Istoria delle guerre gottiche/Libro terzo/Capo XXXVII

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CAPO XXXVII.

Il re de’ Franchi rifiuta le nozze di sua figlia con Totila. Questi racconcia Roma, e fonda il regno. Assedia, non potendo ottener pace da Giustiniano, Cemtumcelle ed il castello Regino. Occupa Taranto ed Arimini. — Instabilità d’Augusto. Strage di Vero.

I. Totila di novello avea spedito ambasceria al re de’ Franchi addomandandogli la figlia in isposa, ma quegli vi si ricusò protestando che non era, nè più sarebbe monarca d’Italia chi pigliata Roma non seppe conservarla, e distruttane parte abbandonò il resto ai nemici. Allora il Gotto pose ogni diligenza nell’introdurre vittuaglla nella città, e fece comando che si ristaurassero prestamente i luoghi malconci dal ferro e dal fuoco. Richiamò parimente gli abitatori di lei, senza eccezione di ordine, banditi nella Campania, ed intervenuto ai giuochi equestri rassegnò tutto l’esercito macchinando la guerra siciliana. Allestì in pari tempo quattrocento piccole navi, mentendosi voglioso di certame navale, ed una forte armata di mare composta di legni maggiori pervenuti dall’oriente nel corso di quella guerra, e caduti colle truppe e coi carichi nelle mani dei suoi. Mandò poscia Stefano originario di Roma a Cesare chiedendogli pace e lega co’ Gotti, dalle armi dei quali e’ riceverebbe aiuto ove si facesse ad assalire altri nemici; ma Giustiniano Augusto disdegnò porgere orecchio all’ambasciadore ad accordare qualche considerazione alle reali proposte. Totila, uditone, [p. 417 modifica]apprestossi a nuove imprese, deliberando innanzi tratto assalire Centumcelle, ove Diogene lancia di Belisario capitanava la forte guernigione, per navigare quindi nella Sicilia. Giuntovi coll’esercito piantò il campo vicino alle mura, e diede principio all’assedio. Manda in seguito provocando il duce e la truppa ad un pronto certame se disposti a combattere seco; li esorta inoltre a deporre qualunque speranza di aiuti essendo l’imperatore, per quanto poteasi congetturare dai romani eventi dopo sì lunga aspettativa, incapace di resistere ai Gotti. Che se bramassero evitare pericoli accordava loro di congiungersi colle sue truppe, ed alle stesse condizioni, o di tornare sani e salvi a Bizanzio. Quegli con Diogene rispondono ch’erano ben alieni dall’impugnare le armi e dal seguire nuove bandiere, dacchè addiverrebbero intolleranti della vita lunge dalle proprie donne e dalla prole; vituperosamente poi consegnerebbongli una città alla fede loro commessa, e del cui arrendimento, venuti all’imperiale cospetto, non saprebbero addurre la più lieve giustificazione. Domandano per tanto una tregua onde manifestare le proprie occorrenze all’imperatore; accoltasi dal re la inchiesta e convenuti del periodo se ne sottoscrissero i patti, dando gli uni e gli altri trenta statichi. I Gotti, levato l’assedio e dirizzate le prode alla Sicilia, non appena di là dallo stretto assalirono il castello di Regio ove comandavano, messivi da Belisario, Turimuto ed Imerio. Questi avendo seco molte e valentissime truppe ripinsero l’avversario e fatta una sortita rientrarono vittoriosi. Il re [p. 418 modifica]allora, nutrendo grandissima speranza che la diffalta di vittuaglia ridurrebbeli a miglior consiglio, vi lasciò parte dell’esercito, e spedita soldatesca a Taranto ebbene di leggieri il castello; così pure i Gotti lasciati nell’agro Piceno impossessaronsi con tradimento della città d’Arimini.

II. Giustiniano Augusto a tali nuove destinò alla guerra contro Totila ed i Gotti Germano prole d’un suo fratello, e gli fe’ comando che subito vi desse cominciamento. Questa elezione divolgatasi per l’Italia destò serii pensieri ne’ Gotti, il nome del nuovo condottiero andando colla massima celebrità presso tutte le genti. D’altra parte la fidanza in lui rianimò i Romani e le imperiali trappe, tanto che li persuase a tollerare vie più constantemente disagi e pericoli d’ogni maniera. Non di meno l’imperatore cangiata ben presto sentenza, nè saprei addurne il motivo, sostituì a Germano Liberio da me testè ricordato, il quale incontamente apprestata ogni cosa all’uopo sembrava dover subito pigliar le mosse coll’esercito; non si pose tuttavia in mare per nuove imperiali disposizioni. Vero in quella, forte di valorosissimi guerrieri da lui raccolti, assalendo non lunge dalla città di Ravenna i Gotti a dimora nel Piceno dopo luminose pruove di valore e grande strage de’ suoi ebbe ad incontrarvi morte.