Istoria delle guerre vandaliche/Libro secondo/Capo XXII
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CAPO XXII.
I. Morto il duce, Sergio figliuolo d’un suo fratello ebbe da Giustiniano la prefettura dell’Africa, elezione apportatrice di sciagure immense a tutti que’ popoli, non avendovi tra loro chi sofferir potesse di buon animo un tale inalzamento, e non biasimasse di continuo la costui amministrazione, vedendolo privo d’ogni sperienza in causa della troppa giovinezza sua, imprudentissimo, d’una superbia senza pari, dispregiatore degli stessi colleghi, con nessuno compiacente, scialacquatore delle ricchezze, ed in un cotidiano abuso della propria autorità. Riscuoteva odio dalle truppe mostrandosi tra loro molle ed effeminato, e non meno riscuotevane dall’intiera africana gente vuoi per gli stessi motivi, vuoi soprattutto per una cupidigia estrema delle ricchezze e delle donne loro. Ma in ispecie abborrivalo Giovanni di Sisinnio, personaggio assai forte ed eccellente nell’arte della guerra, oltre modo corrucciato della condizion sua di vivere sommesso a un duce così dappoco, e quindi nè egli nè altri volevano saper di guerra. Tutti i Maurusii parteggiavano con Antala, Stoza era tornato dalla Mauritania, e non trovando nel paese ostacolo per opera delle truppe romane ivano mettendolo impunemente a ferro e fuoco.
II. Antala poscia mandò lettera a Giustiniano imperatore dicendogli: «Protestomi servo del tuo imperio, nè saprò mai disdirmi. I Maurusii per lo avanti in lega teco, ristucchi alfine degli insopportabili e crudeli trattamenti di Salomone furono costretti ad armarsi non contro te, ma contro il nemico loro: io stesso, tra gli altri, venni da lui grandemente offeso negandomi non solo quella vittuaglia che Belisario aveami per voler tuo accordata, ma uccidendomi di più il fratello senza averne mai riportato dispiacere alcuno; volemmo così far vendetta di colui che ne recò tanti affanni. Ora poi se brami avere i Maurusii tuoi fedeli sudditi e perseveranti nel dover loro comanda a questo Sergio di partire dell’Africa, e dà altrui il suo grado, nè durerai per certo fatica a rinvenire uomini più sapienti e degni, ai quali commettere il governo della nostra regione; senza di che non avrebbevi umana forza capace di rappattumare insieme Romani e Maurusii». Giustiniano letto il foglio conobbe sì che dalla malevolenza di Sergio traevano origine tutti que’ sinistri, ma nol richiamò venerando la memoria del costui valentissimo zio, cotanto benemerito della repubblica, e morto non guari prima colle armi in mano a pro de’ Romani. Così furono quelle vicende.
III. Il giovinetto Salomone poi, minor fratello di Sergio, tenevasi dall’esercito morto col zio, e quindi, giusta l’unanime opinione che fosse mancato ai vivi, nè il fratello, nè altri davasi più briga di lui. Ma i barbari fattolo prigioniero dimandarongli chi si fosse, ed e’ infingevasi di schiatta vandalica, servo del supremo duce, ed intrinseco d’un tal Pagasio medico dimorante in Laribo, città a breve distanza, il quale di buon grado riscatterebbelo. A tali parole i Maurusii venuti alle mura della città chiamarono il medico, e mostratogli il prigione offrongliene l’acquisto; quegli del miglior volere v’acconsente e stabilitone per la somma di aurei cinquanta, tosto il riscatto, ne prende possesso.
IV. Il redento superata appena la burrasca principiò a schernire i Maurusii troppo di leggieri caduti nei lacci d’un giovincello, e a dichiararsi figliuolo di Bacco fratello di Salomone. Queglino allora punti dall’inganno, rattristati e tocchi da vergogna per la dabbenaggine loro nel cedere sì goffamente un pegno tanto caro a Sergio ed ai Romani, corrono a cingere d’assedio Laribo, ansiosi di punire lo schernitore e di mettere a soqquadro la città. I costei abitatori adunque sopraffatti dalla paura dell’imminente loro schiavitù, per la diffalta in ispecie colà entro dei bisogni della vita, parlamentarono col nemico, promettendogli, partendosi, molto danaro. E questo, ritenute lor mura inespugnabili, essendosi ognora i barbari mostrati poco esperti negli assalti e nell’impedire l’approvigionamento de’ luoghi assediati, accoglie la proposizione, e ricevuti aurei tre mila desiste dall’impresa: dopo di che tutti i Leucati retrocedettero alle proprie case.