Ircana in Ispaan/Nota storica

Nota storica

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Atto V

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NOTA STORICA

Era passato quasi un anno dalla prima recita della Ircana in Julfa. In una lettera dei 30 ottobre 1756 il Goldoni scriveva al conte Giuseppe Antonio Arconati-Visconti di Milano: “Ai commedianti ho dato da studiare un terzo prosseguimento alla Sposa Persiana col titolo d’Ircana in Ispaan di cui mi lusingo bene” (Spinelli, Fogli sparsi del Gold., Milano, 1885, pag. 41). In fatti in data 24 novembre il N. U. Piero Gradenigo notava ne’ suoi Diari: “Non tralasciando il Signor Dottor Goldoni d’impiegar il di lui talento, fu posta in Scena nel Teatro in San Luca una nuova Comedia, intitolata “Osmano ritornato dal Campo, o sia Ircana prosseguimento della Sposa Persiana” .

L’esito fu fortunatissimo.”Chi mai creduto avrebbe" scriveva poco dopo il Goldoni stesso nella dedica dell’Avaro geloso a S. E. Alvise Vendramin (vedasi val. X della presente ediz., pp. 28-29), "ch’io dar dovessi in quest’anno al di Lei Teatro una Commedia sì fortunata qual fu l’Ircana in Ispaan? Io stesso non me ne sarei lusingato. Dopo la Sposa Persiana, dopo il seguito alla medesima, intitotato Ircana, dopo un argomento consumato in due rappresentazioni, fu temerario l’azzardo di lavorarvi sopra la terza; e pure sa l’Eccellenza Vostra se miglior esito si poteva desiderare". Dalla prefazione alla Ircana in Julfa (v. pag. 329 di questo volume) e dai Mémoires (P. 2, ch. XX) si apprende che il trionfo superò quello della Sposa Persiana. Anche al conte Arconati il nostro commediografo partecipava la bella notizia ai 14 dicembre ’56, da Parma: "Le cose mie teatrali in Venezia sono in quest’anno fortunatissime, e specialmente la Terza Persiana col titolo d’Ircana in Ispaan, ebbe un tale incontro, che superò le altre due di molto, cosa che nè io nè il pubblico si aspettava" (l.c., pag. 43).

A quest’ultima parte della trilogia persiana l’autore restò affezionato anche da vecchio, e a Parigi, stendendo le sue memorie, tradusse in prosa francese la scena 7 del primo atto, in cui la superba Circassa riusciva a vincere l’animo sdegnato di Machmut, padre di Tamas. "Voici une scène" aggiungeva non senza un po’ di orgoglio, "qui pounroit me faire honneur... J’ ose me flatter que la pensée est heureuse et nouvelle. Les Italiens du moins l’ont cru telle. Ahimè! chi oggi lo crederebbe?

In questa terza commedia Fatima ricompare di fronte a Ircana, ma in atteggiamento più umile, essendo ormai riconosciuto il pieno trionfo della schiava circassa. L’attrice Gandini era partita per sempre da Venezia, osserva la signorina Ortiz, nè la Bresciani poteva più temere rivali sul teatro di S. Luca. Fatima dunque "si contenta con buon garbo della parte secondaria che le è toccata, non si affanna per istare alla pari di chi le è troppo superiore, e tanto meno cerca di strapparle la palma. Ne deriva così nella commedia un più armonioso contemperamento di elementi; Fatima serve ora solo di contrasto ad Ircana, e nulla di assurdo è più nella sua azione. Essa rientra fra i personaggi secondarii, il carattere d’Ircana campeggia più liberamente nell’azione, e riceve un rilievo più deciso". Così Maria Ortiz (Commedie esotiche del Gold., Napoli, 1905, pag. 28).

Certo è questa la vera continuazione della Sposa Persiana: la schiava orgogliosa che aveva dovuto abbandonare sospirando e confusa la casa di [p. 496 modifica]Tamas e la città di Ispaan. se ne ritorna vittoriosa di tutti, dopo aver impugnato la spada contro di Osmano. Non dico già che l’arte ne guadagni, ma sulla scena si ravvisa maggior movimento, il dramma si delinea, seanche goffamente; e Ircana può riprendere quel suo carattere sdegnoso e pseudo-eroico, ch’era tanto piaciuto nel 53 agli ammiratori di Caterina Bresciani (C. Musatti, Marzocco, 14 ag. e 24 Nov. 1923). Vi ha dunque maggior effetto teatrale, benché di cattivo gusto: vi ha, in parte almeno, quel serio e severo, quel tenero e appassionato che ancora nel secolo 19° piaceva a qualcuno (per es. al vecchio Fr. Salfi: v. Ristretto della storia della letter. ital., Firenze, 1848, p. 334).

Certamente il Goldoni fece qui prova di tutta la sua mirabile abilità ed esperienza di scrittore drammatico; e non dobbiamo meravigliarci se riuscì ad ottenere un grande trionfo ai suoi tempi. Qui il dramma sorge spontaneo per lo sdegno di Machmut contro il figlio ribelle e contro la seduttrice Ircana, per il furore di Osmano dopo il ripudio della figlia, e infine per la gelosia e l’energia di Ircana che non soffre nemmeno l’ombra della rivale, e vuole piena vittoria su Fatima e su tutti. Questa terribile Ircana che ha nella prima tragedia un atteggiamento odioso verso la dolce Fatima, e quasi dissennato, finisce per conquistare il nostro animo. Sembra che il Goldoni la veda a mano a mano più chiaramente e le infonda un attimo di vita: nata in Oriente, essa si ribella al mondo orientale e al Settecento. Ha nel sangue la passione selvaggia, un’indomita ostinazione ed audacia, e però esige l’assoluto impero del cuore di Tamas, nemica d’ogni debolezza, d’ogni ipocrisia e d’ogni finzione sociale.

Io sospirar non posso, non son vile a tal segno.
Di lagrimare in vece accendomi di sdegno.

Peccato che a creare artisticamente questa figura di donna sia venuta meno al Goldoni la poesia: non dico soltanto l’arte del vero, il colore, le immagini poetiche, ma il vero sentimento poetico e l’espressione stessa, sì che a leggere tutta intera la trilogia persiana ci sembra di traversare la sabbia del deserto. Ma altra cosa era per il pubblico del Settecento. Se nella prima parte di questa trilogia tragicomica Ircana si avventa col pugnale contro di Tamas e nella seconda “collo stile alla mano fa fuggire” uno dei custodi del giardino, in quest’ultima combatte accanto allo sposo contro i soldati d’Osmano; anzi rianima il coraggio di Tamas (povero Filippetto trasportato sulle rive del Tigri) gridando con rimbombo frugoniano di settenari:

Dammi una spada. Io stessa di cento spade a fronte,
T’insegnerò la via di vendicar nostr’onte.

Ella non ha paura della morte:

O vincere o morire mi alletta e mi consola,
O vieni a pugnar meco, o vado a morir sola

. Tutto il teatro scrosciava di applausi olla voce calda e canora di Caterina Bresciani; e ogni spettatore ripeteva in coro con Tamas:

No, non morrai da sola, donna sublime e forte,
A vincer verrò teco, o teco incontro a morte.

Non è qui il caso di parlare delle donne guerriere o militari nel romanzo italiano e francese del Seicento e del Settecento. Anche nel Giustino goldoniano abbiamo visto l’imperatrice Arianna in abito soldatesco. Maggior curiosità avremmo di sapere se il carattere di Ircana corrispondesse veramente a [p. 497 modifica]quello della Bresciani, come il nostro commediografo afferma nelle Memorie. L’abate Chiari, che cominciava ad annoiare il buon pubblico veneziano, imitò tosto il nuovo modello del Goldoni, da scimmia qual era, e cominciò a regalare ai Veneziani una serie di commedie eroiche dove campeggiano le ibride fanciulle dall’animo maschile, invasate di gloria di libertà di ribellione. Per prima apparve Zàida, nell’Amore di libertà (carn. 1757), che, in un giro ai sole, di schiava diventa regina (G. Ortolani, Patria e libertà net teatri Veneziani del Settecento, in Gazzetta di Venezia, 2 genn. 1926). Lo stesso furore d’Osmano, che qui inferocisce, sembra trasmettersi al famoso Kouli-kan (aut. 1758): nè piacquero meno alla riscaldata fantasia dell’abate bresciano le battaglie sul palcoscenico. Tutto questo ha la sua importanza nel teatro veneziano di quel tempo. Anche nella parte comica l’'Ircana in Ispaan corrisponde alla Sposa Persiana: anche qui Talia è rappresentata da una vecchia, da una custode dell’harem. La sorda Vaiassa, afferma la Ortiz, “è la copia conforme” di Curcuma, “benché meno sviluppata e complessa”. “Non possiamo però dissimularci” confessa questa cultrice appassionata di studi goldoniani, “che qui si tratta di una comicità assai grossolana” (l.c., 32). Così sembra pure al vecchio De Gubernatis che nello stendere il riassunto di questa terza commedia, con frequenti citazioni martelliane, comincia a noiarsi, e si meraviglia della pazienza del pubblico Veneziano e perfino di quella del povero Tamas. Quindici atti consumati “a tratteggiare la gelosia quasi feroce” di Ircana, gli paiono assolutamente troppi. “Noi tardi lettori” conclude “che non abbiamo più innanzi a noi i vezzi di Caterina Bresciani, ci fermiamo con maggiore simpatia su la figura soave di Fatima, che la ravvicina alla Pamela, alla Griselda, e ad altre donne miti e pazienti fino all’eroismo, del teatro goldoniano” (C. Goldoni, Firenze, 1911, p.p. 236-243). - Ma anche di così strana compagnia sono sicuro che protesterà la Pamela.

Lasciamo però tale conforto al Goldoni: egli riuscì a divertire con la trilogia persiana i suoi concittadini. Non basta? Ricordiamo le sue parole: “Que ce soit des Comédies, des Tragi-Comédies ou des Drames, elles ont plu généralement partout; elles ont été jouées sur tous les Théâtres de société. Si elles n ont pas assez de mérite pour être estimées, on ne peut pas leur refuser les hommages que l’on accorde au bonheur.” Mem.m, P. 2’. ch. xx).

Anche questa terza parte dell’enorme tragicommedia persiana ebbe l’onore di una versione in lingua portoghese: “Comedia nova intitolada Ircana am Ispaan segunda parte [sic] da Esposa Persiana. - Lisboa: Na Officina de Josè da Silva Nazareth, 1786” (Catalogo generale della Raccolta drammatica di L. Rasi, Firenze, 1912). Delle molte recito pubbliche e private, a Venezia e fuori, riesce impossibile seguire le vicende: ricordiamo solo che più volte, nei primi decenni dell’Ottocento, Giacomo Modena, padre di Gustavo e famoso interprete degli eroi di Vittorio Alfieri, si distinse nella parte di Machmut (L Rasi, I comici italiani, Firenze, 1905, vol. II, pag. 131). Di un avviso teatrale che trovasi nella Biblioteca Comunale di Treviso (Misc. Ms. N. 348, 166) mi diede gentile notizia l’amico Edgardo Maddalena. “Nobilissimi Signori” dice il manifesto “Per il primo gennaro la Compagnia [p. 498 modifica]de’ Comici che presentemente ha l’onore di servirli in questo Regio Docal Teatro vecchio, invita la Nobiltà loro ad essere spettatori ad una novissima, e non più veduta commedia del Sig. Dottor Carlo Goldoni, intitolata: Le avventure d’Ircana in Ispaan”. Segue l’argomento della commedia con l’elenco dei personaggi, ma pur troppo mancano l’anno e il luogo. Curiosa l’aggiunta: “Questa Commedia richiede molte spese, onde si pagherà il viglietto Soldi....”.

Il Goldoni dedicò la commedia a Metilde o Matilde Bentivoglio, figlia del conte Guido e sposa nel 1759 di Niccolò Marcantonio Erizzo (n. 28 apr. 1723 nella parrocchia di S. Martino) che fu più volte eletto Savio, ambasciatore a Roma nel 1767 presso Clemente XIII e poi presso Clemente XIV, caduto nel ’77 in disgrazia, in fine Provveditore straordinario a Corfù, dove morì assai compianto (7 dic. 1787). Nella famiglia Bentivoglio del ramo ferrarese, ascritto alla nobiltà veneziana, erano in onore le lettere e le arti: il bisavolo di Matilde, per nome Ippolito, gentiluomo e coppiere nel 1665 di Cristina di Svezia, compose vari drammi per musica e una commedia; il nonno Luigi ospitò nel suo palazzo a Ferrara una colonia d’Arcadia; il padre procurò la stampa del Ricciardetto di Niccolò Forteguerri. Fratello poi di Luigi fu il cardinale Cornelio (1667-1731), nunzio apostolico a Parigi presso Luigi XIV e ministro di Spagna a Roma: il protettore del Frugoni, il traduttore della Tebaide, a cui il Conti dedicò il Cesare, il Recanati le Osservazioni contro il Lenfant, Carlo Martello il tomo VI delle Opere del padre suo Pier Jacopo (v. specialmente C. Calcatene, Il Traduttore della Tebaide di Stazio, Asti, 1910). Il padre poi di Matilde ebbe due sorelle, l’una chiamata Eleonora (n. a Venezia 31 ag. 16%, m. 1771), la quale sposò, come vedemmo a pag. 411, n. 2, il marchese Luigi Albergati di Bologna e fu madre del commediografo Francesco, amico del Goldoni; e l’altra per nome Lugrezia (n. a Venezia 6 apr. 170lì, sposa del marchese Ercole Rondinelli di Ferrara (v. pag. 411, n. 3)ì. Nel carteggio di Franc. Albergati Capacelli, presso la Biblioteca Comunale di Bologna, ricorre qualche volta il nome del Cav. Erizzo e di Matilde, cugina del commediografo, la quale protesse l’abate Francesco Zacchiroli nel suo soggiorno a Venezia tra il 1777 e il ’78. Fu ella madre di Niccolò! Andrea Erizzo, “deputato” insieme col Battaglia nel giugno del 1796 presso il generale Bonaparte, e di Niccolò II Guido, Savio di Terraferma nel ’97 e autore della Lettera ingenua ad un amico sulla distruzione del veneto governo. — Sulle famiglie Erizzo e Bentivoglio si possono vedere le Famiglie celebri del conte Pompeo Litta.

G, O.



La Ircana in Ispaan fa stampata la prima volta nel tomo VI del Nuovo Teatro Comico dell’Avv. C. Goldoni, che uscì presso Franc. Pitteri a Venezia nel 1760; fu ristampata a Bologna (a S. Tommaso d’Aquino, t. VI, 1760; e di nuovo nel 1768 e ad 1792), a Venezia (Savioli, t. I, 1770: Pasquali, L XIII, 1774; Gatti, 1784; Zatta, cl. 3, t. I, 1792), a Livorno (Masi, t. X, 1789), a Lucca (Bonsignori, t. IX, 1789) e forse altrove nel Settecento. Nella presente ristampa fu seguita principalmente l’edizione Pitteri, curata dall’autore stesso, ma fu pure tenuto conto delle lievi varianti delle altre edizioni.