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IRCANA IN ISPAAN | 497 |
quello della Bresciani, come il nostro commediografo afferma nelle Memorie. L’abate Chiari, che cominciava ad annoiare il buon pubblico veneziano, imitò tosto il nuovo modello del Goldoni, da scimmia qual era, e cominciò a regalare ai Veneziani una serie di commedie eroiche dove campeggiano le ibride fanciulle dall’animo maschile, invasate di gloria di libertà di ribellione. Per prima apparve Zàida, nell’Amore di libertà (carn. 1757), che, in un giro ai sole, di schiava diventa regina (G. Ortolani, Patria e libertà net teatri Veneziani del Settecento, in Gazzetta di Venezia, 2 genn. 1926). Lo stesso furore d’Osmano, che qui inferocisce, sembra trasmettersi al famoso Kouli-kan (aut. 1758): nè piacquero meno alla riscaldata fantasia dell’abate bresciano le battaglie sul palcoscenico. Tutto questo ha la sua importanza nel teatro veneziano di quel tempo. Anche nella parte comica l’'Ircana in Ispaan corrisponde alla Sposa Persiana: anche qui Talia è rappresentata da una vecchia, da una custode dell’harem. La sorda Vaiassa, afferma la Ortiz, “è la copia conforme” di Curcuma, “benché meno sviluppata e complessa”. “Non possiamo però dissimularci” confessa questa cultrice appassionata di studi goldoniani, “che qui si tratta di una comicità assai grossolana” (l.c., 32). Così sembra pure al vecchio De Gubernatis che nello stendere il riassunto di questa terza commedia, con frequenti citazioni martelliane, comincia a noiarsi, e si meraviglia della pazienza del pubblico Veneziano e perfino di quella del povero Tamas. Quindici atti consumati “a tratteggiare la gelosia quasi feroce” di Ircana, gli paiono assolutamente troppi. “Noi tardi lettori” conclude “che non abbiamo più innanzi a noi i vezzi di Caterina Bresciani, ci fermiamo con maggiore simpatia su la figura soave di Fatima, che la ravvicina alla Pamela, alla Griselda, e ad altre donne miti e pazienti fino all’eroismo, del teatro goldoniano” (C. Goldoni, Firenze, 1911, p.p. 236-243). - Ma anche di così strana compagnia sono sicuro che protesterà la Pamela.
Lasciamo però tale conforto al Goldoni: egli riuscì a divertire con la trilogia persiana i suoi concittadini. Non basta? Ricordiamo le sue parole: “Que ce soit des Comédies, des Tragi-Comédies ou des Drames, elles ont plu généralement partout; elles ont été jouées sur tous les Théâtres de société. Si elles n ont pas assez de mérite pour être estimées, on ne peut pas leur refuser les hommages que l’on accorde au bonheur.” Mem.m, P. 2’. ch. xx).
Anche questa terza parte dell’enorme tragicommedia persiana ebbe l’onore di una versione in lingua portoghese: “Comedia nova intitolada Ircana am Ispaan segunda parte [sic] da Esposa Persiana. - Lisboa: Na Officina de Josè da Silva Nazareth, 1786” (Catalogo generale della Raccolta drammatica di L. Rasi, Firenze, 1912). Delle molte recito pubbliche e private, a Venezia e fuori, riesce impossibile seguire le vicende: ricordiamo solo che più volte, nei primi decenni dell’Ottocento, Giacomo Modena, padre di Gustavo e famoso interprete degli eroi di Vittorio Alfieri, si distinse nella parte di Machmut (L Rasi, I comici italiani, Firenze, 1905, vol. II, pag. 131). Di un avviso teatrale che trovasi nella Biblioteca Comunale di Treviso (Misc. Ms. N. 348, 166) mi diede gentile notizia l’amico Edgardo Maddalena. “Nobilissimi Signori” dice il manifesto “Per il primo gennaro la Compagnia