L'anno 3000/Capitolo Tredicesimo

Capitolo Tredicesimo

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Capitolo Dodicesimo
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Capitolo Tredicesimo.


Il malumore di Maria e il segreto di Paolo. — Una seduta dell’Accademia di Andropoli e la distribuzione del premio cosmico. — Il matrimonio fecondo.


[p. 307 modifica]Maria era da più giorni di pessimo umore. Le meraviglie di Andropoli, ch’essa vedeva per la prima volta, la distraevano per qualche ora, ma poi ripiombava nella solita tristezza.

Dico male: essa non era triste, nè poteva esserlo. Amava Paolo con tutto il suo cuore e con tutto il suo pensiero ed ora si stava realizzando il sogno più alto della sua vita, quello di visitare la capitale planetaria, facendo nello stesso tempo il giro del mondo.

No, non era triste. Era impermalita, dispiacente, contrariata.

Paolo, che era avvezzo a vederla sempre serena, passando i suoi giorni da un [p. 308 modifica]sorriso ad un altro sorriso, le aveva chiesto già più volte:

— Ma che cosa hai, amor mio? Ti senti male? Ti senti stanca? Vuoi forse riposarti per qualche giorno dalle nostre continue escursioni?

Ed essa rispondeva seccata, con quel piglio che rende quasi sempre impossibile l’insistenza della domanda:

— Non ho nulla, mi sento benissimo.

Un giorno però alla domanda Paolo aggiunse anche le carezze e a tante forze alleate messe insieme, essa non seppe, essa non potè più resistere.

— Ecco quì perchè io sono di cattivo umore. Tu mi hai detto sempre che la prima prova di amarsi e di vivere una vita sola in due era quella di non avere il più piccolo segreto l’un per l’altro. E mi hai ripetuto non so quante volte, che la prima bugia detta dalla bocca di una amante all’amato lacera la concordia e mette in pericolo l’amore.

Tu lo sai, che io dal giorno che ti dissi: [p. 309 modifica]son tua, non pensai cosa che tu non sapessi un’ora dopo, nè provai una sola volta una gioia o un dolore, che subito dopo non fosse anche tuo.

E anche tu, Paolo mio, mi hai aperta tutta quanta l’anima tua, ma mi hai però detto, che ti riservavi un piccolo segreto, che però non era una colpa; ma che non me lo avresti rivelato che ad Andropoli.

Di quel mistero io non mi sono mai offesa, sembrandomi che non era che un ingegnoso artifizio per farmi desiderare qualcosa di nuovo, a me, che vivendo con te, non avevo più nulla a desiderare. Ma ormai, siamo in Andropoli da due mesi e tu non mi hai svelato il tuo segreto.

Ed ho sempre aspettato e aspetto ancora; ma ormai la curiosità è divenuta impazienza e l’impazienza è divenuta dolore. — E mi tormento e mi martello, sospettando che il segreto non sia un mistero, ma una colpa, che non hai il coraggio di confidarmi, temendo forse che in me diminuisca la stima per te, ch’è grande [p. 310 modifica]come il mio amore. E se non è una colpa, è almeno una debolezza, e tu, che sei il forte dei forti, hai paura che nello specchio della tua anima, tersa e brillante come l’acciaio, io non veda una macchia.... —

Paolo stava a sentirla e sorrideva, baciandole le mani e accarezzandola nei capelli....

— Pazzerella, mattacchiona mia cara! Non ti sapevo così sospettosa e permalosa. Io ti ho promesso di svelarti il grande segreto, l’unico ch’io mi abbia per te, ad Andropoli; ma non ti ho però detto in qual giorno te l’avrei rivelato, se appena giunti, o più tardi, o magari l’ultimo giorno, quello della nostra partenza. Tu vedi dunque, che non ho mancato di parola, nè dimenticato la mia promessa.

Or bene, il giorno della rivelazione è giunto e te lo annunzio ad alta voce, solennissimamente.

Domani avrai il mio segreto, nel giorno della proclamazione del premio cosmico.

— E a qual’ora di questo giorno e in qual luogo?

[p. 311 modifica]— Nell’ora della proclamazione e nella grande sala dell’Accademia.

Maria saltò al collo di Paolo, e allegra come un puledro in festa lo baciò più e più volte.

Il malumore, la displicenza eran volati via, s’eran sfumati come nebbia mattutina fugata dal primo raggio di sole.

Per tutto quel giorno la sua allegria accumulata e non spesa per tanti giorni si scatenò tutta quanta, innondando di pazza gioia anche il suo Paolo. Ballarono, saltarono, si rincorsero come fanciulli.

La gioia è sempre giovane e nelle sue forme più belle è anche infantile. E Paolo e Maria per tutto quel giorno e la mattina appresso ebbero sempre fra tutti e due non più di sedici anni.



L’Accademia di Andropoli è il più alto Istituto scientifico del mondo. Conta cento membri, presi dalle più lontane regioni, [p. 312 modifica]e formano, direi, un vero Senato della scienza.

Eletti dal libero voto di tutti i pensatori del mondo, rappresenta tutte le branche delle scienze, delle lettere e delle arti, e non hanno altro obbligo che di trovarsi in Andropoli una volta all’anno, e precisamente il 31 dicembre, quando i segretari delle diverse regioni presentano la storia scientifica, letteraria e artistica dell’anno; ciascuno nella disciplina che gli è affidata.

Ritornati alla loro patria corrispondono coll’Accademia, per rispondere ai diversi problemi, che sono affidati al loro studio. Trenta fra loro sorteggiati risiedono per tutto l’anno nella capitale, dove hanno splendidi alloggi. Il loro onorario è di 500000 lire all’anno.

Ogni dieci anni si riuniscono tutti quanti per distribuire il premio cosmico e che vien conferito a colui, che abbia fatto la più grande scoperta di quel decennio. Il premio è di un milione di lire, e colui [p. 313 modifica]che lo guadagna ha diritto di sedere nel Consiglio supremo del Governo, e prende il titolo di Sofo, l’onorificenza più alta in tutto il mondo e eguale soltanto a quella del Pancrate.

Nell’anno 3000 si chiude appunto un decennio dall’ultimo premio, e i concorrenti sono 150.

Era appunto all’indomani del giorno, in cui Paolo e Maria avevano avuto il dialogo da noi riferito, che si doveva conferire il premio cosmico; e i nostri viaggiatori si recarono all’Accademia, che trovarono affollata da cento e cento curiosi, venuti da ogni parte del mondo per assistere alla gran festa della scienza.

La città è tutta imbandierata, le botteghe tutte chiuse, e nella piazza musiche variopinte riempiono l’aria di deliziose armonie.

Entrando nella gran sala delle assemblee Maria vide con grande stupore, che Paolo andò a sedere con lei nei posti riservati [p. 314 modifica]al Pancrate e ai suoi ministri, in due grandi seggiole dorate.

— Ma, Paolo mio, perchè mai ci sediamo qui? Non sarebbe meglio confondersi col pubblico, e sedere là nel fondo, dove potremmo senza suggezione conoscere e osservare ogni cosa?

— No, Mariuccia mia, perchè è il posto che mi spetta, ed io ho potuto ottenere dal Presidente, che anche tu sieda qui accanto a me. E oggi è qui che ti sarà svelato il mio segreto, l’unico mio segreto. —

Maria tacque e rimase immersa nell’estasi di una grande meraviglia, di un grandissimo stupore.

Intanto la sala si andava affollando sempre più e una musica deliziosa confortava in tutti la fatica dell’aspettare.

A un tratto la musica cessò, si diffuse all’intorno un silenzio solenne e i membri della presidenza presero i loro posti, sedendo fra i cento senatori della scienza.

In mezzo ad essi, in una poltrona più [p. 315 modifica]alta sedeva il Presidente, che portava al collo sospesa da una catena di palladio una grande medaglia d’oro, che stava a dire, ch’egli aveva riportato altre volte lo stesso premio cosmico, che si stava per conferire.

Il Presidente si alzò, e dopo aver dichiarata aperta la seduta, invitò il Segretario generale a leggere la relazione sul premio cosmico, e noi la riassumeremo per sommi capi.

I concorrenti al premio cosmico dell’anno 3000 sono 150. Un primo lavoro di analisi dei lavori presentati li ridusse subito a 50.

Più difficile fu il lavoro della seconda cernita, perchè in quelle cinquanta scoperte e invenzioni, molte avevano un valore reale; ma un po’ per volta i cinquanta divennero tre, e dei tre non fu troppo difficile scegliere l’uno, essendo riservato agli altri due il secondo e il terzo premio.

L’ingegnere inglese John Newton ha inventato una trivella gigantesca mossa da [p. 316 modifica]una nuova macchina elettrica, che ci permetterà di perforare tutto il nostro pianeta, giungendo al centro della terra. Potremo così conoscere la vera struttura del globo, fin qui divinata, ma non conosciuta; e chi sa di quali nuove forze potremo disporre nell’avvenire. L’invenzione è di una straordinaria importanza e perciò abbiamo dato all’ingegnere Newton il terzo premio.

Lo invito a recarsi alla Presidenza, per ricevere il premio.

L’ingegnere Newton era seduto accanto a Paolo. Si alzò, e recatosi al banco del Sofo, ricevette un diploma e una medaglia.

La musica intonò le sue armonie, e tutti gli astanti si alzarono ad applaudire il premiato.

E il segretario continuò a leggere la sua relazione:

Il celebre astronomo Carlo Copernic ha perfezionato talmente il telescopio da permetterci di vedere gli abitanti dei pianeti più vicini. Questa invenzione segna un’êra [p. 317 modifica]nuova nella storia della civiltà, e permettendoci di allargare i confini del mondo conosciuto, accrescerà all’infinito i tesori del nostro pensiero, lasciandoci anche sperare, che in un tempo non troppo lontano noi potremo metterci in relazione coi nostri fratelli planetarii.

Si trovò quindi ragionevole e giusto di accordare il secondo premio all’astronomo Copernic.

E qui nuovi applausi e nuove armonie.

Dopochè il Copernic ebbe ricevuto il premio, vi fu una lunga pausa di silenzio e di aspettazione. Quel silenzio esprimeva l’infinita curiosità di sapere, chi mai avesse potuto fare una scoperta ancor più grande. Perforare la terra da parte a parte e comunicare direttamente cogli antipodi!

E spiare la vita degli abitanti di Venere, di Mercurio, di Marte! Che cosa vi può essere mai di più grande?

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E il segretario riprese la parola.

La terza scoperta, signori e signore, e di certo la più grande, è quella dello psicoscopio, strumento che ci fa leggere facilmente i pensieri dell’uomo, verso cui si dirige.

Prego il signor Paolo Fortunati, di Roma, a voler venire al banco della presidenza per dimostrare praticamente come agisce il psicoscopio.

Maria a queste parole si sentì battere il cuore forte forte, guardò Paolo, che dopo averle stretta una mano convulsivamente, le disse all’orecchio:

— Ecco il mio segreto!

Si alzò, e salito a fianco del presidente dell’Accademia, si levò di tasca un piccolo strumento, a guisa di un doppio cannocchiale di tasca e lo rivolse verso il pubblico.

Il silenzio era stato grandissimo, appena il segretario aveva parlato, ma ora un [p. 319 modifica]grande rumore di seggiole smosse e di gente che si alzava, turbò la serena pace di quel luogo sacro alla scienza.

Era il rumore di molti, che improvvisamente lasciavano la sala, perchè avevano paura che si leggessero i pensieri, che in quel momento passavano per il loro cervello.

Paolo, benchè in quel momento fosse estremamente commosso, non potè a meno, di ridere a quella fuga tumultuosa.

Appena si ritornò al silenzio dell’aspettativa e più nessuno si mosse, Paolo rivolse il psicoscopio verso un fanciullo sui dieci anni, che stava seduto accanto alla sua mamma, e poi:

— Ecco là quel fanciullo, che pensa con grande dolore, che egli si sta annoiando in questa sala, ascoltando discorsi che non intende; mentre a casa sua i suoi fratelli giuocano a palla nel giardino. Egli dirige mentalmente a tutti noi delle maledizioni....

Tutta l’assemblea scoppiò in una risata omerica.

[p. 320 modifica]Paolo diresse allora il suo strumento qua e là, come se cercasse qualcuno o qualche cosa, e in modo da non far capire dove si fermasse più a lungo.

— Non accennerò ad alcuno in particolare, ma io leggo in più di dieci fra le persone qui convenute un grandissimo sdegno per la solenne ingiustizia commessa a loro riguardo dai nostri accademici. Essi avevano concorso al premio cosmico e non l’hanno conseguito.... In uno di essi poi leggo anche pensieri orrendi di odio e di vendetta....

A queste parole il tumulto di prima sorse di nuovo e più violento. Alle sedie smosse e cadute di chi abbandonava la sala, si unirono grida irose:

Profanazione! Profanazione! Abbasso il psicoscopio....

Paolo rimase imperterrito, e il Presidente suonò più volte il campanello, invocando silenzio e pace.

Intanto la sala si era vuotata più che mezza, e il segretario potè ripigliare la sua relazione:

[p. 321 modifica]L’Accademia ha creduto a voti unanimi di conferire il primo premio al signor Fortunati, perchè se le due altre scoperte ci allargano le frontiere del conoscibile, il psicoscopio ci promette un’êra nuova di moralità e di sincerità fra gli uomini.

Quando noi tutti sapremo, che chiunque può leggere nel nostro cervello, faremo sì che pensieri e opere non si contraddicano, e noi saremo buoni nel pensiero, come cerchiamo di esserlo nelle opere. È a sperare che col psicoscopio la menzogna sarà bandita dal mondo o almeno sarà un fenomeno rarissimo, che si andrà perdendo del tutto; come tutte le funzioni e gli organi, che non hanno più uno scopo necessario o utile.

E lasciamo da parte tutti i vantaggi, che potrà arrecarci il nuovo strumento nella diagnosi delle malattie mentali, nell’educazione, nella psicologia. La scienza del pensiero entrerà ben presto in un nuovo mondo, e di certo è assai più utile all’uomo [p. 322 modifica]il conoscere sè stesso, che il centro della terra o gli abitanti degli altri pianeti.

Dacchè l’uomo è comparso sulla terra, egli ha fatto immensi progressi nelle scienze, nelle arti, nelle lettere;, in tutto ciò che riguarda la vita del pensiero; ma nella moralità il progresso è ancora molto addietro, e non è punto in armonia con quello della mente. Il psicoscopio ci promette di realizzare questo sogno di tutti i secoli, quello cioè che il progresso morale sia parallelo a quello intellettuale, e siccome tutti crediamo, che il primo per la felicità degli uomini sia molto più importante dell’altro, ecco perchè l’Accademia ha creduto di dover assegnare il primo premio al signor Paolo Fortunati, che ha inventato il psicoscopio. —

Tutti quelli che erano rimasti nella sala, perchè non avevano paura che il terribile strumento ottico leggesse attraverso il loro cranio alcuni pensieri malvagi, si alzarono in piedi, applaudendo fragorosamente il fortunato vincitore del premio cosmico, e [p. 323 modifica]che anche nel suo nome portava quasi il vaticinio della sua gloria....

L’unica persona che non si alzò, era la più felice e la più commossa.

Era Maria, che si nascondeva il volto nel fazzoletto per celare le lagrime di una gioia infinita, che la innondava tutta quanta dal capo ai piedi


Paolo intanto era sceso dal banco della presidenza, era ritornato al suo posto, e là le lagrime di due felici si univano insieme, confondendosi nell’estasi di un’ebbrezza sola.

Tutti i presenti guardavano commossi quel gruppo dei due felici, persuasi che l’abbraccio di quella donna in quel momento, in quel luogo, era il premio più alto e primo della scoperta immortale di Paolo


[p. 324 modifica]Pochi giorni dopo Paolo e Maria, dopo aver avuto l’alto consenso del Tribunale sanitario di Andropoli, per unirsi nel matrimonio fecondo; ne ricevevano nel Tempio della Speranza il sacramento solenne, e da amanti, che lo erano già da varii anni, diventavano marito e moglie; avendo acquistato per consenso della scienza il più alto dei diritti, una volta concesso a tutti nei tempi barbari; quello cioè di trasmettere la vita alle generazioni future.



Fine.