Inno a Nettuno/Avvertimento
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AVVERTIMENTO
Un mio amico in Roma, nel rimuginare i pochissimi manoscritti di una piccola biblioteca, il 6 gennaio dell’anno corrente, trovò in un codice tutto lacero, di cui non rimangono che poche pagine, quest’inno greco; e poco appresso, speditamene una copia, lietissimo per la scoperta, m’incitò ad imprenderne la traduzione poetica italiana; facendomi avvisato che egli era tutto atteso ad emendare il testo greco, a lavorarne due versioni latine, l’una letterale e l’altra metrica, e a compilare ampie note sopra l’antica poesia. Condussi a fine in poco d’ora l’opera mia assai meno faticosa della sua; ed egli, tuttoché io ripugnassi moltissimo, non volendo annunziare il primo la sua scoperta e farmi bello di cosa non mia, imposemi che dessi incontanente al pubblico la mia traduzione; dicendo essersi giá tardato anche troppo a far tutti consapevoli dell’accaduto, e tornar meglio con una versione della cosa scoperta far cónto ai letterati lo scoprimento, che darne loro la secca novella in una gazzetta; da che eglino per lo piú sono mossi ad impazienza e stretti quasi a mormorare d’ogni indugio che trappon l’editore, il quale non può spacciarsi cosí tosto. Fu forza cedere; ed ecco che io do ad un’ora al pubblico la nuova della scoperta, la traduzione dell’inno in compagnia di alcune note, e la promessa di un’altra molto migliore edizione dello stesso greco componimento.
L’Inno pare antichissimo, avvengaché il codice non sembri scritto innanzi al Trecento. Comincia nel greco così:
Ἒννοσιγαῖον κυανοχαίτην ἄρχομ’ ἀείδειν.
Termina con questo verso:
Ἄμφ’ἄρ’ ἀοιδοις βαῖν’, ὕμνων γάρ τοῖσι μέμηλε.
Il nome dell’autore non è nelle pagine che ci avanzan del codice, giá molto piú ampio, e non si può di leggeri indovinarlo. L’inno porta per titolo: Τοῦ αὐτοῦ· εἰς Ποσειδῶνα, «Del medesimo: A Nettuno», da che apparisce che avea nel manoscritto altri componimenti dello stesso poeta: e di questi si leggono a gran fatica nel codice qua e lá alcuni frammenti, che non mi è paruto necessario e manco possibile tradurre, ma che il mio dotto e generoso amico pubblicherá insieme coll’inno, descrivendo il codice troppo piú minutamente che io non l’ho voluto fare. Simonide 1 e Mirone o Merone, poetessa di Bisanzio 2, scrissero inni a Nettuno. Ma l’autore di questo mi pare sí bene istrutto delle cose degli ateniesi, che io lo credo d’Atene, o per lo meno dell’Attica. Panfo ateniese scrisse altresí un Inno a Nettuno, come si raccoglie da Pausania 3, ma quello ora scoperto, benché molto antico, non può essere di quel poeta che si dice vissuto avanti Omero; oltreché quivi non ha ciò che Pausania lesse nel componimento di Panfo. Nulla dico dell'Inno a Nettuno, non piú lungo di sette versi, che è fra gli attribuiti ad Omero. Ho adoperato molto per tradurre fedelissimamente, e non ho trascurato pure una parola del testo; di che potrá agevolmente venire in chiaro chi vorrá ragguagliare la traduzione coll’originale, uscito che sarà questo alla luce.