Istoria delle guerre vandaliche/Libro secondo/Capo XIX

Capo XIX

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Procopio di Cesarea - La guerra vandalica (VI secolo)
Traduzione dal greco di Giuseppe Rossi (1833)
Capo XIX
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CAPO XIX.

Salomone di ritorno con molti duci in Africa. — Spedisce Gontari contro i Maurusii del monte Aurasio, muove quindi egli stesso a vendicarne la disfatta. — Prende Zerbuli castello.


I. Giustiniano, correndo l’anno terzodecimo del suo imperio, fatti retrocedere dall’Africa Germano, Simmaco e Domenico mandovvi a governarla novamente Salomone con esercito e duci, tra quali Leonzio di Zauna di Faresmane e Giovanni di Sisinnio1 vennero eletti a supplire Martino e Valeriano richiamati di già in Bizanzio. Salomone apportato in Africa, e rinvenutovi estinto ogni germe di sedizione ressela con giustizia ed onore, occupandosi tutto nel diligentemente guardarla e nel disciplinare l’esercito, facendone partire alla volta di Belisario in Bizanzio gl’individui sospetti, allorchè ebbelo ridotto a numero colle cerne portate seco. Bandì poscia da quelle terre i Vandali, d’amendue i sessi, tornati a stabilirvi lor dimora, ricinse le città di mura, e vigilantissimo nella osservanza delle leggi fecene gli abitatori col saggio governo suo opulentissimi e d’ogni maniera di felicità ricolmi.

II. Ordinata di tal modo la repubblica intraprese un’altra spedizione contra Iabda e i barbari del monte [p. 465 modifica]Aurasio, mandandovi dapprima Gontari, sua lancia e valentissimo duce, con parte dell’esercito. Questi piantò il campo al fiume Abiga presso la deserta città di Bagasi2, e quivi fece giornata col nemico, ma vinto riparò entro gli steccati ove pronti corsero i Maurusii ad assediarlo. Mossosi di poi Salomone col resto delle truppe accampò, fortificandosi ottimamente, lunge stadj sessanta da Gontari; qui udite le costui vicende gli spedi soccorsi, ed esortatolo a non perdersi d’animo volle ch’e’ tentasse una seconda battaglia. I barbari usciti del campo vittoriosi, come abbiamo detto, macchinarono tale insidia contro i Romani. Il fiume Abiga dal monte Aurasio scorrendo per la pianura bagnala giusta l’occorrenza degli abitatori, conciossiachè le sue acque dopo molte giravolte or sopra or sotto la terra, a motivo delle colline di cui va essa ingombra, partisconsi in qualche numero di rivi; laonde eglino chiuso avendo tutte le cateratte diressero il corso loro al campo de’ Romani, dove queste giunsero tra poco a formare una larga e profonda palude con gravissimo crepacuore delle truppe là entro rinserrate. Salomone avvertitone, andò incontanente ad aiutarli, se non che i Maurusii al suo arrivo sopraffatti da spavento indietreggiarono alle radici dell’Aurasio, riparando in cotal luogo nomato Fabosi3; ma il duce imperiale, seguendone le tracce, li raggiunse, guerreggiolli, e fece loro voltar [p. 466 modifica]le spalle. Da quinci in poi e’ non crederonsi più in istato di usare le armi contra di lui, e tanto meno di riportarne vittoria, ponendo solo ogni speranza in quel poggio che per la malagevolezza sua avrebbe sollecitato i Romani, persuasi al fine della impossibilità di lungamente rimanervi, a tosto retrocedere. Molti di loro inoltre passarono a vivere co’ Mauritani e co’ popoli dimoranti a meriggio dell’Aurasio. Iabda però alla testa di due mila4 guerrieri non volle di là partirsi, ed avendovi su per lo monte un castello fabbricato da tal Zerbule vi ricoverò con tutta la truppa. Allora Salomone, anzi che perdere vanamente il tempo in un assedio, giudicò opportuno di ritirare le truppe nella pianura, doviziosissima di bionde messi, vicino alla città di Tamugada, e rimasovi finchè ebbene guastata tutta la campagna, riprese quindi la via dell’antedetto castello.

III. Intanto che i Romani occupavansi di queste cose Iabda, lasciato alla guardia del forte qualche numero di fidatissimi suoi Maurusii, ascese con le rimanente oste la vetta dell’Aurasio, per non trovarsi, avvenendo la espugnazione di quello, affatto privo di asilo, e munitovi un luogo, detto Tumar5, alpestro ed attorniato da precipizj vi soggiornava: di fatto poco stante la guenigione lasciatavi perduti tutti i suoi capi risolve, disperando reggere all’assedio, di tentare all’insaputa dei nemici con silenzio grandissimo la fuga. I Romani allora, dapprima anch’eglino deliberati di volgere [p. 467 modifica]altrove e nello stesso giorno partirsene, al non vedere più sopra le mura alcun nemico rimasero molto attoniti ed incerti, ma fatto quindi animo nell’avvicinarvisi per meglio esaminare la faccenda rinvengono spalancata la porticciuola d’onde era fuggito il presidio, e colta la opportunità entranvi e mettonlo a sacco; non vollero tuttavia mettersi in traccia de’ fuggitivi, sendo questi troppo leggiermente armati e pratici de’ luoghi per nutrire lusinga di poterli aggiugnere. Spogliato adunque il castello e munitolo di truppe vennero novamente indietro.

Note

  1. Leonzio figlio di Sanna e nipote di Faresmane e Giovanni figlio di Sanniolo, secondo altri testi.
  2. Bagais in altri testi.
  3. Babolis, in altri testi.
  4. Venti mila, in altri testi.
  5. D’incerta posizione, secondo l’Ortelio.