Istorie fiorentine/Libro sesto/Capitolo 16

Libro sesto

Capitolo 16

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Aveva lo esercito fiorentino le vettovaglie dalle terre circunstante, le quali, per essere rade e poco abitate, lo prevedevono con difficultà; tale che lo esercito ne pativa, e massimamente mancava di vino, perché, non vi se ne ricogliendo e d’altronde non ne potendo avere non era possibile che se ne avesse per ciascuno. Ma il Re, ancora che dalle genti fiorentine fusse tenuto stretto, abbondava, da strame in fuora, d’ogni cosa, perché era per mare di tutto proveduto. Vollono per tanto i Fiorentini fare pruova se per mare ancora le genti loro potessero suvvenire, e caricorono le loro galeazze di viveri; e fattole venire, furono da sette galee del Re incontrate, e dua ne furono prese, e dua fugate. Questa perdita fece perdere la speranza alle genti fiorentine del rinfrescamento; onde che dugento saccomanni o più, per mancamento massime del vino, si fuggirono nel campo del Re; e l’altre genti mormoreggiavano, affermando non essere per stare in luoghi caldissimi, dove non fusse vino a l’acque fussero cattive; tanto che i commissari deliberorono abbandonare quel luogo, e volsonsi alla recuperazione di alcune castella che ancora restavano in mano al Re. Il quale dall’altra parte, ancora che non patissi di viveri e fusse superiore di genti, si vedeva mancare, per essere il suo esercito ripieno di malattie che in quelli tempi i luoghi maremmani producono; e furono di tanta potenza che molti ne morivano e quasi tutti erano infermi. Onde che si mossono pratiche di accordo, per il quale il Re domandava cinquanta mila fiorini, e che Piombino gli fusse lasciato a discrezione. La qual cosa consultata a Firenze, molti, desiderosi della pace, l’accettavano, affermando non sapere come si potesse sperare di vincere una guerra che a sostenerla tante spese fussero necessarie, ma Neri Capponi, andato a Firenze, in modo con le ragioni la sconfortò, che tutti i cittadini d’accordo a non la accettare convennono, e il signore di Piombino per loro raccomandato accettorono, e a tempo di pace e di guerra di suvvenirlo promissono, purché non si abbandonasse, e si volesse, come infino allora aveva fatto, difendere. Intesa il Re questa deliberazione, e veduto, per lo infermo suo esercito, di non potere acquistare la terra si levò quasi che rotto da campo; dove lasciò più che dumila uomini morti; e con il restante dello infermo esercito si ritirò nel paese di Siena, e di quindi nel Regno, tutto sdegnato contro a’ Fiorentini, minacciandoli, a tempo nuovo, di nuova guerra.