La Buffa/III. Istantanee della Buffa/Un caporale senza nome
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UN CAPORALE SENZA NOME
Non mi ricordo più,
caporal maggiore lombardo,
come ti chiamavi,
non mi ricordo più...
C'erano tre sezioni,
io avevo salvato le armi,
nessuno più sparava:
lenta calava la sera
Giù pel camminamento
si sentivano le marmitte
che sbattevano contro i sassi
con il suono delle campane.
E insieme ai cucinieri
arrivarono alcuni dispersi,
disarmati, senza elmetto,
condotti da un caporale.
«Siete bei mitralieri
— io dissi a quei soldati —
mitraglieri che ritornano
senza mitragliatrici.»
«Le armi sono sepolte
— mi rispose il caporale —
assieme agli ufficiali
e agli altri mitraglieri.»
«Ma tu non sei sepolto,
coscritto di un caporale
— gli dissi risentito —
e arrivi con le marmitte!»
Il caporale maggiore
si tacque, e poi mi disse:
«A Plava... A S. Maria...
A Plava... A S. Lucia...»
«Non mi voler raccontare,
l'interruppi, tante storie»,
e lui rimase muto
vicino l'arma di destra.
Alcuni giorni dopo,
visitavo la trincea,
passai vicino all'arma
del caporale lombardo.
Questi mi vide arrivare,
s'alzò, mi venne incontro,
giallo, un poco curvo,
operaio di risaia,
e senza alzare la testa,
mi disse irrisoluto:
«Signor tenente, volevo,
«vorrei dirgli» una parola,
che se c'è la pattuglia... stassera...
oppure un'altra volta...
me vorrei dar volontario...»
«Volontario?» l'interruppi,
«patatone di un caporale!
Volontario? di pattuglia?...
di pattuglia alle cucine!»
gli risposi, quasi scherzando,
ma, guardata meglio l'arma
ch'era tutta impiastricciata,
gli gridai quattro bestemmie:
«Va'! pulisci meglio l'arma!
Guarda un po' i caricatori!
Già, se vengono stassera,
sparerai... — e feci il gesto... —
con sto paio di coglioni!»
E lui tacque, guardò l'arma
maneggio l'otturatore,
prese un panno, prese l'olio:
cominciò la pulizia.
E passarono altri giorni...
non veniva mai il cambio:
una sera si sbadigliava,
per la noia e l'appetito.
E rivennero i cucinieri
con il vino e le razioni:
ci sedemmo un'altro volta
per mangiare la loro broda.
Le gavette giravano leste
da una mano all'altro mano:
luccicava come un sole
il mescolo di alluminio.
Finalmente, ripartite
equamente le razioni,
il formaggio, le castagne
e due sigari toscani;
due bestemmie per il vino,...
la camorra e i cucinieri...
poi, silenzio, e il tintinnìo
dei cucchiai nelle gavette.
Ed allora i cucinieri
cominciarono a narrare
tutti quanti i bollettini
che correvan le cucine.
Garantivano che a giorni
si sarebbe andati a riposo;
che la guerra sarebbe finita
forse ancora in settimana;
che correvan trattative,
che l'azione non si faceva,
che l'avevan sentito dire
da un piantone, addetto al Comando.
Noi così ci si pasceva
di speranze e bacalà;
quasi, quasi s'era finito,
si accendeva mezzo toscano,
si sognava beatamente
delle cose più lontane,
di un bel fiasco,
di una ragazza,
grattandoci le spalle,
quando ad un tratto comincia il
[cannone,
le bombarde, i barilotti
che arrivavano sbuffando
e bruciavano anche il coraggio.
Il boccone nella gola,
cominciai ad ansimare,
io provavo un brivido freddo:
quasi, quasi... avevo paura.
E io dissi con la voce,
mi sembrava, risoluta:
«Sù, coraggio, andiamo ai posti!»
ma nessuno si muoveva.
Solamente i cucinieri
neri, neri, coraggiosi
afferrarono le marmitte
e... sparirono nel buio.
E discesero le vedette
e mi dissero: «Tenente,
non possiamo più resistere:
non si scappa più nessuno!»
Non sapevo cosa dire,
e pensavo sul da fare,
quando vidi il caporale:
«Tu volevi andare di pattuglia?»...
io sorrisi, contro voglia...
io sorrisi... e lui comprese,
mi guardò con gli occhi neri,
scalcinato come sempre,
disarmato, senza elmetto
quasi a dirmi: «Proprio io!
Vedi un poco se io sono
caporale o cuciniere!»
E di un balzo risoluto,
si levò sulla trincea,
se ne stette ritto, in piedi,
con le braccia incrociate.
Le vedette videro l'ombra,
come un razzo che si leva
una notte senza luna,
e sentimmo tutti una voce.
più forte delle mitraglie,
più forte delle bombarde:
corremmo alle feritoie.
***
Anch'io sono stato ferito,
ma sono ritornato
alla mia compagnia.
Io chiesi del mio caporale.
Mi dissero: «Il tuo caporale
è giù, a Boneti;
l'altro giorno l'abbiamo portato,
Martone gli ha fatto la croce»