L'istinto nel regno animale/V
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V.
Istinto migratorio.
Le migrazioni degli animali costituiscono un capitolo ancora assai oscuro della Zoologia. La necessità di avere una data temperatura media quotidiana, il bisogno di un determinato nutrimento, cause che si riferiscono alla riproduzione, e forse altri motivi fin’ora sconosciuti, spingono molti animali ad imprendere delle migrazioni.
Prima di occuparci dei vertebrati, dobbiamo far un breve cenno di un animale della classe degli insetti, rinomato per i danni che ha recato, l’acridio migratorio (Oedipoda migratoria). Quest’insetto trovasi ovunque in Europa, se si eccettua l’oriente, dove è rappresentato da una specie affine e non meno perniciosa, l’Oedipoda cinerascens. In certi anni questi acridi, comunemente detti locuste, compariscono in stormi sì numerosi che sembrano nuvole ed oscurano il sole; e siccome il luogo ove nascono non può nutrirli che per un tempo assai breve imprendono migrazioni, fermandosi in ciascuna località, finchè ogni verzura sia distrutta. Nel 1748 un’immensa squadra attraversò l’Europa occidentale, toccò l’Olanda e si spinse fino nell’Inghilterra. Danni ragguardevoli furono recati anche ne’ tempi recenti a parecchi paesi d’Europa, nè andò esente l’Italia.
L’acridio migratorio non è però l’unico acridio che l’agricoltore debba temere; molte altre specie possono in determinate condizioni moltiplicarsi straordinariamente e devastare le provincie che percorrono.
Contro siffatti malanni noi dobbiamo reagire con mezzi preventivi e curativi. Fra i primi, il principale sono le leggi severe sulla caccia e l’osservanza di queste leggi. Le cicogne, le ardee, le cornacchie, le taccole, i tordi e molti altri uccelli distruggono avidamente quelli insetti e vanno quindi conservati con ogni cura possibile. E siccome non solo questi, ma molti altri insetti dannosi all’agricoltore sono in via di straordinario aumento, sarebbe misura sapientissima se la nostra Camera legislativa votasse una legge eccezionale che avesse vigore per soli tre o quattro anni e vietasse severamente ogni sorta di caccia durante questo periodo. Sarebbe una medicina amara, ma efficace!
Come mezzi curativi dobbiamo citare la distruzione degli animali e delle uova. I primi ponno essere distrutti allo stato di larva, la quale riceve le ali solo dopo la quarta muta. Si costruiscono a tal uopo delle fosse larghe mezzo metro e di uguale profondità, con una delle sponde molto elevata che si costruisce col cavaticcio. In fondo alle fosse, a brevi distanze, si scavano dei fori verticali. Quindi si cacciano le larve verso queste fosse, nelle quali, quando quelle vi siano cadute, girano intorno finchè precipitano ne’ fori verticali. Dopo ciò si chiudono le fosse, seppellendo le larve che concimano il terreno. La distruzione degli acridii alati adulti è più difficile e deve essere operata di buon mattino e specialmente dopo la pioggia. I polli ed i maiali possono molto giovarci; ma l’azione principale deve essere esercitata dall’uomo, ed è efficace solo ne’ casi in cui una provincia intera o molte provincie si prestano contemporaneamente allo scopo indicato.
Assai utile è la raccolta delle uova, che riesce però alquanto difficile, perchè queste giacciono generalmente sul terreno a mucchi coperti di terra. Tuttavia non è impossibile, e prova ne sia che nel 1833 a Saintes-Maries presso Marsiglia furono raccolti 3808 chilogrammi di uova, da cui, se tutte si fossero sviluppate, sarebbero usciti trenta milioni di individui. Siccome le femmine muoiono tosto dopo la deposizione delle uova, così i cadaveri femminili sono il mezzo più sicuro per la ricerca delle uova.
Ne’ casi in cui gli acridii compariscono in stormi numerosissimi, l’azione nostra è inutile pel momento. In allora bisogna salvare quelle frugi che sono mature e quelle che s’accostano alla maturità, e prendere i provvedimenti accennati per l’anno successivo.
Nei casi sopra citati le migrazioni sono cagionate da scarsità di nutrimento.
Se ora passiamo ai vertebrati, troviamo che alcuni pesci, come le anguille, discendono in mare, per accudire alla propagazione della specie. Questa discesa, che chiamasi la calata viene eseguita nelle notti oscure e burrascose dei mesi di ottobre, novembre e dicembre. I pescatori sanno giovarsi di tale occasione per far ricca caccia di questi pesci delicati. In fine di gennaio ed in febbraio osservasi un movimento inverso, poichè in quest’epoca le giovani anguille, nate nel mare, entrano nelle acque dolci, innoltrandosi nei varii fiumi.
Un istinto diverso segue lo storione, che nell’epoca della frega abbandona il mare ed entra nei fiumi per deporvi le uova in luoghi sicuri e tranquilli. In modo analogo si comporta l’alosa, la quale in primavera dall’Adriatico e dal Mediterraneo entra nelle acque dolci, ed è quindi pescata tanto nei laghi e fiumi del Veneto e della Lombardia, come in quelli della Toscana e dell’Italia meridionale.
Non meno imponenti, ma meno conosciute, sono le migrazioni di parecchi pesci marini, che talora compariscono in stormi ingenti presso le coste dei mari europei. I veri pesci migratorii dell’emisfero boreale, come per esempio le arringhe, abbandonano in primavera i mari del nord per recarsi ne’ più meridionali ed in questi dedicarsi alla riproduzione della specie.
Anche ne’ mammiferi si osserva il fenomeno delle migrazioni, e per citare un esempio, basta ricordare quanto si è veduto ne’ buffali dell’America settentrionale. Questi migrano regolarmente durante l’estate fino presso l’Oceano glaciale e si ritirano di nuovo verso il sud in sul cominciare dell’inverno. Non ostante la sanguinosa distruzione portata dall’uomo tra questi animali, osservansi ancor oggidì colonne di diecimila e più individui viaggianti nelle direzioni indicate, e nei tempi passati questi ruminanti aprivano colle loro gite regolari larghi passaggi attraverso alle foreste, alcuni dei quali si trasformarono poi in strade oppure in letti di torrenti o fiumi.
Non meno sorprendenti sono le migrazioni di altri ruminanti, tra cui va menzionata una specie africana, affine alle gazzelle, l’Antidoreas euchore, che vive nelle vaste pianure le quali si estendono a settentrione del Capo. Avviene ogni quattro o cinque anni che la siccità distrugga ogni verzura di quelle pianure e faccia essiccare tutte le sorgenti; in allora quei ruminanti invadono il Capo in masse così enormi, che divorano ogni pianta, la quale si trovi sulla loro via, e rendono deserte le più ridenti contrade. Si è calcolato che queste mandrie si compongono di milioni d’individui.
Ma l’istinto di questo genere più perfetto osservasi in molti uccelli, i quali in fine d’autunno nell’emisfero boreale migrano da nord a sud verso il tropico del Cancro, nell’emisfero australe da sud a nord verso il tropico del Capricorno. Nella primavera successiva la migrazione segue la direzione inversa. Ma anche in questa classe non mancano le gradazioni; imperocchè si osserva che alcuni uccelli, come le passere, non migrano, ma dimorano costantemente ove sono nate; mentre altri, come i picchi, vanno erranti di luogo in luogo, senza determinata direzione, e non scostandosi mai ampiamente dal sito nativo. Si hanno in fine i veri uccelli migratori, tra i quali, in via d’esempio, possiamo citare la cicogna, il cuculo, la lodola e le rondini.
Di un interesse particolare sono queste ultime, perchè le abbiamo continuamente sotto gli occhi e furono spesso oggetto di venerazione per la grande utilità che recano colla vasta distruzione degli insetti. Si è osservato che in fine di settembre o durante l’ottobre tutte le rondini di una estesa località si radunano in un unico luogo, dove restano insieme per alcuni giorni, imprendendo brevi gite di sperimento. Sembra che in tale occasione prendano dei concerti tra loro ed eleggano come conduttori gli individui più esperti. Dopo di che si raccolgono in luogo elevato e si dirigono unite verso lontane contrade. Secondo esatte osservazioni, le rondini passano l’inverno nell’Africa centrale, per giungere alla quale attraversano di volo il Mediterraneo e l’Atlantico. Altrettanto fanno le quaglie, solo che un sì lungo tragitto eseguito da queste, riesce più sorprendente, per la loro attività al volo assai limitato.