Istorie fiorentine/Libro sesto/Capitolo 5

Libro sesto

Capitolo 5

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Ferma la guerra in Lombardia, restavano le armi del Regno; le quali, non si potendo quietare, furono cagione che di nuovo in Lombardia si ripigliassero. Era il re Rinato da Alfonso di Ragona stato spogliato, mentre la guerra di Lombardia si travagliava di tutto il reame eccetto che di Napoli, tale che Alfonso parendogli avere la vittoria in mano, deliberò, mentre assediava Napoli, torre al Conte Benevento e gli altri suoi stati che in quelle circunstanze possedeva; perché giudicava questo fatto potergli sanza suo periculo riuscire, sendo il Conte nelle guerre di Lombardia occupato. Successe ad Alfonso per tanto facilmente questa impresa; e con poca fatica tutte quelle terre occupò; ma venuta la nuova della pace di Lombardia, Alfonso temé che il Conte non venisse, per le sue terre, in favore di Rinato, e Rinato sperò per le medesime cagioni in quello. Mandò per tanto Rinato a sollecitare il Conte, pregandolo che venisse a soccorrere uno amico e d’uno nimico a vendicarsi. Dall’altra parte Alfonso pregava Filippo che dovesse, per la amicizia aveva seco fare dare al Conte tanti affanni che, occupato in maggiori imprese, fusse di lasciare quella necessitato. Accettò Filippo questo invito, sanza pensare che turbava quella pace la quale poco davanti aveva con tanto suo disavantaggio fatta. Fece per tanto intendere a papa Eugenio come allora era tempo di riavere quelle terre che il Conte, della Chiesa, ocupava; e a questo fare gli offerse Niccolò Piccino pagato mentre che la guerra durasse; il quale, fatta la pace, si stava con le sue genti in Romagna. Prese Eugenio cupidamente questo consiglio, per lo odio teneva con il Conte e per il desiderio aveva di riavere il suo; e se altra volta fu con questa medesima speranza da Niccolò ingannato, credeva ora, intervenendoci il Duca, non potere dubitare di inganno; e accozzate le genti con quelle di Niccolò, assalì la Marca. Il Conte, percosso da sì inopinato assalto, fatto testa delle sue genti, andò contro al nimico. In questo mezzo il re Alfonso occupò Napoli; donde che tutto quel regno, eccetto Castelnuovo, venne in sua potestà. Lasciato per tanto Rinato, in Castelnuovo, buona guardia, si partì; e venuto a Firenze, fu onoratissimamente ricevuto; dove stato pochi giorni, veduto non potere fare più guerra se ne andò a Marsilia. Alfonso, in questo mezzo, aveva preso Castelnuovo, e il Conte si trovava, nella Marca, inferiore al Papa e a Niccolò; per ciò ricorse a’ Viniziani e Fiorentini per aiuti di gente e di danari, mostrando che, se allora ei non pensavano di frenare il Papa e il Re, mentre che gli era ancora vivo, ch’eglino arebbono, poco di poi, a pensare alla salute propria, perché si accosterebbono con Filippo, e dividerebbonsi la Italia. Stettono i Fiorentini e i Viniziani un tempo sospesi, sì per non giudicare se si era bene inimicarsi con il Papa e con il Re, sì per trovarsi occupati nelle cose de’ Bolognesi. Aveva Annibale Bentivogli cacciato di quella città Francesco Piccinino, e per potersi defendere dal Duca, che favoriva Francesco, aveva a’ Viniziani e Fiorentini domandato aiuto; e quelli non gliene avieno negato; in modo che, essendo in queste imprese occupati, non potevono resolversi ad aiutare il Conte. Ma sendo seguito che Annibale aveva rotto Francesco Piccinino, e parendo quelle cose posate, deliberorono i Fiorentini suvvenire al Conte; ma prima, per assicurarsi del Duca, rinnovorono la lega con quello. Da che il Duca non si discostò, come colui che aveva consentito si facesse guerra al Conte mentre che il re Rinato era in su l’armi, ma vedutolo spento e privo in tutto del Regno, non gli piaceva che il Conte fusse de’ suoi stati spogliato e per ciò, non solamente consentì agli aiuti del Conte, ma scrisse ad Alfonso che fusse contento di tornarsi nel Regno e non gli fare più guerra. E benché da Alfonso questo fusse fatto mal volentieri, non di meno, per gli oblighi aveva con il Duca, deliberò sodisfargli, e si tirò con le genti di là dal Tronto.