VII

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VI VIII

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VII.

Il lunedì, fino dalle sette del mattino, il vasto piano della risaia era gremito di giornalieri. Le donne in gonnellina corta, coi piedi scalzi, ed una pezzuola dai colori vivi sul capo; i giovani coi calzoni rimboccati, e la camicia bianca. Facevano delle belle macchiette; era una scena vivace; ma gli attori sudavano a grosse gocce.

La Nanna si provò a cantare, ma non le riescì. Lo sforzo di maneggiare la zappa e d’incidere il terreno, la faceva sussultar tutta di dentro ad ogni colpo.

— Non si può cantare, disse.

— No; rispose una fanciulla di Trecate, che lavorava accanto a lei. Sai pure che zappando non si canta. Non hai mai provato a zappare?

— Sì; infatti non cantavo; ma non zappavo neppure tante ore. [p. 38 modifica]

— È alla mondatura che si canta, ed anche alla mietitura, riprese la Teresa, la vicina della Nanna.

— Ora è uggioso il lavoro, sospirò la fanciulla.

— Sì, è triste; ma questa sera si ballerà sull’aia per inaugurare la zappatura.

— Conosci Gaudenzio il carrettiere? domandò ad un tratto la Nanna, a cui l’idea di ballare aveva suggerita quella più attraente di ballare con Gaudenzio.

— No, non lo conosco, disse la Teresa.

— Ah! quello è un ballerino! Va come l’olio.

— Ma qui non c’è.

— Può darsi che ci capiti. La mia mamma mi ha detto che, se avrà da fare dei trasporti da queste parti, lo manderà qui a portarmi qualche cosa da mangiare col pane. Allora lo vedrai.

— È il tuo innamorato?

— Oh no! Non ho ancora l’argento. E la La Nanna si sentì tutto il sangue salire alle gote [p. 39 modifica]a quella domanda della compagna; ma non poterono arrossire di più. Lo sforzo del lavoro le aveva infiammate come due belle foglie di peonia. Lasciò quel discorso e continuò a zappare in silenzio. Ma la giornata non le parve troppo gravosa, e passò lesta assai. Essere l’innamorata di Gaudenzio! Era un tema sul quale c’era un’infinità di motivi da ricamare: tornare insieme dai vespri la domenica, ed andare adagio lungo la via, uno accanto all’altra, e dirsi tante cose....

La Nanna non le sapeva le cose che si dicono gli innamorati; ma era certa che dovevano esser belle; al pensarci si commoveva come alla musica delle litanie. E poi, le gomitate confidenziali, e le occhiate lunghe lunghe.... Oh, quelle le aveva vedute spesso tra innamorati!

La sera però, malgrado la compagnia di quei pensieri belli, che le avevano alleviato il lavoro, la Nanna era stanca a morte, e disse:

— Non ho voglia di ballare. Starò a vedere [p. 40 modifica]gli altri; ed andò a sedere sulla trave dinanzi alla fattoria, mentre i giornalieri ballavano là davanti, sull’aia.

Tutt’intorno, sopra i terreni coltivati, si vedeva una nebbia fitta, bianca, sollevarsi fino all’altezza d’un uomo. Pareva che quelle pianure fumassero, o che fossero un vasto lago, e che la corte ci stesse nel mezzo come un’isola. Da lontano si sarebbe veduta la stessa nebbia, appena meno densa, avvolgere anche la corte, e la casa, e l’organetto e ogni cosa.

Infatti la Nanna sentì un umidiccio penetrarle fino alle ossa; ed il freddo la prese tutta; aveva i brividi.

— Stanca o no, bisogna ballare, disse. A star qui ferma il gelo mi va fino al midollo. E si mise a ballare colle compagne, che sudavano ed ansimavano come soffietti.