L'Argentina vista come è/Unioni e scissioni
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UNIONI E SCISSIONI.1
Gl'italiani al Plata sono riuniti in circa trecento associazioni diverse: il che significa che sono perfettamente disuniti.
La questione delle associazioni ha laggiù un'importanza speciale perchè da essa deriva una grande debolezza, una mancanza di coesione morale, una dispersione di forze e di ricchezze nella nostra colonia, mentre potrebbe e dovrebbe essere un elemento di unione e di potenza.
La cosa andrebbe studiata con cura. Noi abbiamo nel sangue un po' di spirito di scissione; è indubitabile. Il disaccordo non è lo stato meno normale dei nostri spiriti; la discussione ci piace. Anche quando siamo in due abbiamo sempre qualche idea altrui da combattere e qualche idea nostra da patrocinare. È un difetto latino; le nostre anime si avvolgono nell'antica toga sempre pronte all'orazione. Le discussioni sprizzano fuori dall'urto delle opinioni come le scintille dall'urto dei corpi, e noi amiamo soverchiamente queste scintille della discussione. Da questo viene il caratteristico chiacchierìo tumultuoso della nostra folla a cui si contrappone il mutismo solenne e impressionante della folla inglese, per esempio, della quale si ode il rumore, ma non la voce. Una folla anglo-sassone o teutonica agitata da un entusiasmo è unita persino nell'evviva!, col suo hip, hip, urrah!, e canta in coro. E il canto collettivo — anche quando è stonato — è il segno migliore dell'accordo.
Questo nostro spirito di scissione noi lo troviamo esagerato negli italiani all'estero, e specialmente in America. La massa della nostra emigrazione, come già abbiamo avuto occasione di rilevare, proveniente da paesi diversissimi, misera e incolta nella generalità dei casi, è nel complesso deficiente di quelle qualità che formano il carattere nazionale. Per di più la necessità del lavoro la divide: la lotta accanita per l'esistenza o per la fortuna fa di un uomo quasi l'avversario d'ogni altro uomo. Le preoccupazioni della vita attuale distolgono la mente dalle cose della patria, le cui conseguenze, del resto, non sono più immediate; la distanza e il tempo annebbiano e discolorano quanto si è lasciato indietro; sulla nuova terra altre tradizioni ed altre usanze fioriscono e fanno dimenticare le antiche; ogni cosa, insomma, concorre ad allentare i vincoli dell'unione. Infine l'allargarsi d'una nuova civiltà offre a tutte le ambizioni in concorrenza l'esca di nuovi onori, reali e fittizî.
L'onore che è più a portata di mano laggiù è dato dalla carica di presidente, di consigliere, di segretario, di qualche cosa insomma di una società italiana. Vi sono società italiane utili e benemerite della collettività, ma ve ne sono molte il cui scopo è proprio quello di fornire delle cariche sociali ai soci, un titolo onorifico da sostituire al cavalierato che il democratico regime americano non ammette. Le cariche sociali vi si cambiano a turno una volta all'anno. Così chiunque può diventare il señor Presidente; il che in Republica è straordinariamente lusinghiero. Un distintivo all'occhiello, il diritto di prendere la parola in un Comizio o di mettere il proprio nome in fondo ad un manifesto, esercitano un'attrazione straordinaria.
Quando una società comincia a diventare troppo numerosa, subito la minoranza, priva di cariche sociali, si stacca in massa e fonda una nuova società. Molte associazioni italiane si riproducono per scissione, come i bacilli.
Da questa straordinaria quantità di associazioni l'unione non è certo cementata; è una fermentazione di rivalità, di antipatie, di ambizioni e anche d'interessi, un lavorìo demolitore, un indebolimento doloroso, una corrosione lenta e continua della compagine morale della nostra colonia.
Quando una gioia o un lutto della Nazione fanno battere all'unisono tutti i cuori italiani, quando giunge dalla Patria un grido d'entusiasmo o di dolore, allora si compie per un momento il miracolo dell'unione, allora tutte le bandiere, gli stendardi e i simboli degli innumerevoli gruppi italiani si vedono riuniti per le vie agitati dallo stesso fremito, in mezzo ad un popolo, un altro popolo italiano, che è mosso da uno stesso amore. Si ha in quel momento la visione rapida, di fronte all'imponenza della massa enorme, della irresistibile possanza della nostra unione. Ma è un momento! Il giorno dopo, la discordia ricomincia il suo triste lavoro di tarlo, che sgretola, polverizza e disperde l'anima italiana.
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Non parliamo delle associazioni e dei circoli che hanno per scopo il divertimento; essi si comprendono; il loro moltiplicarsi o il loro diminuire non ha alcuna influenza sopra l'unione della collettività. Anzi la loro presenza è un bene perchè i nostri connazionali vi trovano un sollievo e un riposo, che senza tali clubs dovrebbero cercare in ambiente straniero. Esaminiamo invece quelle associazioni il cui scopo non è il divertimento, ma l'interesse. Nella sola Buenos Aires vi sono sopra a cinquanta Società di mutuo soccorso e di previdenza.
La prima di queste società la Unione e Benevolenza venne fondata nel '58. In quell'epoca la forma di mutuo soccorso s'imponeva, era l'unica garanzia per i lavoratori dispersi in un paese nuovo, e anche l'unica forma di difesa che fino allora la previdenza collettiva avesse trovato.
La scissione si è manifestata subito nella prima società, dalla quale si distaccò, tre anni dopo dalla fondazione, la Nazionale Italiana. E altre e altre si formarono; dalla XX Settembre si stacca la Nuova XX Settembre. Sorgono la Colonia Italiana, l’Unione Operai Italiani, l’Italia Unita, la Giovane Italia, e nello stesso anno l’Italia (senza aggettivi); più tardi la Nuova Italia, l’Italia Risorta, l’Italia al Plata, e — ironia dei nomi — l’Unione Italiana. Due società di mutuo soccorso prendono il nome di Vittorio Emanuele II, due di Cavour, due di Umberto I. L'associazione di mutuo soccorso Galileo Galilei, non è la stessa — come potrebbe credersi — della Eppur si muove. Una serie di associazioni si forma in nome della fratellanza: Unione e Fratellanza, Progresso e Fratellanza, Fratellanza Artigiana... Si formano associazioni femminili di mutuo soccorso: l’Unione e Benevolenza femminile, la Margherita di Savoia, la Figlie d'Italia, la Società femminile...
È facile immaginare quanto tale suddivisione di capitali, di amministrazioni e di forze direttive sia a tutto nocumento del mutuo soccorso. Ma dall'84 comincia a far capolino una ben più grave e dolorosa divisione, che viene a scindere non soltanto gl'interessi della collettività, ma i suoi sentimenti di patriottismo e di amore; intendo parlare del regionalismo. Sorge prima una Unione Meridionale che accentua la triste rivalità fra il nord e il sud. Segue la Stella di Napoli, poi una Partenope, dalla quale naturalmente si distacca una Nuova Partenope; poi l’Unione Calabrese, il Circolo Sannitico, la Veneta di M. S., l’Abruzzo, la Magna Grecia, l’Unione Sarda, la Ligure di M. S., il Centro Pugliese, i Figli di Sicilia e via via.
Tutti questi innumerevoli aggruppamenti, aventi un unico scopo, non erano proprio necessarî; le antiche piaghe delle nostre fraterne discordie, cicatrizzate in Patria, si riaprono laggiù. Lo spirito italiano, non troppo forte all'inizio, ne è sempre più indebolito. E la Patria disgraziatamente non esercita quell'azione tutelare, al di sopra di tutte le lotte di campanile, azione che dovrebbe essere come una dolce amorosa protezione materna sui figli lontani. I figli crescono in discordia quando la madre non li cura!
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Il mutuo soccorso si è cristallizzato nell'antica forma perchè non ha mai avuto la forza, data la suddivisione ad oltranza dei capitali, di trasformarsi nella moderna assicurazione. Le molteplici società di mutuo soccorso nella sola Capitale hanno quasi ognuna una sede propria, per la quale si è immobilizzata grande parte del capitale sociale. I soci pagano una tassa mensile che varia intorno ad un peso e mezzo (L. 4 circa) per avere la visita medica gratuita nei periodi di malattia, e una piccola pensione di un peso circa al giorno fino alla guarigione, pensione che decresce secondo norme stabilite e che in certi casi diviene minima. Riunite tutte queste associazioni bonearensi, compresa la Società di Beneficenza in una, si avrebbe un sodalizio con venticinque milioni di capitale, con settantamila soci che, pagando premî minimi, verserebbero sette milioni circa di franchi all'anno. Quante miserie sollevate, quante lacrime asciugate, quante rovine scongiurate! E sopra tutto quale forza prodigiosa non verrebbe ai nostri connazionali da questa unione d'interessi, e quale indipendenza?
Alcune delle società che ho nominato, e specialmente le più antiche, debbono essere considerate al di fuori del meschino battagliare delle ambizioni e delle rivalità. La loro colpa è quella di non aver compreso quanti danni venivano per riflesso alla Patria ed alla colonia per la loro disunione, e di non essersi modificate col volgere degli anni. Ma in compenso queste associazioni hanno prodigato tanto bene nella collettività, da esse sono partite nobili iniziative, e la loro azione, per quanto divisa, ha avuto sempre per movente l'amore all'Italia, riuscendo a mantenere più a lungo che fosse possibile i vincoli fra la Madre Patria e i suoi figli lontani.
La Società di Beneficenza da cui dipende l'Ospedale italiano, ha potuto curare sopra a quarantamila infermi, in venticinque anni; la sede dell'Ospedale, da pochi mesi inaugurata, costa tre milioni circa, e non ha nulla da invidiare alle migliori cliniche.
Undici di queste associazioni italiane di Buenos Aires, e dieci nelle provincie, hanno diritto sopra le altre alla nostra più viva simpatia e alla nostra riconoscenza, perchè mantengono a loro spese delle scuole italiane. Esse hanno compreso che solo la scuola poteva essere il mezzo per tenere vivo nella colonia il sacro fuoco dell'amor di Patria. Hanno lottato contro ogni difficoltà con perseveranza e patriottismo per cercar di dare ai figli d'italiani un po' d'anima italiana. Sono riusciti? Questo esamineremo spassionatamente più avanti. Alla questione delle scuole italiane è legato il grave problema dei «figli d'italiani», che vivamente c'interessa, perchè rappresenta il problema dell'avvenire.
Per ora osserviamo che le scuole italiane di tutta la Repubblica Argentina sono frequentate solo da tremila e cinquecento bambini, debole cifra se si pensa al numero grande di italiani che vivono laggiù.
Così la scuola italiana non può avere una profonda e vasta influenza sulle generazioni che crescono; essa resta come un simbolo, più che come istituzione viva e vivificante; un simbolo per il quale lottano tanti patriotti generosi. Ma pure, anche se quelle scuole non dovessero avere altro risultato che questa santa lotta per l'italianità, non potrebbero dirsi inutili. Dove si lotta, sia pure perdendo, è segno che si vive. Tutto è meglio dell'indifferenza.
Ma nelle scuole, come disgraziatamente in quasi tutto quanto parte dalla iniziativa italiana, troviamo il segno d'una profonda divisione come un peccato originale. Ogni scuola fa da sè, come ogni società fa da sè.
Si è parlato qualche volta di unione, ma vi sono grandi interessi — non nostri questi — cui giova mantenere debole l'elemento italiano, e molte piccole ambizioni — nostre queste purtroppo — che si nutrono delle scissioni.
Chi sa, forse, che se dalla Patria — la quale con più affetto dovrebbe vigilare e proteggere i suoi figli — partisse la voce della concordia e dell'amore, non verrebbe ascoltata!
Se la Madre parlasse, chi sa!
- ↑ Dal Corriere della Sera del 30 luglio 1902.