L'istinto nel regno animale/Conclusioni
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CONCLUSIONI.
Dopo aver descritti brevemente alcuni dei principali istinti animali, possiamo ora vedere, quali induzioni generali scaturiscano dei fatti suesposti.
1.° Innanzi tutto possiamo stabilire, che gli istinti sono graduati. Chiari esempi ci offrono l’istinto protettore ed il migratorio, poichè abbiamo veduto che tra il primo istinto citato dallo scoiattolo e quello delle api corre gran divario; come pure si scorge gran differenza tra le brevi escursioni del picchio e le imponenti migrazioni di alcuni uccelli.
2.° Gli istinti son adatti alle condizioni di vita in cui si trovano gli animali. Ed invero noi vediamo che gli uccelli migratori si trovano principalmente nei climi freddi e temperati, ed è chiaro altresì, che il Paguro non possederebbe l’istinto sopra descritto, se il suo addome fosse protetto da robusto integumento come quello degli altri Crostacei.
3.° Gli istinti sono ereditarii. E ciò vuol dire che l’animale o li porta con sè nascendo, oppure li assume necessariamente in una determinata epoca della vita. Il pulcino, figlio della gallina, appena sbucciato dall’uovo rifugge dall’acqua, da questo elemento in cui non sa nuotare; mentre al contrario i pulcini, figli di uccelli acquatici, corrono appena nati nell’acqua e vi si immergono con grande voluttà. D’altra parte vediamo che l’istinto nidificatore non si manifesta senonchè quando l’animale abbia raggiunto il suo sviluppo completo, all’epoca della pubertà.
4.° L’intelligenza s’unisce spesso all’istinto, e sono anzi rari i casi in cui questo funzioni isolatamente. Per comprendere ciò basta analizzare la nidificazione degli uccelli. Questi animali hanno la tendenza istintiva della riproduzione; ma tale tendenza è vaga ed indeterminata. Vi si associa l’intelligenza, ed è questa che insegna all’animale il luogo più sicuro per fabbricare il nido, che gli suggerisca il sito dove può raccogliere i materiali necessari, che gli consiglia di abbandonare il nido già costrutto che sia stato scoperto da’ suoi nemici. E così anche negli animali superiori manifestasi l’istinto della propagazione della specie, ma l’intelligenza vi s’ingerisce fornendoci i mezzi più acconci per attuarlo. È quindi naturale che negli animali più intelligenti gli istinti debbano avere minor dominio che nei meno intelligenti. L’uomo assoggetta i suoi istinti quasi interamente all’intelligenza, in minor grado ciò avviene nei mammiferi e negli altri vertebrati, e meno ancora negli artropodi; negli infimi animali domina forse unicamente l’istinto.
E se in fine qualcuno mi rivolgesse la domanda, che cosa in conclusione sia l’istinto, dichiarerei francamente, che una risposta esatta al presente è impossibile. Tuttavia, con qualche trepidazione, arrischierei la seguente spiegazione. La volontà animale risiede in determinate condizioni del sistema nervoso. Queste condizioni ponno essere innate o tali che necessariamente si manifestano in una precisa epoca della vita; oppure possono essere temporanee, direi quasi casuali, tali cioè che si manifestano solo per le impressioni ricevute dagli oggetti esterni col mezzo degli organi dei sensi nel corso della vita individuale. La volontà che deriva dalle condizioni nervose del primo genere, a mio credere, è l’istinto; la volontà, che scaturisce dalle condizioni nervose della seconda specie, è la così detta libera volontà, che riposa sull’intelligenza. L’istinto per così dire, è la volontà costante ed ereditaria della specie, di fronte agli atti volitivi variabili e temporanei dell’individuo.
Si vuol identificare l’istinto coll’abitudine; ma quello si riferisce alla specie, questa all’individuo. Esiste tanta differenza tra il primo e la seconda, quanta ne esiste tra la specie e la varietà. È vero che una esatta demarcazione non è stabilita; ma ciò non autorizza a confondere i due fenomeni in un unico concetto.
Ma io non insisto sulla mia definizione. I filosofi vi troveranno forse molto da ridire. Comunque sia, accetterò volontieri spiegazioni migliori; per parte mia dirò con Van der Hoeven: Trado quæ potui.
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