L'Asino e il Caronte/Il Caronte/Scena V
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Traduzione dal latino di Marcello Campodonico (1918)
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Scena V.
Caronte e Mercurio mentre passeggiano.
Car. — Come è piacevole un intermezzo di riposo in mezzo ad occupazioni faticose! E se in quel riposo vi si offre un piacere, quanto questo risulta più gradito! Io per me ho sempre pensato che la voluttà deve essere rara, e che tanto più è dilettevole quanto più è onesta. L’ozio poi non l’ho mai approvato, e il riposo devesi concedere soltanto per ristorare le forze del corpo o per sollievo dalle cure dell’animo. In questi ultimi due anni non ho avuto un piacere maggiore di quello d’oggi... Come scorre limpido e blando questo ruscello! si scorgono nitide le pietruzze e l’erbe del suo alveo!...
Merc. — Tale scorre il Clitunno1 attraverso il paese degli Umbri; soltanto che quello è più ricco d’acque, e questo, non facendo alcun gorgo ma scorrendo sempre placido e lene, ha le rive più amene e più dilettevoli ancora. Che ne dici di questi prati, Caronte?
Car. — Quanti bei fiori! e quanto profumo!... Questi di color ferrigno che fiori sono?
Merc. — Sono quelli che i mortali chiamano viole, o garofani, e di cui si fan le corone, mescolandoli coi ligustri.
Car. — E quali sono i ligustri?
Merc. — Quelli là su quella sponda, che han tanti fiori e così candidi...
Car. — Da noi li chiamano albicanti...
Merc. — Questo poi è il fiore più in pregio presso i superni: lo chiamano rosa.
Car. — Come se fosse fatto di rugiada...
Merc. — Proprio di rugiada... Ora guarda lì: si può trovar nulla più bello del fior di giacinto?
Car. — Eppure al mattino versa le sue lagrimucce, e per questo gli ortolani lo chiamano «il tristerello».
Merc. — C’è chi legge in esso anche un’esclamazione di dolore...
Car. — In mezzo a tanti fiori non si sente stanchezza di cammino: affrettiamoci un poco per non far tardi...
Merc. — È proprio dell’uomo assennato non lasciar correre inutilmente il tempo, anche in mezzo al piacere.
Car. — Il piacere non lascia sentir la fatica; direi anzi che l’attività è di per sè stessa un piacere, un grande piacere. Ahimè! siamo quasi alla fine del prato; e se non m’inganno, là sotto quel vecchio cipresso i due giudici ci attendono. Teniamo d’occhio quel cipresso, per non smarrirci ora nel bosco.
Note
- ↑ Il Clitunno sulle rive d’Acheronte! Il Pontano non l’ha mai dimenticato... Ma ci vuole un bell’ardire!