Istorie fiorentine/Libro sesto/Capitolo 35

Libro sesto

Capitolo 35

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Era, per tornare donde io mi partii, il re Alfonso, come di sopra dicemmo, male contento della pace; e poi che la guerra ch’egli aveva fatta muovere da Iacopo Piccinino a’ Sanesi sanza alcuna ragionevole cagione non aveva alcuno importante effetto partorito, volle vedere quello che partoriva quella la quale, secondo le convenzioni della lega, poteva muovere. E però, l’anno 1456, mosse per mare e per terra guerra a’ Genovesi, desideroso di rendere lo stato agli Adorni e privarne i Fregosi che allora governavano; e dall’altra parte fece passare il Tronto a Iacopo Piccinino contro a Gismondo Malatesti. Costui perché aveva guernite bene le sue terre stimò poco lo assalto di Iacopo; di maniera che da questa parte la impresa del Re non fece alcuno effetto, ma quella di Genova partorì a lui e al suo regno più guerra che non arebbe voluto. Era allora duce di Genova Pietro Fregoso. Costui, dubitando non potere sostenere l’impeto del Re, deliberò quello che non poteva tenere donarlo almeno ad alcuno che da’ nimici suoi lo defendesse e qualche volta, per tale beneficio, gliene potesse giusto premio rendere. Mandò per tanto oratori a Carlo VII re di Francia, e gli offerì lo imperio di Genova. Accettò Carlo la offerta, e a prendere la possessione di quella città vi mandò Giovanni d’Angiò figliuolo del re Rinato, il quale di poco tempo avanti si era partito da Firenze e ritornato in Francia. E si persuadeva Carlo che Giovanni, per avere presi assai costumi italiani, potesse meglio che uno altro governare quella città; e parte giudicava che di quindi potesse pensare alla impresa di Napoli; del quale regno Rinato suo padre era stato da Alfonso spogliato. Andò per tanto Giovanni a Genova dove fu ricevuto come principe, e datogli in sua potestate le fortezze della città e dello stato.