Istorie fiorentine/Libro quarto/Capitolo 5

Libro quarto

Capitolo 5

../Capitolo 4 ../Capitolo 6 IncludiIntestazione 31 agosto 2009 75% Storia

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Non si era ancora venuto con il Duca a manifesta rottura; ma ogni cosa era piena di sospetto, perché Filippo aveva, a richiesta del legato di Bologna, il quale temeva di messer Antonio Bentivogli, che fuori uscito si trovava a Castel Bolognese, mandate genti in quella città; le quali, per essere propinque al dominio di Firenze, tenevono in sospetto lo stato di quella. Ma quello che fece più spaventare ciascuno, e dette larga cagione di scoprire la guerra, fu la impresa, che il Duca fece, di Furlì. Era signore di Furlì Giorgio Ordelaffi, il quale, venendo a morte, lasciò Tibaldo suo figliuolo sotto la tutela di Filippo; e benché la madre, parendogli il tutore sospetto, lo mandasse a Lodovico Alidosi suo padre, che era signore di Imola, non di meno fu forzata dal popolo di Furlì, per la osservanza del testamento del padre, a rimetterlo nelle mani del Duca. Onde Filippo, per dare meno sospetto di sé, e per meglio celare lo animo suo, ordinò che il marchese di Ferrara mandasse come suo procuratore Guido Torello, con gente, a pigliare il governo di Furlì. Così venne quella terra in potestà di Filippo. La qual cosa, come si seppe a Firenze, insieme con la nuova delle genti venute a Bologna, fece più facile la deliberazione della guerra non ostante che l’avesse grande contradizione e che Giovanni de’ Medici publicamente la sconfortasse, mostrando che, quando bene si fusse certo della mala mente del Duca, era meglio aspettare che ti assaltasse che farsegli incontro con le forze; perché in questo caso così era giustificata la guerra nel conspetto de’ principi di Italia da la parte del Duca come da la parte nostra, né si poteva animosamente domandare quelli aiuti che si potrebbono scoperta che fusse l’ambizione sua, e con altro animo e con altre forze si difenderebbero le cose sue che quelle d’altri. Gli altri dicevano che non era da aspettare il nimico in casa; ma di andare a trovare lui; e che la fortuna è amica più di chi assalta che di chi si difende; e con minori danni, quando fusse con maggiore spesa, si fa la guerra in casa altri che in casa sua. Tanto che questa opinione prevalse, e si deliberò che i Dieci facessero ogni rimedio perché la città di Furlì si traesse delle mani del Duca.