Intorno ad una raccolta di termini locali attinenti ai fenomeni fisici ed antropogeografici da iniziarsi nelle singole regioni dialettali d'Italia/Testo dell'intervento di Cesare Battisti

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Appendice

[p. 1 modifica]Negli ultimi Congressi Geografici nazionali ed internazionali s’è constatato uno speciale risveglio per tutto ciò che concerne l’onomatologia; e gli effetti di questo risveglio si videro nella aumentata produzione dei lavori diretti alla raccolta, all’illustrazione ed interpretazione dei nomi propri locali, alla retta pronuncia e all’ortografia dei nomi propri geografici. In un campo particolare, però, di queste ricerche onomatologiche poco o nulla s’è fatto. Intendo parlare dello studio della nomenclatura dialettale dei nomi comuni attinenti ai fenomeni fisici ed antropogeografici. Che io mi sappia, un lavoro di tal genere non è stato fatto per nessuna regione d’Italia se si voglia far eccezione di un breve saggio contenente definizioni di vocaboli alpini usati nel Trentino e nelle valli limitrofe pubblicato dell’ing. Apollonio1. Dell’argomento si sono invece occupati alla spicciolata moltissimi in brevi note, inchiuse in lavori di vario genere, fisici ed antropogeografici; ma si tratta sempre di brevi accenni che sfuggono all’osservazione dei più. Il colmare questa lacuna che esiste negli studi onomatologici è opera più ardua di quello che possa apparire a prima vista: è un lavoro per cui occorre la cooperazione di molte forze, giacché l’ámbito in cui un singolo individuo può conoscere bene la nomenclatura dialettale, specialmente nei paesi alpini e nella campagna, è necessariamente ristretto. Per questo [p. 2 modifica]è bene che una simile proposta venga trattata e discussa e, se è del caso, raccomandata da un Congresso che può far concorrere al lavoro un numero considerevole di collaboratori.

Nel formulare il quesito io ho voluto accomunare nella stessa ricerca i fenomeni fisici ed i fenomeni antropogeografici non tanto perchè le due ricerche hanno uguale valore di fronte alla scienza, quanto perchè le indagini di tal genere possono procedere parallelamente e avvantaggiarsi l’una dell’altra.

Nel campo geografico, però, si mostra più urgente — per il numero dei termini, per la delimitazione chiara dell’àmbito di ricerca, per l’utilità pratica che, come vedremo, può arrecare — lo studio della nomenclatura dei fenomeni fisici.

E vengo senz’altro all’enumerazione degli argomenti per cui credo utile l’ideata raccolta.

1. Anzitutto la conoscenza dei termini dialettali è elemento necessario alla conoscenza e alla ricerca del fenomeno stesso. Chi s’è prefisso lo scopo di illustrare la morfologia o l’idrografia di una regione, sa quali e quante sieno le difficoltà che insorgono al geografo che non ha cognizione dei termini locali. Nelle ricerche speleologiche, nello studio dei fenomeni carsici, nelle ricerche limnologiche, glaciologiche ecc. il non saper trovare la parola adatta per farsi capire dagli abitanti dei luoghi, è conseguenza non solo di spreco di tempo, ma talvolta della incompletezza delle osservazioni.

2. S’aggiunga questo: che il nome dialettale dato a certi fenomeni, e in modo speciale a certe accidentalità del terreno, può servire spesso di guida a rintracciare la genesi del fenomeno. La storia di rovine, di frane, di sbarramenti, di sprofondamenti, di trasformazioni artificiali del suolo — di cui non ci sono state tramandate notizie — può rivivere in un nome speciale dato a un monte, a un pendio, a una palude o a un lago.

3. In terzo luogo — e questo è forse l’argomento più importante — la conoscenza della nomenclatura dialettale può esser valido aiuto alla determinazione di una nomenclatura scientifica geografica. L’Italia per più motivi è ancor priva nella geografia fisica di una precisa nomenclatura sua propria: c’è anzitutto la lingua che poco si presta al neo-logismo; c’è in secondo luogo il fatto più importante che non si può stabilire la nomenclatura del fenomeno finchè il fenomeno non si è osservato e studiato: ora tutti sanno come gli studi di geografia fisica sieno in Italia — per causa specialmente dei cattivi ordinamenti universitari nelle facoltà di lettere che alienano i giovani da tale disciplina — negletti e trascurati. A risolvere le questioni difficili della nomenclatura scientifica può giovare la nomenclatura dialettale. È noto come i geografi sieno divisi in due classi [p. 3 modifica]nel proporre la nomenclatura della morfologia terrestre: gli uni vorrebbero tener conto solo della morfogenesi, gli altri della morfologia. Nell’uno e nell’altro di questi due casi la nomenclatura dialettale può fornire termini già bell'e fatti, consentanei alla lingua nostra; ma nel secondo caso, in modo speciale, vale a dire in quello che ha per base un criterio morfologico, che dà alla geografia il suo vero valore e che in Italia è accettato dai migliori geografi — i termini dialettali sono copiosi ed abbondanti.

Bisogna anche tener presente che in fatto di vocaboli italiani noi abbiamo in casa nostra, cioè nella Toscana, un centro ricco e svariatissimo di termini, di cui si fa tesoro nei vocabolari per le frasi comuni, ma che si trascura troppo per la nomenclature scientifica. Informi il vocabolario delle Crusca in cui tanti hanno inutilmente deplorato la mancanza di termini scientifici. Non avremo, è vero, la possibilità di trovare in Toscana tutti i vocaboli corrispondenti a certe accidentalità del terreno che sono proprie all’Italia settentrionale, ma, d’altra parte, ci sono numerosi fenomeni comuni a tutta la penisola. Per dare un solo esempio, la nomenclatura italiana dei fenomeni carsici o manca affatto, o è instabile, controversa, discussa. Non sarebbe logico piuttostochè insistere su certi nomi stranieri, come i campi di kurren, i ponori, le polyen ecc., o peggio crearne di non buoni, cercare prima nella Toscana se vi sono questi fenomeni e come sono chiamati?

4. Molte volte per — l’ignoranza dei termini dialettali — entrarono nell’uso comune dei geografi proprio quelle voci del dialetto, italianizzate, che erano le più disadatte ed infelici ad esprimere ciò che si voleva. Molti, credo, ricorderanno la famosa disputa su colle e collo, che durò più anni e alla quale presero parte moltissimi geografi e studiosi2. Le voce col, che nelle Alpi occidentali si usa per passo, era stata tradotta con infelice criterio colla voce colle (che indice rialzo) e adottata da insegnanti e da compilatori di testi scolastici. Ora quest'errore si era imposto e potè durare a lungo e dura tuttora appunto perchè non si erano prese in considerazione tante voci dialettali d' altre regioni che potevano fornire migliori termini: forca, forcella, sella, bocca, bocchetta, porta, portella, foce, varco ecc. E volendo, gli esempi di simili errori si potrebbero moltiplicare.

5. Un altro inconveniente che sorge della ignoranza della nomenclatura dialettale è questo: che spesso si prende per nome proprio, il nome comune; non conoscendo cioè il valore di un’espressione dialettale, la si prende per nome proprio, e ripetendosi con frequenza [p. 4 modifica]ingenera anfibologia e confusione. Confusione che cresce quando ai termini dialettali italiani, s’aggiungano i termini dialettali stranieri e per lo più di tipo antiquato, delle oasi linguistiche slave — albanesi-greche — tedesche, straniere in genere, che si hanno in Italia e la cui nomenclatura non dovrebbe mancare nell’ideata raccolta.

Errori di tal genere non sono rari nelle carte topografiche, nelle guide ecc. Per es. ho trovato scritto per il Trentino (Val di Ledro) rio Assat e pei Tredici Comuni val Progno, mentre assat in Val di Ledro è nome comune che indica rivo, e progno nei XIII Comuni è sinonimo di valle o vallone. Per il Friuli altri ebbe a notare un rio Poch, un monte Gora, un monte Kuk, dove, nelle parlate slave gora e kuk indicano monte e poch, nelle tedesche, torrente, ruscello3.

6. Questi argomenti da me addotti sono di carattere geografico, ma altri molti e validi possiamo addurne che hanno un valore per la scienza in genere. Tutto ciò che si adduce in favore della toponomastica si può e si deve ripetere per lo studio dei nomi comuni dei fenomeni fisici ed antropogeografici: anzitutto il nome del fenomeno — non essendo questo a tutti noto e da tutti osservato — subisce minori alterazioni del nome proprio di luogo, ci dà quindi una forma antiquata, più vicina all’originaria e di maggior importanza per il filologo; in secondo luogo, molto spesso, il nome del fenomeno si identifica col nome proprio locale e quindi serve a spiegare il nome proprio.

7. Accennai prima alla deficienza dei termini scientifici nei vocabolari italiani, ma essa è assai più grande nei vocaboli vernacoli italiani ed è una deficienza che non sempre può esser colmata dal linguista; occorre che gli venga in aiuto il geografo e gli porti il suo contributo di lavoro in prò della coltura generale. Ma v’ha ancor di più.

8. Se gli studi di toponomastica ci posson far risalire all’istoria antica e alla preistoria degli abitatori di una regione, la nomenclatura dei fenomeni geografici può farci conoscere lo sviluppo intellettuale e morale di questi prischi abitatori. Consultando un vocabolario dei fenomeni fisici noi possiamo farci la domanda: Quali criteri hanno spinto i primi abitatori alle diverse denominazioni? che cosa colpì maggiormente la loro intelligenza? La risposta a questa domanda può esser varia: nella parola si può vedere se ha predominato l’osservazione dei caratteri estetici del fenomeno, oppure la ricerca della genesi, o la relazione con fenomeni analoghi di altre regioni, [p. 5 modifica]o la paura dell’ignoto e la credenza nelle potenze sopra naturali. C’è insomma in questa terminologia, che ci esprime le relazioni dell’uomo colla natura, più che in ogni altra cosa, la vita e lo spirito dei popoli.

9. Passando dai fenomeni fisici agli antropogeografici questa ricerca assume un valore maggiore per la conoscenza dello sviluppo storico di un popolo. I nomi speciali che si hanno per le suddivisioni dei villaggi, possono rivelare gli antichi ordinamenti dei comuni; le voci indicanti le miniere, le strade, gli argini, i pascoli, le colture speciali, ecc... possono offrirci un’idea delle condizioni agricole in cui si trovò nel passato un popolo.

Visto così delle ragioni particolari e generali che rendono utile la proposta raccolta, non sarà inopportuno dire qualche cosa dei limiti del lavoro, dell’ordinamento da seguirsi e del metodo di ricerca, ad illustrazione dei quali presento in appendice un breve elenco di voci raccolte nella regione alpina del Trentino e dei territori limitrofi del Veneto (dialetti della famiglia veneta).

Trattandosi di iniziare varie raccolte di vocaboli di varie regioni, che in seguito devono esser fra loro raffrontate, sarà anzitutto opportuno ordinare la raccolta per materie, elencando sotto le singole rubriche le varie voci in ordine alfabetico e facendo di volta in volta gli opportuni richiami ai termini che hanno significato analogo. Intanto si capisce subito che — pur lasciando in disparte, se si vuole, la geografia astronomica, per la quale non vorrebbero che poche delle ragioni da me addotte — bisognerà tener conto di due grandi suddivisioni; della geografia fisica cioè e dell’antropogeografia. Nella prima si potranno distinguere tre grandi categorie: una dei termini attinenti al terreno, un’altra di quelli attinenti al mare, e una terza di quelli attinenti al clima; nell’antropogeografia sono più difficili le suddivisioni ed i limiti perché si tratta di una scienza nuova il cui programma fu appena abbozzato; per non divagare si potrà prender come norma stabile la registrazione delle voci che servono ad esprimere l’influenza dell’uomo sulla Terra.

È superfluo aggiungere che certe categorie sono poi suddivisibili all’estremo: lo studio delle voci attinenti al terreno può esser soggetto a una quantità di suddivisioni: anzitutto fra morfologia orografica e idrografia; nella morfologia orografica fra pianura, montagna e valle, nella montagna fra catena, versante, pendio, cima, passo, altipiano ecco ecc.; ma tutte queste sono particolarità difficili a definirsi e che vengono a imporsi un po’ alla volta quando il lavoro di ricerca è già compiuto o ben avviato. Per questo io, nel breve elenco che di vocaboli alpini della regione veneto-trentina presento in Appendice, mi attenga solo alle suddivisioni maggiori. Che poi le [p. 6 modifica]singole monografie debbano — per riuscire all’intento finale di un lavoro comparativo e che offra ricca messe ai filologi — esser fatte secondo le regioni dialettali, è cosa troppo ovvia perché vi sia bisogno di insistervi. E per lo stesso motivo non si dovrà trascurare di notare se una parola è comune a tutta una regione o particolare di una data località.

Pochi sono gli aiuti che a compilare tali raccolte si possono avere da quanto già — con simili o dissimili intenti — è stato fatto.

Occorre sopratutto la ricerca originale che potrà spesso aiutarsi colle Carte topografiche e con qualche testo di terminologia geografica pubblicato a dilucidazione delle Carte topografiche o a scopo militare4 Non v’ha poi dubbio che questi testi, come le Carte, fatte assai spesso da topografi che non hanno conoscenza dei dialetti locali dei territori da essi rilevati, potranno molto di frequente esser ampliate e corrette dalle ricerche nostre.

Un’ultima osservazione: molto spesso, quando si tratta di forme si incontrano più vocaboli che esprimono gradazioni, sfumature leggerissime di uno steso fenomeno; in simili casi, la definizione non basta a fissare bene i concetti e si rende necessario collocare a fianco delle definizioni disegni e bozzetti, come per qualche termine ho voluto fare nella mia Appendice, la quale, spero, potrà più della mia parola convincere dell’utilità di una simile raccolta.

Conchiudo esprimendo il desiderio che questo congresso sollevi sull’argomento un’illuminata discussione e che da esso parta il voto e l’iniziativa per il compimento dell’opera.



  1. Apollonio A. Definizione di alcuni vocaboli alpini usati nel Trentino e nelle valli Limitrofe. VII. Ann. Soc. Alp. Trid. 1881-82 Rovereto, 1882.
  2. V. La geografia per tutti. Annate 1892-93 e Le comunicazioni di un Collega. Anno II e Anno III.
  3. G. MARINELLI. Nomi propri orografici. Alpi Carniche e Giulie. — Udine 1872, pag. 18 e seg.
  4. Cfr. per esempio, Schrift-Erklärung, zur Sp. Karte d. Oest. Ung. Mon. in Masse 1:75.500. Wien 1875.