Istoria delle guerre vandaliche/Libro primo/Capo V
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CAPO V.
I. Gizerico avido fuor di misura delle sfondolate ricchezze che rinverrebbe in Italia, solcane frettoloso con immenso navilio le acque ed entra senza opponimento a Roma, dove il popolo di botto scagliasi contro a Massimo fuggente, e lapidatolo ne fa il cadavere in brani1.
II. Il Vandalo impadronitosi di Eudossia e delle costei figliuole, Eudocia e Placidia, avute da Valentiniano, dell’imperiale tesoro, e d’ogni suppellettile preziosa nella città, ripone il tutto sulle navi, e seco trasportalo in Africa; nè l’insaziabile sua avarizia perdonò agli stessi ornamenti dei tempj, togliendo sacrilegamente da quello di Giove Capitolino sin la metà delle tegole di rame dorato; è però volgare tradizione che la nave carica delle statue fosse da tempesta sommersa, mentre le rimanenti pervenivano salve nei porti africani. Delle prigioniere quindi maritò Eudocia ad Onerico figliuol suo primogenito; Placidia, consorte in prima del ragguardevolissimo senatore Olibrio, ed Eudossia mandolle a Bizanzio, molto a pro loro supplicando l’imperator Leone succeduto, pe’ maneggi d’Aspare, nell’imperio a Marciano.
III. Dopo queste faccende e’ rivoltosi all’Africa smantellonne di mura tutte le città da Cartagine infuori, acciocchè nè i loro abitatori menando bottino dai Romani avesservi sicuro asilo, nè i Romani, se mandati colà, potessero al partirne stanziarvi presidio molestia de’ Vandali, provvidenza dichiarata ottima da principio, ma che agevolò grandemente, col tempo avvenire, a Belisario la conquista della regione, trovando egli dappertutto città sfasciate di muro e non difese, laonde appalesatosi il danno Gizerico ebbene scherno, e fu accusato di stoltezza per ciò stesso che in prima tenuto era la migliore delle sue deliberazioni, riformando l’uomo i propri giudizj ad ogni variar di fortuna2. Il barbaro di più ridusse al servaggio tutti gli Africani di natali chiarissimi e di somma opulenza, compartendone le possessioni e le ricche suppellettili tra figliuoli suoi Onorico e Genzone3, chè di già eragli morto l’ultimo, Teodoro, senza prole. Distribuì ai Vandali il fertile suolo, denominato anche oggidì terra Vandalica, spettante al resto del popolo, rimanendo i legittimi proprietarj spogli di tutto, liberi però di trasferirsi ove riuscisse loro più accetto. Volle inoltre che le terre accordate alla sua discendenza ed a’ Vandali andassero franche da tributo, aggravandone per lo contrario quelle sterilissime rimase agli antichi padroni, di guisa che i soli travagli della coltivazione rivenivanne al proprietario; molti parimente furono gli sbandeggiati ed uccisi per finte reità, nella mira di vie meglio ascondere le vere, o sia le accuse date loro di avere trafugato il danaro. Fu così l’Africa il bersaglio d’ogni maniera di sventura.
IV. Divise eziandio in coorti i Vandali e gli Alani, e creò a reggerle ottanta duci, nomandoli chiliarchi, o vuoi capitani di mille uomini, perchè il suo esercito fosse creduto forte di ottanta mila combattenti, quando in realtà queste migliaia non eccedevano il numero di cinquanta; è però vero che si accrebbero di poi colla nata prole e colle federazioni di nuove genti: e qui sia detto che sotto il nome di Vandali militavano al suo soldo gli altri barbari tutti dai Maurusii4 in fuori, i quali solo più tardi furono da lui stipendiati. Dopo la morte di Valentiniano egli continuò molti anni al venir di primavera a manomettere l’Italia e la Sicilia, atterrando le città e trasportandone seco prigioni gli abitatori; guastata quivi ogni cosa prese ad opprimere l’Illirico e il Peloponneso, la Grecia e tutte le isole adiacenti, e ricomparve da ultimo nell’Italia e nella Sicilia a predarvi il poco fuggitogli nelle prime scorrerie. È fama che una volta al levarsi del porto di Cartagine chiestogli dal piloto contro quai popoli tirar dovevano le navi, e’ rispondesse: laddove piaccia al Nume sospingerle: per cotal guisa facea scempio senza ragione alcuna de’ miseri cui veniva dalla sorte condotto.
Note
- ↑ Anni dell’era volgare 455. Il suo imperio durò mesi due, e giorni ventisei.
- ↑ V. il cap. 19, § 2, di questo libro.
- ↑ Genserico (Cousin).
- ↑ «Al disopra della Cirenaica, narra Strabone, e delle Sirti stanno i Psilli, i Nasamoni, ed alcune tribù dei Getuli; poscia i Sinti ed i Bizacii sino a Cartagine, la quale ha un gran territorio a cui sono contigue alcune nomadi popolazioni. Tra queste si conoscono massimamente i Massili ed i Massisili ed ultimi di tutti sono i Maurusii» (lib. ii, trad. di F. A.) Ed altrove: «Ivi adunque (nell’antedetta regione) abitano coloro che nomansi Maurusii dai Greci, e Mauri dai Romani e dai paesani, gente libica grande e ricca, che lo stretto separa dalla Spagna di contro. Che poi la Mauritania sia fertile (eccetto il poco deserto), abbondante di fiumi e di laghi, terra in cui allignino benissimo molti e grandi alberi, e producitrice d’ogni cosa da tutti si consente» (lib. xvii).