Istoria delle guerre gottiche/Libro quarto/Capo VII

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CAPO VII.

Motivi di Cosroe re de’ Persiani nell’intraprendere la colchica spedizione. — Dara città in vano da lui tentata.

I. Ho manifestato antecedentemente perchè Cosroe bramasse unire la Lazica agli stati suoi; lo stimolo poi maggiore del re e de’ Persiani a questa intrapresa verrà qui a bell’agio dichiarato; nè il detto prima d’ora in proposito diffonderà poca luce sopra quanto è mio intendimento di aggiugnere. I Persiani capitanati da Cosroe, valicando i proprii confini, apportarono spesse volte inesplicabili danni al romano impero, argomento di altri miei libri1; ma da simili scorribande anzichè ritrarre qualche lucro aveanvi assai giuntato di gente e danaro; partendosi le più fiate dal nemico suolo con molta perdita di combattenti, e ritornati in patria ascosamente imprecavano male a Cosroe chiamandolo infino distruggitore de’ suoi. Una volta in tra le altre fattisi indietro dalla Lazica dopo sofferti mali gravissimi, macchinarono, ribellando alla scoperta, di troncargli barbaramente la vita, nè avrebber dato in fallo s’egli, informatone, sottratto non si fosse dal pericolo in mille guise [p. 455 modifica]careggiando gli ottimati; volendosi quindi purgare da cosiffatti rimproveri tutto dedicossi a trovar mezzo di accrescere il dominio persiano con qualche nobilissimo conquisto. Di colpo adunque assalì Dara città, ma rincacciato, come scrivea, da quelle mura disperonne l’arrendimento non potendo all’improvviso forzarle, guardate dopo quest’epoca da vigilantissimo presidio, nè ripromettersi miglior riuscita da un assedio. Conciossiachè havvi là entro ognora copiosa vittuaglia d’ogni maniera, onde provvedere lungamente ai bisogni della vita, e nel vicino precipizio scaturisce una sorgente, la quale convertitasi poscia in grosso fiume ritta corre alle mura, di guisa che arte nemica non riuscirebbe a travolgerne il corso nè ad arrestarla, tanto malagevole n’è il luogo. Di più internatesi le acque nella città, e da per tutto aggiratala, empendone i ricettacoli, n’escono per essere di subito ingoiate da una voragine, talchè sino ad ora non è dato ad umana mente il conoscere ove tornino a sboccare. Nè la voragine è antica, nè d’altri che dalla natura opera, venuta in luce sotto Anastasio Augusto, molti anni dopo l’edificazione della città. L’esercito pertanto che s’accingesse a porre quivi un assedio verrebbe assaissimo travagliato per lo mal provvedimento d’acqua.

II. Cosroe dopo il vano tentativo pensando che sebbene riuscito ad occupare nuove città dell’imperio non avrebbe tuttavia potuto giammai fissare uno stabile soggiorno su quel de’ Romani, ove dalle sue spalle rimanessero loro molti luoghi forti, deliberò abbattere Antiochia e quindi tornare nel suo regno. Pel quale [p. 456 modifica]prospero successo inorgoglitosi, e pigliato da brama di cose maggiori allargò il campo alle sue speranze. Ammaestrato pertanto dalla fama che gli abitatori della Palude Meotide alla sinistra del Ponto Eussino mettevano liberamente a sacco le terre imperiali, divisò che soggiogati una volta i Lazj ben anche i Persiani avrebbero avuto sicuro ed agevole mezzo di recarsi per diritto a Bizanzio quand’ e’ volessero, e senza ricorrere al mare come fanno di consueto le genti ivi a dimora. Ecco il motivo che animò i Persiani a quella conquista; ed io qui rannodo il filo della mia narrazione.