Istorie fiorentine/Libro quarto/Capitolo 20

Libro quarto

Capitolo 20

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Parlato per tanto che fu per la impresa e contro alla impresa, si venne, secondo il costume, secretamente a ricercare la volontà degli uomini; e di tutto il numero, solo novantotto la contradissero. Fatta per tanto la deliberazione, e creati i Dieci per trattare la guerra, soldorono gente a piè e a cavallo; deputorono commissari Astorre Gianni e messer Rinaldo degli Albizzi, e con Niccolò Fortebraccio di avere da lui le terre aveva prese, e che seguisse la impresa come soldato nostro, convennono. I commissari, arrivati con lo esercito nel paese di Lucca, divisono quello; e Astorre si distese per il piano, verso Camaiore e Pietrasanta, e messer Rinaldo se ne andò verso i monti, giudicando che, spogliata la città del suo contado, facil cosa fusse, di poi, lo espugnarla. Furono le imprese di costoro infelici, non perché non acquistassero assai terre, ma per i carichi che furno, nel maneggio della guerra, dati all’uno e all’altro di loro. Vero è che Astorre Gianni de’ carichi suoi se ne dette evidente cagione. È una valle propinqua a Pietrasanta, chiamata Seravezza, ricca e piena di abitatori, i quali, sentendo la venuta del Commissario, se gli feciono incontro, e lo pregorono gli accettasse per fedeli servidori del popolo fiorentino. Mostrò Astorre di accettare le offerte; di poi fece occupare alle sue genti tutti i passi e luoghi forti della valle, e fece ragunare gli uomini nel principale tempio loro; e di poi gli prese tutti prigioni, e alle sue genti fe’ saccheggiare e destruggere tutto il paese, con esemplo crudele e avaro, non perdonando a luoghi pii, né a donne, così vergini come maritate. Queste cose, così come le erano seguite, si seppono a Firenze, e dispiacquono non solamente a’ magistrati, ma a tutta la città.