Mentre che in Romagna le cose secondo questo ordine si travagliavano, non stettono i Fiorentini quieti infra loro. Era in Firenze, intra i cittadini reputati nel governo, Neri di Gino Capponi, della cui reputazione Cosimo de’ Medici più che di alcuno altro temeva, perché al credito grande che gli aveva nella città, quello che gli aveva con i soldati si aggiugneva; perché, essendo stato molte volte capo degli eserciti fiorentini, se li aveva, con la virtù e con i meriti guadagnati. Oltre a di questo, la memoria delle vittorie che da lui e da Gino suo padre si ricognoscevano (avendo questo espugnata Pisa, e quello vinto Niccolò Piccino ad Anghiari) lo faceva amare da molti e temere da quelli che desideravono non avere nel governo compagnia Intra molti altri capi dello esercito fiorentino era Baldaccio di Anghiari, uomo in guerra eccellentissimo, perché in quelli tempi non era alcuno, in Italia, che di virtù di corpo e d’animo lo superassi; e aveva intra le fanterie, perché di quelle sempre era stato capo, tanta reputazione che ogni uomo existimava che con quello in ogni impresa e a ogni sua volontà converrebbono. Era Baldaccio amicissimo a Neri, come quello che per le sue virtù, delle quali era sempre stato testimone, lo amava; il che arrecava agli altri cittadini sospetto grandissimo. E giudicando che fussi il lasciarlo pericoloso e il tenerlo pericolosissimo, deliberorono di spegnerlo. Al quale loro pensiero fu in questo la fortuna favorevole: era gonfaloniere di giustizia messer Bartolomeo Orlandini: costui, sendo mandato alla guardia di Marradi quando, come di sopra dicemmo, Niccolò Piccino passò in Toscana, vilmente se ne era fuggito, e aveva abbandonato quel passo che per sua natura quasi si difendeva; dispiacque tanta viltà a Baldaccio, e con parole ingiuriose e con lettere fece noto il poco animo di costui: di che messer Bartolomeo ebbe vergogna e dispiacere grande; e sommamente desiderava vendicarsene, pensando di potere, con la morte dello accusatore, la infamia delle sue colpe cancellare.