Istoria delle guerre vandaliche/Libro secondo/Capo III
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CAPO III.
Ordinanze degli eserciti. — Disfatta de’ Vandali. —
Fuga di Gilimero.
I. Gilimero e Zazone aringato che ebbero le truppe conduconle sull’ora del pranzo contro i Romani per niente apparecchiati a riceverli, e tutti solleciti dell’apprestare il cibo; venuti presso le ripe d’un fiume (continuo sì, ma piccolo in guisa che i terrazzani non riputandolo degno di nome speciale chiamanlo, con quello generico, Rivo) fanno alto, e mettonsi in battaglia. Il nemico pur esso nella opposta sponda corre a schierarsi formando il corno sinistro colle truppe di Martino, di Valeriano, Cipriano, Altia, Marcello e de’ confederati; il destro con quelle di Pappo, Barbato, Aigan e colla rimanente cavalleria, ed il centro co’ soldati di Giovanni, co’ pavesai, con l’insegna e le lance a cavallo di Belisario, il quale seguivali accompagnato da’ suoi cinquecento cavalieri; dietro a questi eranvi in battaglia tutti i fanti. L’ordinanza degli Unni occupava separato luogo, ed i Massageti, che dapprincipio pochissimo parteciparono alle imprese romane, entro sè ruminando le già narrate cose, non furono ora attelati in campo; così l’esercito imperiale. Tra’ Vandali i chiliarchi presiedevano ai corni, ciascheduno alla testa delle sue truppe, e nel centro vedevi Zazone fratello di Gilimero, e dopo lui i Maurusii. Lo stesso Gilimero scorrendo per ogni dove a cavallo animava ora questi or quelli a combattere da prodi; fece di più comando alle truppe che non adoperassero nell’imminente pugna nè aste nè arma comunque, dovendosi tutti valere delle sole spade.
II. Mentre che i due eserciti indugiano sotto le armi nessuno volendo cominciar la battaglia, Giovanni ordinato da Belisario travalica il fiume con pochi scelti, e primo si gitta in mezzo ai nemici; Zazone lo arresta, il combatte, e fattogli dar volta lo incalza; i fuggenti riparano all’esercito, ed i Vandali persecutori temono oltrepassare quelle acque. Belisario di nuovo impone a Giovanni di assalire Zazone con maggior copia di pavesai; va il duce ma è costretto voltargli una seconda volta le spalle. Non di manco riviene al terzo cimento con ben tutte le lance ed i pavesai del capitano, con la costui insegna e con ischiamazzo e rumore grandissimi. I barbari coraggiosamente resistono qualche tempo con le spade loro, e dura la zuffa ostinata ed incerta sinchè non mordono il suolo molti de’ più forti e valenti tra essi, ai quali presto tien dietro lo stesso Zazone fratello di Gilimero. Avanza allora ad un tratto l’intiero esercito romano e spignendosi con ardore, varcato il fiume, a quella parte mettevi in apertissima rotta le truppe, che fuggendo trascinan prontamente seco il nerbo loro. I Massageti dichiararsi della vittoria, giusta il premeditato disegno, unisconsi ai vincitori per incalzare di compagnia i vinti; fu però breve la faccenda, conciossiachè i Vandali raggiunte le proprie trincee rimaservi tranquilli, ed i Romani credendo arduo cimento lo sbrancarli di là, spogliati i morti ricchi d’oro, tornarono agli steccati. Sommò la costoro perdita in tutta quella giornata men di cinquanta guerrieri, ed al nemico mancaronne ottocento.
III. Belisario medesimo al calar delle tenebre marciò con tutta la fanteria verso gli steccati de’ Vandali, e Gilimero vedutolo approssimarsi con sì grande caterva, montato di nascoso in arcione, senz’articolar parola o comando pigliò fuggendo col parentado e con pochissimi servi la via della Numidia. Il fatto rimase qualche tempo occulto alle truppe già piene di costernazione e spavento, ma quindi appalesatosi e comparso di contro il nemico, gli uomini vanno a rumore, strepitano le donne, urlano i fanciulli, e trascinando tutti le suppellettili ed i preziosi ornamenti seco, abbandonansi a gara e senz’onta veruna, per dove hanno il destro, alla fuga. In questo mezzo i Romani penetrati nel campo vandalico spoglio di gente predanvi il danaro ed ogni altra ricchezza; seguendo poscia le tracce de’ fuggitivi sino al nuovo giorno quanti ne rincontrano di età virile danno a morte, e menan seco prigionieri i deboli per eta e sesso. Tanto poi fu il contante ritrovatovi, che mai non ebbevene copia eguale in luogo alcuno, imperciocchè i Vandali unitamente ad altri oggetti preziosi avevano trasportato colà il bottino raccolto nelle molte scorrerie per lunga serie d’anni dalle imperiali terre; oltre di che assai pur ne ritraevano da quella doviziosissima regione senza mandarne al di fuori per sovvenire ai loro bisogni, ricchi d’ogni maniera di vittuaglia entro i propri confini; così quanto avevano accumulato pel corso di novantacinque anni, loro dimora in Africa, tutto cadde in un sol momento nelle mani del vincitore. Questa giornata campale, il macello de’ fuggitivi ed il sacco delle trincee, avvennero tre mesi dopo l’entrata de’ Romani in Cartagine, segnando la metà sua dicembre.