L'Oceano/Lettera a N.

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L'Oceano Canto primo


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AL SIGNOR N.


Signor mio, V. S. m’ha mandati due Canti del suo Poema, i quali non sono nè i primi, nè seguiti. L’uno contiene la descrizione d’una battaglia, e l’altro un accidente amoroso. Quanto al Poema, io non posso giudicare quello ch’ egli sia per essere; mentre non veggo nè principio, nè mezzo, nè fine. Ma poichè Ella ne mostra un braccio e una gamba, io discorrerò di quel braccio e di quella gamba per quello che sono, e forse dalle qualità loro si potrà anche venire in qualche cognizione della riuscita di tutto il corpo; come si narra, che già al tempo antico i savi di Egitto, veggendo una scarpa sola di Rodope, fecero giudicio della bellezza di tutto il corpo suo.

La prima cosa adunque, lo stile a me pare assai buono e corrente, e credo che l’uso continuo gliel farà anco migliore. Sonovi alcuni pochi luoghi espressi stentatamente, ma nella revisione V. S. avrà più facile e franca la vena da poterli mutare in meglio. Le comparazioni sono poche, e potrebbono esser alcune di loro più nobilmente spiegate; l’arditezza dei translati alle volte ha qualche difficoltà, e sonovi alcune [p. 228 modifica]voci e frasi poco toscane segnate in margine. Ma quello che più importa, V. S. secondo l’uso moderno ha premuto più nei concetti inutili, che nelle cose essenziali: e seguita (per quant’io posso giudicare) la via degli altri, che trattano questa benedetta materia del Mondo Nuovo, che non sono pochi. Perciocchè oltre il Cavaliere Stigliani (che n’ha di già dati fuora venti Canti (e’l Villifranchi) ch’avea ridotto a buon segno il suo Poema, quando morì) io so tre altri che trattano anch’essi eroicamente l’istesso soggetto, e tutti danno in questo, di voler imitare il Tasso nella Gerusalemme, e Virgilio nell’Eneide; e niuno ricorda dell’Odissea, la quale, s’io non m’inganno, dovrebbe esser quella che servisse di Faro a chi disegna di ridurre a Poema Epico la navigazione del Colombo all’India Occidentale.

Già per pubblica fama e per istorie notissime a tutto il mondo si sa, che i popoli dell’India occidentale non avevano all’arrivo del Colombo in quelle parti nè ferro, nè cognizione alcuna di lui, e che andavano tutti nudi, oltre l’essere di natura pusillanimi e vili; se non vogliamo eccettuare i Cannibali, i quali, benchè andassero ignudi anch’essi, avevano nondimeno più del fiero, e combattevano con archi e saette di canna, con punte avvelenate.

A che dunque voler formare un Eroe guerriero, dove non si potea far guerra? O facendosi, si faceva contra uomini disarmati, ignudi e paurosi? Non vede V. S. che questo è un confondere l’Iliade con la Batracomiomachia, e introdurre un Achille, che divenga glorioso col far macello di rane? V. S. mi risponderà, che i suoi Indiani gli finge armati e bravi; e questo è forse ancor peggio, perciocchè ognun sa certo, che non aveano armi, e che non erano tali: onde esce apertamente del verisimile: e l’intelletto [p. 229 modifica]non può gustare di cosa seria, che abbia fondamento di falsità sì evidente: perchè la fantasia dalle cose notissime non estrae fantasmi diversi da quel che sono (ragione che intese anche, ma non la disse Aristotile) oltre che parimenti sa ognuno, che ’l Colombo fu piuttosto gran prudente, che gran guerriero.

Essendo adunque tutti gli altri popoli di quelle parti ignudi e vili, a me non pare che si possa far combattere il Colombo, eccetto che co’ Cannibali, i quali, benchè andassero anch’essi nudi, erano nondimeno tanto fieri e gagliardi, che combattendo con archi grandi, e saette con punte di pietra avvelenate, si poteva dalla vittoria acquistar onore. Ma bisognerebbe avvertire di non introdurre, come gli altri, il Colombo con un esercito: perciocchè oltre l’esser chiaro ch’ei non condusse se non tre caravelle con poca gente; mentre si mette in campo con un battaglione di cinque o sei mila fanti o cavalli armati contra una moltitudine di gente ignuda, non gli si può fare acquistar fama eroica, sebbene i nemici fossero centomila; essendo cosa ordinaria, che i pochi armati e bravi vincano i molti disarmati e inesperti. E per questo l’Ariosto quando introdusse il suo Orlando contra moltitudine vile, l’introdusse sempre solo. Però anche il Colombo, se non si vuole introdur solo, si deve almeno introdurre con sì pochi compagni, che a que’ compagni ed a lui sia glorioso ed eroico il vincere.

Quanto agli amori, ognun sa parimente che le donne ritrovate dal Colombo erano brune, e andavano anch’esse ignude; però era vanità il fingere in loro bellezze diverse dal colore e dal costume di quelle parti. L’introdurre poi in India altra gente d’Europa diversa da quella del Colombo, che combatta con lui, è il maggior errore che si possa fare, venendosi [p. 230 modifica]contra l’Istoria a levare a lui la gloria della vera sua azione eroica, che fu d’essere stato il primo senza controversia a tentare e scoprire il Mondo Nuovo.

Però quanto all’imprese gloriose ed eroiche del Colombo, io mi restringerei, come fece Omero, quando egli cantò gli errori d’Ulisse, a fortune di mare, a contrasti e macchine di Demoni, a incontri di Mostri, a incanti di Maghi, a impeti di genti selvaggie, e a discordie e ribellioni de’ suoi, che furono in parte cose vere. E negli amori andrei molto cauto, per non uscire del cerchio, e fingerei piuttosto le Indiane innamorate de’ nostri, che i nostri di loro, come nell’Istorie si legge d’Anacaona. E quanto all’invenzione che hanno trovata alcuni di trasportare donne d’Europa in quelle parti sulle navi del Colombo, io l’ho per debole assai. E tanto maggiormente, sapendosi che ’l Colombo a fatica ritrovò uomini che ’l seguitassero in quel suo primo passaggio.

Ma perchè pensai anch’io una volta a questo soggetto, e ne feci così all’infretta un poco d’abbozzamento del primo Canto, che contiene quello che occorse al Colombo dallo stretto di Gibilterra fino alle Canarie, dette l’Isole Fortunate; vegga V. S. s’egli potesse servire a lei per quello ch’ella disegna di fare, che gliene mando qui congiunta una copia, e le bacio le mani.


Servitore di V. S.

Alessandro Tassoni.