guardia del patrio terren.
Nella pace prepara la guerra
Chi da saggio previene lo stolto:
Ci sorrida la pace sul volto,
64Ma ci frema la guerra nel sen.
Che guardate, gelosi stranieri?
Non uscite dai vostri burroni,
Chè la stirpe dei prischi leoni
68Più nel sonno languente non è!
Adorate le vostre catene
(Chi v’invidia cotanto tesoro?),
Ma lasciate tranquilli coloro
72Che disdegnan sentirsele al piè.
Se verrete, le vostre consorti,
Imprecando ai vessilli funesti,
Si preparin le funebri vesti;
76Che speranza per esse non v’ha.
Sazierete la fame de’ corvi,
Mercenarie falangi di schiavi:
In chi pugna pe’ dritti degli avi
80Divien cruda la stessa pietà.
Una spada di libera mano
È saetta di Giove tonante,
Ma nel pugno di servo tremante
84Come canna vacilla l’acciar.
Fia trïonfo la morte per noi,
Fia ruggito l’estremo sospiro:
Le migliaia di Persia fuggiro,
88I trecento di Sparta restâr!
E restaron co’ brandi ne’ pugni
Sopra mucchi di corpi svenati,
E que’ pugni, quantunque gelati,
92Rassembravan disposti a ferir.
Quello sdegno passava nel figlio
Cui fu culla lo scudo del padre,
Ed al figlio diceva la madre:
96‘ Quest’esempio tu devi seguir.’
O tutrice dei dritti dell’uomo
Che sorridi sul giogo spezzato,
È pur giunto quel giorno beato
100Che un monarca t’innalza l’altar!
Tu sul Tebro fumante di sangue
Passeggiavi qual nembo fremente,
Ma serena qual alba ridente
104Sul Sebeto t’assidi a regnar.
Una larva col santo tuo nome
Qui sen venne con alta promessa:
Noi, credendo che fossi tu stessa,
108Adorammo la larva di te:
Ma, nel mentre fra gl’inni usurpati
Sfavillava di luce fallace,
Ella sparve qual sogno fugace,
112Le catene lasciandoci al piè.
Alla fine tu stessa venisti
Non ombrata da minimo velo,
Ed un raggio disceso dal cielo
116Sulla fronte ti veggio brillar.
Coronata di gigli perenni,
Alla terra servendo d’esempio,
Tu scegliesti la reggia per tempio,
120Ove il trono ti serve d’altar.