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LIBRO TERZO 417

stossi a nuove imprese, deliberando innanzi tratto assalire Centumcelle, ove Diogene lancia di Belisario capitanava la forte guernigione, per navigare quindi nella Sicilia. Giuntovi coll’esercito piantò il campo vicino alle mura, e diede principio all’assedio. Manda in seguito provocando il duce e la truppa ad un pronto certame se disposti a combattere seco; li esorta inoltre a deporre qualunque speranza di aiuti essendo l’imperatore, per quanto poteasi congetturare dai romani eventi dopo sì lunga aspettativa, incapace di resistere ai Gotti. Che se bramassero evitare pericoli accordava loro di congiungersi colle sue truppe, ed alle stesse condizioni, o di tornare sani e salvi a Bizanzio. Quegli con Diogene rispondono ch’erano ben alieni dall’impugnare le armi e dal seguire nuove bandiere, dacchè addiverrebbero intolleranti della vita lunge dalle proprie donne e dalla prole; vituperosamente poi consegnerebbongli una città alla fede loro commessa, e del cui arrendimento, venuti all’imperiale cospetto, non saprebbero addurre la più lieve giustificazione. Domandano per tanto una tregua onde manifestare le proprie occorrenze all’imperatore; accoltasi dal re la inchiesta e convenuti del periodo se ne sottoscrissero i patti, dando gli uni e gli altri trenta statichi. I Gotti, levato l’assedio e dirizzate le prode alla Sicilia, non appena di là dallo stretto assalirono il castello di Regio ove comandavano, messivi da Belisario, Turimuto ed Imerio. Questi avendo seco molte e valentissime truppe ripinsero l’avversario e fatta una sortita rientrarono vittoriosi. Il re

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