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6 i - versi


L’Inno pare antichissimo, avvengaché il codice non sembri scritto innanzi al Trecento. Comincia nel greco così:

     Ἒννοσιγαῖον κυανοχαίτην ἄρχομ’ ἀείδειν.

Termina con questo verso:

     Ἄμφ’ἄρ’ ἀοιδοις βαῖν’, ὕμνων γάρ τοῖσι μέμηλε.

Il nome dell’autore non è nelle pagine che ci avanzan del codice, giá molto piú ampio, e non si può di leggeri indovinarlo. L’inno porta per titolo: Τοῦ αὐτοῦ· εἰς Ποσειδῶνα, «Del medesimo: A Nettuno», da che apparisce che avea nel manoscritto altri componimenti dello stesso poeta: e di questi si leggono a gran fatica nel codice qua e lá alcuni frammenti, che non mi è paruto necessario e manco possibile tradurre, ma che il mio dotto e generoso amico pubblicherá insieme coll’inno, descrivendo il codice troppo piú minutamente che io non l’ho voluto fare. Simonide 1 e Mirone o Merone, poetessa di Bisanzio 2, scrissero inni a Nettuno. Ma l’autore di questo mi pare sí bene istrutto delle cose degli ateniesi, che io lo credo d’Atene, o per lo meno dell’Attica. Panfo ateniese scrisse altresí un Inno a Nettuno, come si raccoglie da Pausania 3, ma quello ora scoperto, benché molto antico, non può essere di quel poeta che si dice vissuto avanti Omero; oltreché quivi non ha ciò che Pausania lesse nel componimento di Panfo. Nulla dico dell'Inno a Nettuno, non piú lungo di sette versi, che è fra gli attribuiti ad Omero. Ho adoperato molto per tradurre fedelissimamente, e non ho trascurato pure una parola del testo; di che potrá agevolmente venire in chiaro chi vorrá ragguagliare la traduzione coll’originale, uscito che sarà questo alla luce.

  1. Scholiastes Euripidis, ad Medeam, vers. 4.
  2. Eustachius, Ad Hom. Iliad., lib. II; Boeot., verso 218 seg.
  3. Pausanias, in Achaicis, lib. VII.