Istorie dello Stato di Urbino/Libro Secondo/Trattato Secondo/Capitolo Quarto
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CAPITOLO QUARTO.
Della Città di Ostra, suoi progressi, e distruttione.
GEMELLORVM VALERIORVM
Διοδοροσ Επηεύ.
Da onde stimasi, che della Tomba detta anche il rimanente, in corrispondenza al coperchio, fosse tutta di Corinto, & di superbissimo lavoro fabricato: come credesi che di Corinto fosse l’Autore; il quale vivesse al tempo, che quel famoso Publico huomini produceva d’ogni perfettione, principalmente nelle scolture eccelsi; la qual cosa fù prima, che Roma divenisse grande. Non fuor di questo secolo, un’altro Cittadino della Terra nominata, facendo cavar in quei campi per far piantar de gli alberi; nell’accennato condotto, che dal Colle descendendo, in grand’abbondanza verso il fiume portava l’acque, incontrossi; e seguendo à cavar in più luoghi, per meglio il suo viaggio scoprire, trovò che con un semicerchio, dopò havere il sito di Ostra girato, accostavasi ad un muro, il quale per esser più d’ogni altro, che trà quelle ruine vedesi massiccio, e forte, avisossi, che della detta Cittade fosse la principale muraglia; alla quale vicina scoprì anche una confusa congerie di tavole di terracotta (tegole da Paesani chiamate) frà cui, con la speranza di pregiata cosa trovare, con diligenza cercando, vidde non molto grande una cassa di piombo, con particolar industria chiusa, la quale da esso aperta, piena trovossi di cenere, con alcune ossa minute; & una Cicala d’oro di bassa lega. Questa con la cassa in mano dell’Inventore conservasi, di cui si tace il nome, non compiacendosi quegli di essere per soggetto burlevole della fortuna chiamato. Nel secolo decorso, dalle ruine medesime s’estrassero colonne, architravi, cornigi, e soglie, che à gli ornamenti di un superbissimo Tempio de’ Gentili haver servito parevano; che portare in Montanuovo, nella Porta principale della Chiesa illustre di S. Francesco furono poste: ove hoggi superbo, & honorevole ornamento le fanno. Arando non molti lustri a dietro in questo terreno, sopra l’onde del Misa un Bifolco (di cui si tace il nome; acciò che memoria di esso alcun non tenga,) havendo egli cancellato le memorie di quelli, che si eternarono al Mondo) trà le ruine d’alcuni fondamenti una marmorea cassa di grandezza mediocre ne trasse: tosto con la secure la ruppe, dove (in vece dell’oro bramato) un fascio d’antichissime scritture, stretto fra lame di piombo trovatovi, quelle dal piombo disciolte, gittò per isdegno nell’acque; stimando haver anch’egli cosi deriso à bastanza, con la vendetta la sorte. Intesosi da Cittadini Montenovesi atto si fiero, ciascheduno (tenendo certo, che le gettate scritture fossero de i Santi Martiri, che in Ostra morirono per Christo, nelle generali persecutioni, che da Tiranni sofferse la primitiva Chiesa, de quali raccontassero le passioni, i supplici, & i fatti gloriosi) corsero in furia per darli con le pietre la morte; tutta volta, à persuasion de i prudenti, frenarono il zelo, che dall’alterato sangue erasi trasmutato in isdegno, e rimettendo in tutto à Dio la causa, sol con il piombo, la cassa con infiniti lamenti gli levaron di mano; la quale come reliquia santa, dentro la Chiesa del Crocefisso portata, hoggi per pila dell’acqua santa si serve. Dopò questo gran caso non molti giorni morì l’infelicee Agreste. Et in men d’un’Anno al sepolcro seguitaronlo i parenti; si che di lui, affatto s’estinse il seme, & ogni rampollo di si dannosa pianta estirpossi. Et se in meno d’un secolo, cose di tale stupore scoperte si sono in questo sito; quanto altre maggiori ne i più remoti tempi, quando le ruine di Ostra erano più fresche, si saranno dal medesimo estratte; di cui, per la semplicità di coloro, che in quei giorni habitavano la Contrada, in iscritto veruna memoria non trovasi. Dalle raccontate cose per tanto, e da molte altre à noi ascoste, che fra queste ruine trovare si sono, chiaramente raccogliesi: Ostra non solo stata essere Città celebre, & di nobili habitatori ad ogni tempo ripiena, (come dal principio accennossi) mà che da i primi d’Italia habbia tratto gli suoi alti principij, che furono dopò il Diluvio i Giganti, che nell’edificar Babel per guerregiar col Cielo restarono confusi, & per la Terra dispersi (secondo che addita la Scrittura Sacra nel Genesi al Capitolo undecimo in queste parole: Et inde dispersit eos Dominus super faciem cunctarum Regionum.) Gran numero di queste mostruose genti, dal Campo Senaar, dopò la loro degna confusione navigò in Sicilia, ove poi esse genti lungamente l’habitationi fermarono: come di quelli sino al presente vedonsi le smisurate ossa, particolarmente nelle grotte di Leontino, come io le viddi l’Anno 1614. mentre curioso quei paesi scorsi; Tomaso Fazello ne forma un Libro. Da Sicilia in Italia entrati poscia, sino à queste parti si spinsero; delle quali per la fertilità, e bellezza innamorati, si disposero in questo sito di fermarvi la stanza; come nel luogo, ove di Suasa le ruine giacciono per la vera testimonianza, che ne fanno l’ossa de i medesimi quì trovate, & in Cirvignano luogo del Corinaltese Territorio, secondo che più a basso si farà noto:
In questi lidi poscia il Libico Hercole capitando, l’Anno dell’acque del Diluvio 591. sconfitti i Listrigoni, e Rimino edificato; in questo paese, con gli suoi Compagni trasferissi ancora; il quale da gente si deforme habitato vedendo, tosto mosse lor guerra; e prevalendo con la sua prudenza alle smisurate forze di quelli; ogn’uno irremissibilmente estinse; & occupando egli de’ morti habitatori le stanze, per à miglior forma ridurle, portolle tutte sopra la riva del Misa in questo sito, e sopra quelle del Cesano ancora: ove di Suasa hoggi gli vestigij si vedono; le quali (perche fossero nell’avvenire dalle scorrerie de i ladroni sicuri) fece cingere di mura, e posti in coltura gl’imboschiti campi fermò li suoi Egitij ad abitarvi; i quali dal nome (credesi di una compagna d’Ilea, ò Iside) questa nomarono Ostra; e l’altra, che nel Cesano s’ergea dal nome d’una Città d’Egitto, d’onde partiti erano, Suasa vollero s’appellasse. Tanto si raccoglie dall’antico Beroso Babilonico, nel luogo, altre volte da noi citato. Ornarono col tempo gli habitatori Egitij di fabriche sontuose queste due Città; come dalle reliquie si conosce, che trà le ruine dell’una, e dell’altra si scuoprono. Dopò alcuni secoli, prevalendo il valore de gli altri popoli, furono da queste Città gli antichi habitatori cacciati; ed esse fatte della fortuna trastullo, sotto quelli, che più potenti furono soggette restavano (come più a basso dirassi, quando parlaremo di Suasa. Da tutti quelli però, che Ostra signoreggiarono, trà il suo recinto sontuoso molte strutture furono erette; per l’attestazione, che fanno le reliquie, rilucendo in quelle mirabilmente il Magistero Egitio, Greco, Umbrio, Gallo, Romano, e Tosco. Io (quantunque habbia con diligenza di sapere cercato, se la Città di Ostra fosse de Romani Colonia, ò pur Municipio) non hò potuto cavarne certezza; tutta fiata havendo ella in ogni tempo scorsa la medesima fortuna, che Suasa, può di fermo tenersi, che il favorito privilegio di Municipio godessi; come di sicuro si sà, che Suasa godevalo (come quì sotto son per dimostrare della medesima discorrendo.) Nè meno trovo, che alcuno Scrittore autentico parli del tempo, che Ostra mancò; nè del suo Destruttore: mà io tengo sicuro, che dal perfido Alarico, come Suasa venisse desolata, & arsa; non tanto per la sopra accennata ragione; quanto perche, io havendo fatto delle medaglie osservare l’impronte, che furono da questo sito, in diversi tempi raccolte; hò trovato, che di tutti gl’Imperatori si vedono, che da Cesare Dittatore, sino à Valentiniano regnarono: da che s’inferisce, Ostra, dal tempo, che quest’ultimo viveva, in essere non solo, mà nelle sue grandezze trovarsi; desiderando esso, che in lei co’l mezo delle medaglie dette conservassesi la memoria. E perche da Valentiniano, sino alla venuta d’Alarico, (il qual fù al tempo di Honorio) non leggesi che fosse questa regione da nemici potenti, fuor che dal detto, molestata, senza errore (per aviso mio) si con Suasa, e Sena, dai Discepoli de gli Apostoli ricevette la fede (come della Religione del Suasano Territorio favellando si farà noto,) e credesi, che di questi Cittadini, molti nelle generali persecutioni, che da Tiranni soffrì la primitiva Chiesa, in testimonianza della verità Evangelica, e dell'acque perenni del santo Battesimo, pigliassero il Martirio; & in conformità di Christo agnello immacolato, se stessi col proprio sangue volontariamente lavassero, per riceverne da lui le corone eterne, E che di essi parlassero le scritture, che il mal nato Bifolco (come si disse) allhor gittò nel fiume.
Dalle ruine di Ostra, i fuggitivi, sopra del Monte, che verso l'Occaso l'ombreggiava) ritirandosi, la riedificarono (benche di habitatori, e di sito rimanesse inferiore, sendo quelli sopra la metà del conflitto mancati.) Dal luogo in cui li fondamenti nuovi gittarono, vollero che Montenovo si chiamasse, il qual ritenendo molto delle primiere grandezze i vestigij, è stato sempre di numerosa nobiltà ripieno. Quindi, se ben contro esso il Cardinale Carilla sdegnato lo distrusse; non potè per questo la generosità de gli habitatori avanzati, con le ruine opprimere; risorgendo eglino vigorosi, & all'attioni magnanime, con più fervore disposti: Onde alla riedificatione della Patria rivolsero i pensieri; & in breve à quella perfettione tiraronla, in cui di presente si vede: non cedendo di bellezza, & di magistero ad altri suoi pari, per esser di grosse, & di alte mura vallato, con quindeci propugnacoli, e tre porte. Al di dentro poi, non meno da belle, & da dritte strade, con vago ordine di Architettura divisa, che le strade istesse, da Case magnifiche spalleggiate. Et alla perfettione dell'aria, & alla fecondità del Territorio corrispondendo la qualità de gli habitanti, riescono molto alla virtù inclinati; onde infiniti nell'armi, e nelle lettere fanno meravigliosi progressi, essendo nelle guerre non meno à carichi supremi di commanpo portati; che nella Romana Corte di Prelature, e d'altri degni officij resi molto ollustri; i quali (per non tediare con la longhezza chi legge) lascio di numerare. Ne altro di Ostra, e di Montenovo in questo picciolo racconto potendo scrivere, quì con le ruine di quella, e con gli avanzi di questo, suggello il tutto.