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voci e frasi poco toscane segnate in margine. Ma quello che più importa, V. S. secondo l’uso moderno ha premuto più nei concetti inutili, che nelle cose essenziali: e seguita (per quant’io posso giudicare) la via degli altri, che trattano questa benedetta materia del Mondo Nuovo, che non sono pochi. Perciocchè oltre il Cavaliere Stigliani (che n’ha di già dati fuora venti Canti (e’l Villifranchi) ch’avea ridotto a buon segno il suo Poema, quando morì) io so tre altri che trattano anch’essi eroicamente l’istesso soggetto, e tutti danno in questo, di voler imitare il Tasso nella Gerusalemme, e Virgilio nell’Eneide; e niuno ricorda dell’Odissea, la quale, s’io non m’inganno, dovrebbe esser quella che servisse di Faro a chi disegna di ridurre a Poema Epico la navigazione del Colombo all’India Occidentale.

Già per pubblica fama e per istorie notissime a tutto il mondo si sa, che i popoli dell’India occidentale non avevano all’arrivo del Colombo in quelle parti nè ferro, nè cognizione alcuna di lui, e che andavano tutti nudi, oltre l’essere di natura pusillanimi e vili; se non vogliamo eccettuare i Cannibali, i quali, benchè andassero ignudi anch’essi, avevano nondimeno più del fiero, e combattevano con archi e saette di canna, con punte avvelenate.

A che dunque voler formare un Eroe guerriero, dove non si potea far guerra? O facendosi, si faceva contra uomini disarmati, ignudi e paurosi? Non vede V. S. che questo è un confondere l’Iliade con la Batracomiomachia, e introdurre un Achille, che divenga glorioso col far macello di rane? V. S. mi risponderà, che i suoi Indiani gli finge armati e bravi; e questo è forse ancor peggio, perciocchè ognun sa certo, che non aveano armi, e che non erano tali: onde esce apertamente del verisimile: e l’intelletto