Mentre che queste cose in Toscana in simil modo si travagliavano, il conte Francesco, in Lombardia, sendo diventato capitano de’ Milanesi, prima che ogni altra cosa si fece amico Francesco Piccinino, il quale per li Milanesi militava, acciò che nelle sue imprese lo favorisse, o con più rispetto lo ingiuriasse. Ridussesi adunque con lo esercito suo in campagna, onde che quelli di Pavia giudicorono non si potere dalle sue forze difendere, e non volendo dall’altra parte ubbidire a’ Milanesi, gli offersono la terra con queste condizioni che non li mettessi sotto lo imperio di Milano. Desiderava il Conte la possessione di quella città, parendogli uno gagliardo principio a potere colorire i disegni suoi, né lo riteneva il timore o la vergogna del rompere la fede, perché gli uomini grandi chiamono vergogna il perdere, non con inganno acquistare; ma dubitava, pigliandola, non fare sdegnare i Milanesi in modo che si dessero a’ Viniziani; e non la pigliando, temeva del duca di Savoia, al quale molti cittadini si volevono dare, e nell’uno caso e nell’altro gli pareva essere privo dello imperio di Lombardia. Pure non di meno, pensando che fusse minor pericolo nel prendere quella città che nel lasciarla prendere ad uno altro deliberò di accettarla, persuadendosi potere acquietare i Milanesi. A’ quali fece intendere ne’ pericoli s’incorreva quando non avessi accettata Pavia, perché quelli cittadini si sarebbono dati o a’ Viniziani o al Duca, e nell’uno e nell’altro caso lo stato loro era perduto; e come ei dovevono più contentarsi di avere lui per vicino amico, che uno potente, quale era qualunque di quelli, e nimico. I Milanesi si turborono assai del caso, parendo loro avere scoperta l’ambizione del Conte e il fine a che egli andava; ma giudicorono non potere scoprirsi, perché non vedevono, partendosi dal Conte, dove si volgere altrove che a’ Viniziani, de’ quali la superbia e le gravi condizioni temevano; e per ciò deliberorono non si spiccare dal Conte, e per allora rimediare con quello ai mali che soprastavano loro, sperando che, liberati da quelli, si potrebbono ancora liberare da lui; perché, non solamente da’ Viniziani, ma ancora dai Genovesi e duca di Savoia, in nome di Carlo d’Orliens, nato d’una sorella di Filippo, erano assaliti. Il quale assalto il Conte con poca fatica oppresse. Solo adunque gli restorono nimici i Viniziani, i quali con uno potente esercito volevono occupare quello stato, e tenevano Lodi e Piacenza, alla quale il Conte pose il campo, e quella, dopo una lunga fatica, prese e saccheggiò. Di poi, perché ne era venuto il verno, ridusse le sue genti nelli alloggiamenti, ed egli se ne andò a Cremona, dove tutta la vernata con la moglie si riposò.