Dico per tanto che lo stato il quale in Firenze da la morte di messer Giorgio Scali ebbe, nel 1381, il principio suo fu prima dalla virtù di messer Maso degli Albizzi, di poi da quella di Niccolò da Uzano sostenuto. Visse la città da il 1414 per infino al ’22 quietamente sendo morto il re Ladislao, e lo stato di Lombardia in più parti diviso in modo che di fuora né dentro era alcuna cosa che la facesse dubitare. Appresso a Niccolò da Uzano, cittadini di autorità erano Bartolomeo Valori, Nerone di Nigi, messer Rinaldo degli Albizzi, Neri di Gino e Lapo Niccolini. Le parti che nacquono per la discordia degli Albizzi e de’ Ricci e che furono di poi da messer Salvestro de’ Medici con tanto scandolo risuscitate, mai non si spensono e benché quella che era più favorita dallo universale solamente tre anni regnasse e che nel 1381 la rimanesse vinta, non di meno, comprendendo lo umore di quella la maggiore parte della città, non si potette mai al tutto spegnere. Vero è che gli spessi parlamenti e le continue persecuzioni fatte contro a’ capi di quella da lo ’81 al 400 la redussono quasi che a niente. Le prime famiglie che furono come capi di essa perseguitate furono Alberti, Ricci e Medici, le quali più volte di uomini e di ricchezze spogliate furono; e se alcuni nella città ne rimasono, furono loro tolti gli onori: le quali battiture renderono quella parte umile e quasi che la consumarono. Restava non di meno in molti uomini una memoria delle iniurie ricevute e uno desiderio di vendicarle; il quale, per non trovare dove appoggiarsi, occulto nel petto loro rimaneva. Quelli nobili popolani i quali pacificamente governavano la città, feciono duoi errori, che furono la rovina dello stato di quelli: l’uno, che diventorono per il continuo dominio, insolenti; l’altro, che, per la invidia ch’eglino avevono l’uno all’altro, e per la lunga possessione nello stato, quella cura di chi gli potesse offendere che dovevono non tennono.