L'agiografia di San Laverio del 1162/Capitolo XXVI

Capitolo XXVI

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Capitolo XXVI.

IL TRATTATO DI PACE DEL 1683.


Distrutta da tanta burrasca, nel capo della chiesa saponarese, la giurisdizione di Ordinario diocesano, restava l’altra reliquia dell’antica grandezza, la collegialità della chiesa stessa, che attribuiva ai suoi membri il diritto di eleggere il proprio capo. Il vescovo aveva già attaccato, anche da questo fianco, la nuova battaglia: e per astuzia di guerra fece si, che i canonici della cattedrale di Marsico ricorressero alla sacra Congregazione dei riti contro dodici preti della chiesa di Saponara, che, sedicenti canonici, ardivano di usurpare i titoli e le insegne proprie ai canonici autentici. La Congregazione dei riti, udite sole le informazioni del vescovo marsicano, proibisce ai canonici di Saponara, nel 1663, la usurpazione dei titoli e delle insegne. Inoltre la Rota romana in una sua decisione del 1661 sopra uno dei tanti incidenti sollevati dal clero saponarese, mentre rifermava il concetto dell’usurpata giurisdizione nell’arciprete, venne a negare altresì il grado di collegialità alla chiesa saponarese: di tal che, passando questa al grado di parrocchiale, non poteva essere provvista del suo capo e curato, se non dal vescovo. E il vescovo, pertanto, si affretta a pubblicare gli editti di concorso per la provvista dell’arci pretura di Saponara; e vi nomina un tale Morena. Ma come dargli il possesso di fatto, poiché l’avversa parte, clero e popolo, protesta, si appella e tempesta? Egli indice < la sante visita, > e un bel giorno arriva con sua corte in Saponara. Innanzi tutto, e sotto pena di scomunica, fa ordine che i preti non abbandonino la chiesa finché duri la < santa visita:> e in chiesa, adorno lui dei suoi ponteficali paludamenti, ordina, di punto in bianco, al Morena di vestire le insegne dell’uffizio e di celebrare i sacri riti come capo che egli era della chiesa e del clero. Qui preghiere, e proteste, e suppliche, e [p. 102 modifica]commosso parole dei preti, dei gentiluomini, di gentili donne, del popolo; ma il vescovo comanda e non piega: quand’ecco di un tratto balzare nel coro quattro incappucciati nel sacco di pia confraternita, e precipitarsi sul Morena; che scappa e scampa appena e lascia di qua e di là i brandelli dei sacri paramenti. Fugge coi preti e col popolo il vescovo; il quale fulmina l’interdetto, scaglia scomuniche e fabbrica processi. Non prima del 1680, dopo sentenze parecchie, fu dichiarato nullo l’interdetto dalla Congregazione dei riti. E non prima del 1682, dopo altre parecchie decisioni che di qua e di là s’interzavano come fuochi sui campi di battaglia, la chiesa di Saponara ebbe una definitiva decisione rotale che la dichiarò di nuovo Collegiata. E il vescovo, a sua volta, ne riappella. Ma lui morto, succede un pastore di più miti spiriti, di più benigno orecchio ai consigli e alle premure di eminenti uomini e pii di Saponara e delle terre circostanti, che per ragioni di alti ufficii risiedevano a Roma. Mercè l’intercessione di questi fu conchiuso un trattato tra le due potenze belligeranti in guerre più lunghe di quelle dei trent’anni: e il trattato di pace stabiliva che l’arciprete, il capitolo e i preti della chiesa saponarese, da una parte, riconoscevano nel vescovo di Marsico l’universale giurisdizione anche nella terra di Saponara; e dall'altra parte, il vescovo di Marsico e i canonici del duomo riconoscevano come collegiata la chiesa di Sant’Antonino di Saponara. E ritenendo, inoltre, come riservata alla Santa Sede la collazione dell’arcipretura siccome prima dignità del capitolo, riconoscevano pure nei dodici preti di Saponara il diritto al titolo, alle insegne ed al grado di canonici. Questo accordo fu stipulato in Roma il 21 agosto del 1683. E la < lagrimosa e secolare tragedia,» come la dice il buon Ramaglia, qui ebbe fine con scioglimento, se non lieto del tutto, non del tutto tragico.

Poi nel XVIII secolo non mancò di ripullulare il germoglio di un nuovo litigio tra i vecchi contendenti! — però si restringeva al diritto giuridico di un predicato e di una mostra! — se, cioè, la Collegiata di Saponara si avesse a dire < Insigne» o semplice e nuda collegiata, e se avesse diritto di tenere in mostra sull’abaco, ma intangibili, le vergini insegne pontificali, protesta [p. 103 modifica]e ricordo di tempi felici nella miseria.1 E nel nostro secolo nuovi getti germinarono dal vecchio tronco, e nuovi litigi si agitarono pel diritto di < necessaria collazione > degli uffìcii di canonici e di mansionarii, che spettava alla chiesa di Saponara e non al vescovo, — con nuova edizione e nuovi appezzamenti dei vecchi documenti della città: — finché nel vortice delle leggi del 1861 e del 1867, che ingoiò tutte lo collegiate — insigni e non insigni,— mandò un ultimo barlume l’antico istituto della collegiata saponarese, e si spense.

E sia fama od onore a questo antico e forte istituto, che pugnò e perseverò con costanza singolare. E sia fama ed onore a quegli uomini che, come i Giovan Francesco Danio, i Camillo Cotino, i Carlo Danio-Cotino ed altri, ne difesero i dritti, ne sostennero le ragioni, ne illustrarono la storia!

Note

  1. La lite fu agitata per parecchi anni innanzi al Tribunale misto in Napoli; finchè con regio dispaccio del 1° gennaio del 1763 fu ordinato che — la insigne Collegiata di Saponaria non fosse altrimenti molestata nelle sue prerogative, così del titolo d’insigne, come dell’uso. per mostra, delle insegne pontificali.— Per questo litigio si trova messa a stampa l’Allegazione, storico-giuridica, di Osofido Cecere, col titolo: «Per lo capitolo della chiesa di Sant’Antonino martire della città di Saponara, in provincia di Salerno, contro il vescovo di Marsico. Nel Tribunale misto, presso l’attitante D. Pasquale Grasiola. Napoli,15 agosto 1759.»
    «Avendo «gli Alti esecutori del Concordato» (del 1818 tra il Re di Napoli o la Santa Sede) con decisione del 1° giugno del 1812 dichiarata, per ogni effetto, vera collegiata la chiesa di Sant’Antonino, il vescovo di Marsico mosse questione sul diritto e sul possesso della collazione dei beneficii. Per questa lite fu messa a stampa l’Allegazione del dotto avvocato del Capìtolo, che fu il signor Giuseppe Nicola Roselli di Saponara, dal titolo: <<Per l’Arciprete o Capitolo della insigne collegiata Chiesa sotto il titolo di Sant’Antonino martire del comune di Saponara, in difesa del dritto di necessaria collazione, spettante ad essi Arciprete e Capitolo, dei canonicati e mansionameti della chiesa suddetta. Nell’alta Commissione del Concordato. Napoli, 1851.» — Ed a limitare la esecuzione delle disposizioni legislative napolitane del febbraio 1861, fu pubblicata dall’egregio canonico Francesco Paolo Capiti, vicario foraneo, la memoria dal titolo: «Ragioni per il Capitolo di Saponara, provanti la cura delle anime annessa alla insigne Collegiata sotto il titolo di Sant’Antonino martire, che è la sola chiesa in detta città. Potenza, 1863.»