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6 | i - versi |
L’Inno pare antichissimo, avvengaché il codice non sembri scritto innanzi al Trecento. Comincia nel greco così:
Ἒννοσιγαῖον κυανοχαίτην ἄρχομ’ ἀείδειν.
Termina con questo verso:
Ἄμφ’ἄρ’ ἀοιδοις βαῖν’, ὕμνων γάρ τοῖσι μέμηλε.
Il nome dell’autore non è nelle pagine che ci avanzan del codice, giá molto piú ampio, e non si può di leggeri indovinarlo. L’inno porta per titolo: Τοῦ αὐτοῦ· εἰς Ποσειδῶνα, «Del medesimo: A Nettuno», da che apparisce che avea nel manoscritto altri componimenti dello stesso poeta: e di questi si leggono a gran fatica nel codice qua e lá alcuni frammenti, che non mi è paruto necessario e manco possibile tradurre, ma che il mio dotto e generoso amico pubblicherá insieme coll’inno, descrivendo il codice troppo piú minutamente che io non l’ho voluto fare. Simonide 1 e Mirone o Merone, poetessa di Bisanzio 2, scrissero inni a Nettuno. Ma l’autore di questo mi pare sí bene istrutto delle cose degli ateniesi, che io lo credo d’Atene, o per lo meno dell’Attica. Panfo ateniese scrisse altresí un Inno a Nettuno, come si raccoglie da Pausania 3, ma quello ora scoperto, benché molto antico, non può essere di quel poeta che si dice vissuto avanti Omero; oltreché quivi non ha ciò che Pausania lesse nel componimento di Panfo. Nulla dico dell'Inno a Nettuno, non piú lungo di sette versi, che è fra gli attribuiti ad Omero. Ho adoperato molto per tradurre fedelissimamente, e non ho trascurato pure una parola del testo; di che potrá agevolmente venire in chiaro chi vorrá ragguagliare la traduzione coll’originale, uscito che sarà questo alla luce.