Istoria delle guerre gottiche/Libro quarto/Capo XXVIII
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Traduzione dal greco di Giuseppe Rossi (1838)
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CAPO XXVIII.
Usdrila capo dell’ariminese presidio provoca gl’imperiali a battaglia. — Contrasta il valicar del ponte a Narsete diretto coll’esercito a liberare quel forte. Ucciso il Gotto nella pugna i Romani procedon oltre.
I. Narsete giunto in Ravenna coll’esercito ebbe a compagni Valeriano e Giustino, maestri della milizia, con tutte le romane truppe ivi raccolte. Correva poi il nono giorno del suo ingresso allorchè Usdrila di gottica schiatta, famosissimo nell’arte della guerra e comandante dell’ariminese presidio scrisse in questi termini a Valeriano: «Da che riempite ogni luogo di clamori abbagliando l’universa Italia coi fantasmi d’una gigantesca potenza, e v’inorgoglite assai più di quanto si vuole tenendovi lo spavento de’ Gotti, perchè indugiate là entro? Affè di Dio che sì operando v’appalesate gia caduti di quel vostro coraggio ed imbelli guastatori con rozzo barbaro stuolo di una regione che nullamente v’appartiene. Impugnate in cambio le armi, e presentatevi a queste mura onde non rimangan più a lungo sospese le nostre speranze, bramosissimi da gran pezza di vedervi». Così la scritta, e Narsete, molto risosi della gottica anfania subito mosse con tutto l’esercito, fidando Ravenna ad un presidio sotto gli ordini di Giustino. In vicinanza ad Arimino scontransi ad un malagevol passo, tagliato avendo poco innanzi il nemico ambe le teste del ponte, di guisa che a grave disagio avrebbero potuto valicare un solo inerme pedone, e non disturbato comunque nella sua impresa; rendevasi quindi ostacolo vie più insuperabile a schiere di tutto punto armate e da nemica forza combattute di fronte. Laonde l’imperial condottiero procedutovi con debole scorta assai tempo fu sopra nè sovvenendogli mezzo per trarsi da quell’impaccio.
II. Ecco intanto arrivare Usdrila con turma di cavalieri bramoso di conoscere l’operato da suoi. Tale de’ Romani, allora, intassato l’arco, avventò una saetta, la quale profondamente piagando il corpo d’un barbaro tosto il fece cadavere. Poscia il Gotto ritrattosi di là tornò ad Arimini, e chiamati di subito alle armi altri dei più coraggiosi militi condusseli di carriera, spalancata una delle porte, contro a Narsete sperando sconfiggerlo con forte e repentino assalimento, sapendolo già sull’opposto margine del fiume in traccia d’agevol guado per l’esercito. Ma volle propizio fato che alla venuta de’ Gotti alcuni Eruli paratisi loro innanzi uccidessero lo stesso Usdrila, e riconosciuto da un Romano spiccarongli dall’imbusto il capo, che tornati all’esercito mostrarono a Narsete con giubilo universale, testimoniando l’accaduto essere il Nume avverso al nemico, il quale nel porre insidie all’imperial condottiero perduto avea il proprio senz’opera d’agguati o come tu vuoi premeditato colpo. Narsete, morto Usdrila, fece alto per tema non l’espugnazione di Arimini o di luogo comunque in mano dei barbari adducessegli indugj ed impedimenti, occupando suo tempo in minori imprese con iscapito di altre molto più rilevanti. La guernigione priva del capo si rinchiude nella città nulla curante che il nemico ristori a suo bell’agio il ponte del fiume, e conduca le truppe alla ripa di contro, dove questa levatasi dalla Via Flaminia volge a manca. Imperciocchè Pietra Pertusa, nome del luogo negli antecedenti libri ricordato, munitissima di per sè stessa ed a pezza occupata dai barbari vietava del tutto agli imperiali di proseguirvi il cammino; laonde il romano condottiero antepose al vantaggio della brevità quello d’una sicurezza maggiore.