In morte di Lorenzo Mascheroni (1831)/Variante
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Variante
di parte del Canto Quarto
(V. pag. 68)
E lui spiraste i numeri divini
Che sovente obbliar fero ad Apollo
3I tebani concenti e i venosini.
Io le mirava e non venía satollo
Mai dei mirar: chè rapido il piacere
6L’un dall’altro sorgea, come rampollo;
Quando un accento non lontan mi fère
Che il tuo nome suonava. Disïoso
9D’onde quel suono uscía corsi a vedere.
Ed ecco in mézzo di ricinto ombroso
Sculto un sasso funébre che dicea:
12AI SACRI MANI DI PARIN RIPOSO.
E donna di beltà che dolce ardea
(Tese l’orecchio, aguzzò gli occhi il vate,
15E spianava le rughe e sorridea)
Colle dita venía bianco-rosate
Spargendolo di fiori e di mortella,
18Di rispetto atteggiata e di pietate.
Bella la guancia in suo pudor; più bella
Su la fronte splendea l’alma serena,
21Come in limpido rio raggio di stella.
Poscia che dato i mirti ebbe a man piena,
Di lauro, che parea lieto fiorisse
24Tra le sue man, fe’ al sasso una catena;
E un sospir trasse affettuoso e disse:
Pace eterna all’amico: e te chiamando
27I lumi al cielo sì pietosi affisse,
Che gli occhi anch’io levai, fermo aspettando
Che tu scendessi: e vidi che mortale
30Grido agli Eterni non salía più, quando
Il costei prego a te non giunse; il quale
Se alle porte celesti invan percote,
33Per là dentro passar null’altro ha l’ale.
Riverente in disparte alle devote
Ceremonie assistea, colle tranquille
36Luci nel volto della donna immote,
Uom d’alta cortesia, che il ciel sortille,
Più che consorte, amico. Ed ei che vuole
39Il voler delle care alme pupille,
Sol per farle contente eccelsa mole
D’attico gusto ergea, su cui fermato
42Pareami in cielo, per gioirne, il sole;
E AMALIA la dicea dal nome amato
Di colei che del loco era la Diva,
45E più del cor, che al suo congiunse il fato.
Al pietoso olocausto, a quella viva
Gara d’amor mirando, già di mente
48Del mio gir oltre la cagion m’usciva.